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Iva iniqua e regressiva

Seguiamo sempre con interesse gli interventi del professor Daveri e cogliamo l’occasione per significargli la nostra grande stima. Abbiamo letto anche l’articolo “Sorpresa: l’aumento dell’Iva colpirebbe i più ricchi” ma le conclusioni, in questo caso, non ci convincono affatto. Pensavamo che l’Iva fosse un’imposta terribilmente regressiva e ne siamo tuttora convinti.

Chi comanda in Italia?

Il federalismo all’italiana mostra limiti evidenti. Una confusa ripartizione di materie che genera un enorme contenzioso presso la Corte costituzionale. Rapporti finanziari che oscillano tra diktat centralistici e autoreferenzialità delle gestioni locali. Quali soluzioni?

Il Punto

Contrariamente a quanto sostiene il viceministro dell’Economia Stefano Fassina, la causa principale della crescita del debito pubblico nei paesi europei è la crisi, non l’austerità fiscale. Le politiche di austerità e i loro effetti recessivi sono arrivati dopo, per impedire che il debito esplodesse.
Banche e imprese: la loro crisi rischia di tradursi in un abbraccio mortale. Come riavviare il circolo virtuoso tra loro? Due documenti, del Fondo monetario e della Banca d’Italia, offrono alcuni suggerimenti per liberare i flussi di credito e smaltire i crediti deteriorati.
Tra impegni del Governo, promesse e proclami, tagli significativi ai costi della politica non ne abbiamo ancora visti. Eppure si potrebbe cominciare subito dagli stipendi dei parlamentari italiani, i più alti d’Europa.  Vediamo a quanto potrebbero scendere adeguandoli a quelli degli altri paesi.
Sembra non conoscere crisi il gioco d’azzardo on-line. Anzi, è in continua crescita. E, anche se comporta il rischio di dipendenza delle persone e quello di infiltrazioni mafiose, lo Stato non fa niente per disincentivarlo. Perché partecipa al guadagno.
Chi comanda in Italia? Se ne discute con lavoce.info al FestivalEconomia di Trento venerdì 31 maggio. Su questo tema un nuovo Dossier raccoglie gli articoli pubblicati da lavoce.info.
Un commento di Maria Luisa Maitino, Letizia Ravagli e Nicola Sciclone all’articolo di Tito Boeri e Vincenzo Galasso “Per una vera staffetta tra generazioni
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Il costo della staffetta generazionale

 
Il lavoro è diventato un’emergenza nazionale. Specie per i più giovani. Lo certifica la flessione osservata in questi anni di crisi degli occupati in età tra 15 e 29 anni: 727 mila individui in meno dal 2008.  E, ancora più crudamente, lo dimostra l’aumento del tasso di disoccupazione, salito per i 15-29enni al 25,2 per cento, dal 15,3 per cento che era appena cinque anni prima.

Il Punto

I lavoratori anziani passano al part-time e l’impresa assume giovani: è la staffetta generazionale proposta dal Governo Letta per rispondere alla disoccupazione giovanile. Ma esiste già da anni in diverse regioni e non ha dato risultati perchè lavoratori giovani e anziani sono spesso complentari piuttosto che sostituibili tra di loro. Se gli anziani vogliono aiutare i giovani, bene che chi è andato in pensione presto e avendo ricevuto rendimenti molto alti dai propri contributi rinunci a parte della propria pensione a favore di una riduzione delle tasse sul lavoro.
Con i consumi al palo, meglio evitare l’aumento dell’Iva al 22 per cento previsto per il 1° luglio. A condizione che si recuperi tagliando la spesa pubblica. Se invece si alzassero le accise sul carburante per evitare l’aumento dell’Iva gli effetti risulterebbero ancora peggiori. Il Governo si è dato 100 giorni per riformare l’Imu: rimangono 93 giorni. Bene se sarà un’Imu più progressiva rispetto alla formulazione attuale. Perché l’Irpef negli anni ha perso molta della sua progressività con il risultato che i ricchi sono sempre più ricchi. In piena crisi economica.
Valutazione: è il tema che accomuna i problemi che il nuovo ministro dell’istruzione ha ereditato dal predecessore. Il primo è l’utilizzo dei risultati della valutazione della ricerca, a fine giugno. Il secondo è quello degli esiti delle abilitazioni per professore universitario. Terzo, la piena attuazione del regolamento del sistema di valutazione delle scuole. Infine -ma non è poco- le assunzioni degli insegnanti precari.
Sono intorno al 40 per cento del totale i pagamenti che gli italiani fanno con carte di credito e bancomat. Ancora pochi rispetto ad altri paesi. Eppure banche e Governo avrebbero modo di incentivare l’uso della moneta di plastica che rende più difficile l’evasione fiscale.

