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Il Punto

Voto dopo voto, il Parlamento britannico si sta avvitando nella strada di non ritorno della Brexit senza che sia chiaro se con o senza accordo con la Ue. Nella politica di Londra regnano caos e incertezza. È assente persino il tradizionale senso dello humour inglese.
Dal Congresso mondiale di Verona che comincia oggi speriamo arrivino poche chiacchiere su cosa sia davvero una famiglia. Servono invece proposte specifiche su quali servizi e che tipo di trasferimenti le aiutano ad assistere i minori e le persone non autosufficienti. Una società aperta non deve temere le diversità: è ora di rimuovere gli ostacoli alla cittadinanza italiana per il milione e più di minori stranieri in buona parte nati qui, che vanno a scuola con i nostri figli, che conoscono la lingua e questo paese meglio di quello di origine. Di “ius culturae”, non di “ius soli” si deve parlare.
Le prime 92 mila domande di pensionamento anticipato consentite dalla legge di bilancio 2019 arrivano in maggioranza da uomini, tra i 64 e i 65 anni, dipendenti privati e pubblici, residenti in province con scarse opportunità di lavoro. L’hanno chiamata “quota 100”, invece è un altro reddito di cittadinanza.
La nuova consapevolezza della difesa dell’ambiente che si fa strada deve tradursi in programmi mirati. Tra i più urgenti, arginare la desertificazione di vaste regioni del Sud Europa, a partire dal nostro Mezzogiorno: dalla Sicilia, con il 70 per cento del territorio a rischio, alla Campania con il 30.
La storia politica italiana – lo dimostra uno studio recente – indica che le divisioni nella maggioranza se, combinate a rivendicazioni di sindacati coesi, portano il governo di turno a non rispettare i suoi impegni in materia di spesa pubblica. E a esorcizzare i fallimenti accusando “gufi” di alimentare la “palude”.

Il deserto degli italiani

La desertificazione è un rischio che il nostro paese non può ignorare. Colpirà molti settori, dall’agricoltura al turismo, e molte regioni, soprattutto nel meridione. È importante trovare soluzioni, ma non possiamo farlo da soli.

Il Punto

Tra pochi giorni si svolge il Congresso mondiale delle famiglie. Il patrocinio negato dal Presidente del consiglio è stato concesso invece dal ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana. Che però non ha titolo per offrirlo dato che – ci dispiace – il suo è un dipartimento presso Palazzo Chigi, non un ministero.
Per la teoria della “grande sostituzione” – che ha ispirato la strage in Nuova Zelanda e le posizioni sull’immigrazione di molti nostri politici – i bianchi saranno soppiantati da asiatici, africani, islamici che ci imporranno religioni e culture. Ma è la politica che determina se prevale lo scontro di civiltà o l’integrazione.
Con l’accordo Italia-Cina appena firmato, il nostro governo ha deciso di andare per conto suo nelle relazioni con Pechino. Proprio mentre Francia e Germania pare abbiano capito che con un partner così ingombrante ci vuole un approccio europeo, per esempio nella legislazione sugli investimenti “strategici”. L’Europa non riesce a parlare con una voce sola neanche sulla tassazione delle società di internet. Non c’è accordo sulla bozza di direttiva pronta da un anno, a partire dalla difficoltà di definire cosa sia una “stabile organizzazione” di impresa. Il nuovo Parlamento farà qualcosa in proposito?
Ci sono lavoratori e imprese che abusano dell’indennità di disoccupazione (Naspi) con licenziamenti di facciata. Uno studio accurato suggerisce che ora il reddito di cittadinanza crea un incentivo all’aumento di queste pratiche disoneste.

Il Punto

Alla vigilia della festa dell’Europa del 21 marzo la Corte di giustizia europea ha stabilito che l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) per il salvataggio della Cassa di Teramo (Tercas) non era aiuto di stato e quindi non avrebbe dovuto far scattare il bail-in. Troppo tardi per i risparmiatori italiani.
Mentre Xi Jinping arriva a Roma per firmare un accordo quadro con l’Italia, Pechino approva la nuova legge sugli investimenti esteri in Cina. Fatta per dare alle multinazionali più certezza del diritto e parità giuridica con le imprese locali, lascia un alto potere discrezionale alle autorità politiche e amministrative.
Un eventuale salario minimo – tema molto discusso in questi giorni – dovrebbe riflettere le differenze nel costo della vita nelle varie zone del paese. Ma differenziare per provincia sarebbe troppo complesso. Meglio allora fissarne i livelli regione per regione. In una forbice che abbiamo calcolato tra 6 e 7,50 euro l’ora.
Parlando di moltiplicatori fiscali (quanto Pil si crea con un aumento del deficit), uno studio suggerisce che l’effetto dipende anche da quale voce di spesa aumenti. Ad esempio, incrementare la spesa sanitaria spingerebbe le famiglie a ridurre il risparmio precauzionale e potrebbe essere particolarmente espansivo.
Nel trattamento dei rifiuti urbani si annuncia una svolta con incentivi per gli impianti di smaltimento o di riciclaggio a minor impatto ambientale. Ogni regione dovrà pianificarli puntando a diventare autosufficiente come le poche che già lo sono. Emilia Romagna e Lombardia sono i due diversi modelli di riferimento.

