Il disegno di legge di bilancio 2025-2027 proroga per altri tre periodi d’imposta l’incentivo per le nuove assunzioni. Resta sospesa l’attuazione della legge delega per la riforma fiscale. A conti fatti, le imprese escono nel complesso penalizzate.
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Dalle imposte sui redditi a quelle indirette fino alla revisione del catasto, la delega approvata dal governo è ambiziosa ma ancora molto vaga nei contenuti. Tutto dipenderà dai decreti attuativi e dall’ammontare delle risorse messe in campo.
È necessario un riequilibrio delle fonti di finanziamento delle aziende italiane, con un maggior ricorso all’equity. Una struttura patrimoniale più solida dà la possibilità di vincere la sfida della crescita dimensionale. Ma servono scelte precise.
Il piano Colao prevede due interventi per il rafforzamento patrimoniale delle imprese: un’Ace più incisiva e incentivi per le persone fisiche che investono in Pmi. Sono misure relativamente semplici, attuabili subito e utili al nostro sistema produttivo.
Si può pensare di fare arrivare liquidità alle piccole e medie imprese sotto forma di capitale di rischio anziché di debito. Se abbinate a vantaggi fiscali, queste azioni potrebbero diventare appetibili per il mercato, con vari vantaggi diffusi.
La strage presso la sinagoga di Pittsburgh riporta ancora l’attenzione sulla diffusione delle armi negli Usa. Tema che ora riguarda anche l’Italia, dove il governo Lega-M5s ha recepito in modo estensivo una direttiva europea. In nome della sicurezza, ma a vantaggio dell’aggressiva lobby dei detentori di pistole e fucili.
Dopo la bocciatura della Ue arriva finalmente il testo della manovra. Il mancato rispetto degli impegni di deficit viene ascritto dall’esecutivo al rallentamento dell’economia in atto da mesi e di cui solo ora si è accorto anche il governo. Ma l’effetto espansivo previsto verrebbe compensato in negativo dal rialzo dei tassi d’interesse dovuti all’aumento dello spread. Si illude chi – tra ministri e politici della maggioranza – ritiene che il problema spread svanirebbe se solo la Bce si mettesse a comprare titoli pubblici italiani. Non può farlo in modo incondizionato ma solo con un intervento su un’economia in grave crisi e soggetta a un severo programma di risanamento. Tra le misure fiscali in arrivo ci sono tasse al 15 per cento per le piccole imprese e lo sconto fiscale per chi crea occupazione e investe in macchinari. Ma scompaiono la deduzione Ace, che favoriva la capitalizzazione delle piccole e medie imprese, e l’Iri, l’imposta sul reddito imprenditoriale, che avrebbe comunque ridotto le aliquote sugli utili.
Tanti bei proclami sui “problemi dell’occupazione”, ma poi rischiamo di perdere quasi 1 miliardo del Fondo sociale europeo a disposizione delle regioni per le politiche attive del lavoro. Perché non sono state usate risorse nel 2014 e nel 2015. Intanto un miliardo andrà a rafforzare i burocratici centri per l’impiego proprio mentre l’automazione cambia la natura del lavoro, eliminando certe mansioni e richiedendo nuove competenze. Un processo con cui nessun paese riesce a tenere il passo.
Pur restando in attesa della norma definitiva, la legge di bilancio sembra voler abolire un apprezzato sistema di tassazione delle imprese coerente, neutrale e favorevole alla crescita. A sostituirlo sarà una detassazione degli utili macchinosa e complessa.
Sulle politiche fiscali la prima manovra del governo Conte rivela una sostanziale continuità con il passato. Non affronta i nodi strutturali del nostro sistema fiscale, mentre ignora del tutto i temi del futuro dei rapporti tra fisco e contribuente.