L’Abi e la strategia dello struzzo

IL CREDITO ALLA PA
Da una lettura attenta del mio precedente articolo, nonché dalla risposta data ad un commento di un gentile lettore, si può constatare che i calcoli sul funding gap, ovvero sul differenziale tra raccolta e impieghi bancari, si basano, esclusivamente, sulla clientela famiglie e imprese produttive. Se si prende in considerazione solo questo perimetro di clientela emerge, sulla base dei dati Banca d’Italia, che non esiste pressoché alcun gap tra quanto le banche raccolgono e quanto prestano a famiglie e imprese.

Ma il funding gap c’è *

Nel suo articolo del 10 maggio, Carlo Milani trova come non esista alcun deficit di risorse per le banche italiane (calcolando un funding gap pressoché pari a zero). La tesi è piuttosto sorprendente e contraddice, prima che le risultanze dell’Abi, quelle della Banca d’Italia, che in più documenti ufficiali afferma il contrario; ad esempio nelle Considerazioni finali sul 2011 si diceva che “A marzo del 2012 i prestiti delle banche a clienti residenti in Italia ammontavano a circa 1.950 miliardi di euro, il 125 per cento del Pil.

Chi guadagna e chi perde con l’Imu

Congelato il pagamento della rata di giugno dell’Imu. Ma cosa ci aspetta al disgelo, quando il Governo rimodulerà l’imposta sugli immobili? Chi ne trarrà vantaggio e chi sarà penalizzato? Gli interventi sul tema de lavoce.info per capire i termini del problema.

Il Punto

È vero che le famiglie tedesche sono più povere di quelle italiane, francesi, spagnole? Molti giornali l’hanno scritto dopo un rapporto della Bce sulla ricchezza delle famiglie. In realtà, leggendo bene i dati, ci si accorge che le cose non stanno così. E quanto a reddito e povertà in Germania la situazione è di gran lunga migliore. Si sapeva, ma vediamo i numeri.
Il Governo si è dato cento giorni per riformare le tasse sulla casa. Vediamo cosa si può fare, chi ci guadagna e chi ci perde e quanto costa: i nostri articoli sul tema raccolti in un nuovo Dossier.
Un raffronto sul welfare in Italia e negli altri grandi paesi europei mostra che servizi e assistenza da noi sono molto più bassi. Anche perché la maggioranza delle risorse viene gestita dal centro, quando invece è più efficiente che una parte consistente di esse siano distribuite dagli enti locali.
Quanto è costata la doppia recessione? Se nel 2008 non fosse cominciata la grande crisi e avessimo continuato ai ritmi di crescita precedenti, il nostro Pil sarebbe superiore di 287 miliardi, 20 per cento più alto dell’attuale.
Il recente caso India-Novartis riapre il confronto sulla protezione dei brevetti farmaceutici nei paesi in via di sviluppo. Una questione di investimenti in ricerca, ma anche di vita o di morte delle popolazioni povere.

287 miliardi di euro

Il primo trimestre 2013 e’ il settimo trimestre consecutivo nel quale il Pil del Paese risulta in calo. Una contrazione della ricchezza nazionale cosi’ prolungata nel tempo non si era mai verificata prima. Non solo, ma l’attuale fase di contrazione e’ la seconda fase recessiva di una crisi iniziata sei anni fa.

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