Il Punto

Dopo 300 giorni di “cambiamento” sbandierato senza cambiare granché, il governo prepara un decreto per sostenere l’economia: dall’attivazione degli investimenti già finanziati a un taglietto del cuneo fiscale, più altre misure non rivoluzionarie che si potevano fare otto mesi fa. Mentre il ministro dell’Interno (e di Tutto il Resto) promette una flat tax al 15 per cento sul reddito delle famiglie che guadagnano meno di 50 mila euro. Per gli altri tutto come oggi. Fanno circa 17 miliardi di entrate in meno. Vediamo chi guadagna e chi perde.
La morte di Alan Krueger, brillante economista e consulente di Clinton e Obama, lascia un grande vuoto nella cultura e nella politica. È stato l’esempio di come uno studioso possa mettere la sua capacità di analisi dei dati a disposizione di chi deve prendere decisioni che condizionano il benessere di tutti.
Con la riforma dei servizi idrici presentata in Parlamento – che vuole “attuare il referendum del 2011” – torneremmo allo stato sia padrone che gestore dell’acqua, come prima del 1994, cioè quando gli acquedotti perdevano acqua da tutti i buchi.
Scuola e università sono le aree di maggior peso che il federalismo differenziato trasferirebbe a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Ad esse andrebbe un terzo dei 34 miliardi annui destinati alle regioni ordinarie. Le regioni ricche dovrebbero caricarsi parte delle spese trasferite con un’adeguata compartecipazione. In ogni caso meglio evitare di peggiorare il divario Nord-Sud che, come ci insegna la storia, nasce in tempi lontani, subito dopo l’Unità d’Italia. E che nessuno ha saputo ridurre.
Salvini rivendica di avere quasi azzerato sbarchi e morti in mare. In realtà i risultati ottenuti – nel bene e nel male – sono il frutto degli accordi con autorità e milizie libiche del governo Gentiloni-Minniti. Di suo il ministro dell’Interno ha completato l’opera e di fatto messo fuori legge (lo fa anche oggi) l’attività di salvataggio delle Ong che prestano aiuto ai naufraghi.

Patrizio Tirelli risponde ai commenti al suo articolo “Ridurre il debito con il consenso dei cittadini”.

Con la presentazione di una ricerca di Massimo Bordignon e Piergiorgio Carapella, illustrata su lavoce.info, si terrà a Roma martedì 26 marzo il convegno “Quali idee per la nuova Europa? Ricette a confronto”.

Credibilità, il problema dei paesi ad alto debito

L’azione del governo Monti

Ringrazio i lettori per i molti commenti al mio articolo Ridurre il debito con il consenso dei cittadini. Cerco qui di rispondere ai loro rilievi.

La prima constatazione è che sembra davvero ingeneroso attribuire al governo Monti le conseguenze della crisi che portò alla sua costituzione. Infatti, quel governo fu nominato in conseguenza della fuga di capitali che, motivata dal rischio di una rottura dell’area euro, determinò un aumento insostenibile dei tassi di interesse e la stretta creditizia cui fece seguito la recessione.

L’austerità ha consentito di evitare una situazione da “tragedia greca”. La crisi cui Monti cercò di porre rimedio fu la diretta conseguenza dell’apparente prosperità degli anni pre-2008. In quel periodo, malgrado le favorevoli condizioni cicliche, si rinunciò a ridurre uno dei debiti più elevati dell’Eurozona. È questo il vero punto debole dell’assetto istituzionale dell’Eurozona: non riuscire a imporre una politica genuinamente anticiclica ai paesi membri, per cui l’eccessivo accumulo di debito nelle fasi favorevoli impedisce di stimolare la domanda nelle fasi avverse. Nei paesi ad alto debito ciò pone le premesse perché nel tempo i rischi di insolvenza si accumulino fino a distruggere la credibilità dei governi democraticamente eletti.

