Cresce l’occupazione in Italia. Il recupero è quasi del tutto dovuto al lavoro dipendente ed è trainato dalle varie forme di contratti a tempo determinato. Ci sono già gli strumenti per controllarne la corretta applicazione ed evitare gli abusi.
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L’obiettivo del Fondo sociale europeo è favorire l’occupazione. È uno strumento efficace? La provincia di Bolzano l’ha utilizzato per finanziare corsi di formazione destinati a diverse categorie di disoccupati e a soggetti vulnerabili. Ecco i risultati.
I tempi di attuazione delle misure previste dal Pnrr si allungano e le ricadute positive sull’accesso dei giovani al mondo del lavoro si allontanano. Per favorire l’occupazione giovanile, può essere utile allentare i vincoli sul contratto a tempo.
Non rispettare i minimi tabellari e non applicare le garanzie di un contratto collettivo “leader” consente qualche piccolo guadagno occupazionale. Ma erode progressivamente il sistema di contrattazione collettiva e peggiora la qualità del lavoro.
La maggioranza della popolazione immigrata è costituita da donne. Pur con un livello di istruzione in media superiore, hanno una probabilità di occupazione molto più bassa degli immigrati uomini e delle native. E quando lavorano hanno salari più bassi.
La scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro è uno degli elementi alla base della bassa crescita del Mezzogiorno. La Calabria rappresenta una delle regioni più problematiche. Mancanza di servizi alle famiglie e minore livello d’istruzione sono tra gli ostacoli a uno sviluppo duraturo e diffuso.
È opinione diffusa che le infrastrutture di trasporto favoriscano lo sviluppo delle aree servite. Ma spesso le opere portano a una semplice ricollocazione dell’attività economica. Sembra confermarlo anche il caso della Salerno-Reggio Calabria.
L’attuazione del Pnrr dovrebbe comportare un innalzamento dei tassi di occupazione di donne e giovani. Ma l’esplicita indicazione di quote riservate rischia di essere vanificata da linee guida che ammettono deroghe con motivazioni molto generiche.
La relazione del Gruppo di lavoro sugli interventi e le misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia traccia un quadro del fenomeno, indicando il numero dei lavoratori più a rischio. All’analisi affianca un pacchetto di proposte di riforma.