Gli interventi non convenzionali della Banca centrale europea hanno evitato attacchi speculativi ai debiti sovrani, ma non si può pensare che interventi di acquisto dei titoli del debito pubblico, che si verificarono durante la crisi, e poi con il Quantitative easing di Mario Draghi siano politicamente sostenibili senza che i governi interessati mostrino di voler credibilmente mantenere il controllo delle finanze pubbliche.

Per concludere la discussione sul governo Monti, un breve commento sulla tassazione degli immobili. Sebbene l’Italia sia un paese in cui il prelievo fiscale è assai cospicuo per chi paga le imposte, la tassazione degli immobili non è particolarmente elevata: ragioni di efficienza ed equità indurrebbero, e in parte hanno indotto, a spostare il carico fiscale dal lavoro agli immobili.

Competenza e nuovo debito

Due temi apparentemente distinti riguardano la competenza dei governanti e la riduzione di sprechi ed evasione fiscale. Purtroppo, la capacità di valutare la competenza non è così diffusa, mentre sprechi ed evasione hanno consentito la formazione di gruppi elettorali assai efficaci nel perseguire i propri interessi.

Infine, una considerazione in merito alla proposta di Bruno Puricelli. Il debito degli stati nazionali ha come implicita garanzia la promessa dei governi di finanziarlo tassando i redditi o la ricchezza nazionali. I governi decidono poi discrezionalmente come utilizzare i fondi ricevuti. Quello italiano soffre di scarsa credibilità e usa con poca efficienza le risorse. Il nuovo debito suggerito da Puricelli sarebbe soggetto al medesimo rischio di quello accumulato sinora e non avremmo garanzie di un miglior uso delle risorse.

Il Punto

Primo Friday for the Future (#fff), giorno di mobilitazione contro il climate change in 123 paesi (anche in Italia). Un movimento partito dagli studenti, coloro che hanno più interesse a pensare al futuro della Terra. Di fronte a loro la politica al momento sonnecchia. Fino alle elezioni europee.
Confusione di competenze e contenuti opachi nel “limpido” memorandum di intesa Italia-Cina sulla Nuova via della seta che il governo vuole firmare. Ci voleva Einstein per capire che l’accordo tra un paese fondatore di Nato e Ue e Pechino rompe il fronte dei paesi occidentali di rispetto all’espansionismo del Dragone? Meno accorti dei nostri governanti sono solo quelli britannici. Dalla sequenza di votazioni di questi giorni emerge la parola d’ordine: Brexit sì a patto che ci sia un accordo con la Ue. Peccato (per il Regno Unito) che l’Europa non ci senta. Per le solide ragioni che passano per il confine irlandese.
Anche l’Onu ha espresso preoccupazione sul rischio che il disegno di legge Pillon su separazione tra coniugi e affidamento dei minori acuisca le discriminazioni contro le donne. Formalmente si mettono i genitori su un piano di parità di doveri e diritti. In pratica a perderci saranno le madri. E i figli.
Con valori da zero a 30, il potere autonomo degli enti territoriali si misura con l’Indice di autorità regionale (Regional authority index). Le 15 regioni italiane a statuto ordinario sono a quota 18, mentre le cinque con statuti speciali (diversi tra loro) appena a 19.  Arriveranno sorprese dal federalismo differenziato? La competenza di maggior peso delle regioni è la salute, oggi tutelata dall’universalismo del quarantennale Servizio sanitario nazionale. Che assorbe risorse per il 6,8 per cento del Pil (117 miliardi di euro). E coperture di spesa – ma anche prestazioni! – molto diverse tra Nord e Sud.

Il Punto

La recessione peggiora i conti pubblici e rischia di obbligarci a una nuova austerità che farebbe salire le disuguaglianze. Per ridurre le quali il mix di minori spese e temporanei incrementi di imposte dovrebbe preservare il sociale e le infrastrutture, consumi e redditi da lavoro. E tassare immobili pregiati, successioni e guadagni finanziari. Sarà l’armonizzazione fiscale uno dei campi in cui la Ue potrà fare passi avanti dopo le prossime elezioni europee. Qualcosa si è fatto con due direttive negli ultimi tre anni. La concorrenza fiscale tra stati va bene ma l’elusione delle imprese che sfruttano i diversi sistemi di tassazione va frenata.
Scocca l’ora anche in Italia – come in molti paesi Ocse – del salario minimo legale? Sembrerebbe di sì, visto che ci sono in Parlamento ben cinque proposte di legge. Si differenziano tra loro per entità, platea, variazioni regionali, rivalutazioni periodiche. Ma i sindacati rimangono diffidenti sul tema.
Oltre a essere squallido, il muro che Trump vuole tra Usa e Messico non potrà bloccare le trasformazioni sociali. L’etnia bianca scenderà sotto il 50 per cento entro 25 anni, mentre cresceranno l’ispanica e, meno, l’asiatica e l’afro-americana. Con implicazioni per disparità, istruzione, occupazione e per gli orientamenti di voto. Più efficace, invece, un altro strumento negoziale del presidente americano: i dazi. Applicati per forzare la Cina ad aprire il suo mercato chiuso e poco trasparente, sono stati un’alternativa sbrigativa alla riforma del Wto. Un processo troppo incerto per politici nazionalisti che vogliono risultati immediati.

Il Punto

Nella giornata delle donne ricordiamo senza compiacimento i progressi graduali nella parità di genere. In Italia la differenza media nelle retribuzioni rimane superiore al 20 per cento, anche se i dati mostrano finalmente qualche crepa nel “soffitto di cristallo”, il tetto che frena l’ascesa femminile alle posizioni di vertice. Le cose da fare per ridurre i divari in famiglia, sul lavoro e nella società sono tante. La prima è quella di richiedere alle aziende di raccogliere i dati sulle differenze di genere al loro interno. Mentre sono duri a morire – specie in Italia – gli stereotipi su maschi e femmine che condizionano l’apprendimento in età scolare, tanto che a 15 anni il divario di genere in matematica è di 20 punti (contro 9 della media Ocse). All’università le differenze si confermano e si traducono nella vita professionale con retribuzioni, posizioni e mansioni lavorative meno dinamiche. Il peggio è che i luoghi comuni che permangono a scuola sono ancora più radicati in famiglia. Dove – lo dicono i dati – i genitori non fanno svolgere a bambini e bambine le stesse attività extrascolastiche.
Anche il pendolarismo casa-lavoro-casa può diventare un campo di disuguaglianza di genere in famiglia. Una ricerca documenta che un aumento del tempo di spostamento del marito (per esempio per un cambio di sede aziendale) aumenta le sue ore lavorate mentre riduce l’occupazione della moglie. Nelle imprese quotate a seguito della legge Golfo-Mosca è salita la componente femminile nei cda ed emergono effetti positivi sulla redditività quando nel Consiglio ci sono almeno due amministratrici. Sarà un caso?
Mentre il presidente della Bce Mario Draghi descrive efficacemente la situazione dell’economia europea come “una stanza buia in cui ci si muove a piccoli passi” e promette di rispolverare nuovi finanziamenti Bce alle banche che prestano, il nostro governo si arrovella fino alla crisi sulla Tav Torino-Lione. L’esigenza rimane quella di non buttare via la nostra credibilità internazionale e di non sprecare miliardi di euro in improbabili piani alternativi (senza contributi europei), penali e indennizzi.

Il Punto

Cosa pensano i parlamentari di tre paesi della Ue dei grandi temi europei, dal completamento dell’Unione monetaria all’immigrazione? Un sondaggio mostra che i rappresentanti francesi e i nostri, nonostante le recenti frizioni tra governi, sono d’accordo su molte scelte, al contrario di populisti italiani e tedeschi. Aspettando l’8 marzo, guardiamo alla composizione per genere nei parlamenti nazionali e a Strasburgo. E perché c’è varietà di opinioni sulle quote rosa. Che da noi hanno funzionato nell’inserire una significativa componente femminile nei cda delle società quotate. Ora si può fare di più e meglio per aumentare la presenza di donne nel top management delle stesse aziende.
Una Brexit senza accordo tra Regno Unito e Ue a 27 sarà un lose-lose: perderanno tutti. Di più i britannici, perché sotto le regole del Wto sul loro import peseranno dazi fino al 17,5 per cento. Mentre le imprese continentali subiranno piccoli aggravi per le produzioni frammentate tra le due coste della Manica. Più seria per l’Europa, invece, la minaccia di barriere commerciali Usa sulle importazioni di auto e componenti provenienti dalla Germania. A pagare pegno non sarebbero solo i tedeschi ma tutta la filiera internazionale automobilistica, a cominciare dalle aziende italiane. Estendendo la guerra (commerciale) anche all’Europa Trump va oltre il suo obiettivo di mettere in riga la Cina per la sua concorrenza sleale e rischia di scardinare il sistema di scambi globali. Tra le due potenze, la frontiera di scontro più aspro è quella delle tecnologie, in particolare dell’intelligenza artificiale. Il cui impatto dirompente in tutti i settori riveste un’importanza geopolitica strategica. Dentro a questo quadro la Ue cerca con difficoltà di ritagliarsi uno spazio.

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