Il compromesso raggiunto sulla rimodulazione delle risorse del Next Generation Eu mantiene i trasferimenti agli stati, ma riduce le spese per i beni pubblici europei. Ma una semplice “Unione dei trasferimenti” da Nord a Sud rischia di fallire.
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La sentenza con cui la Corte di Karlsruhe ha di fatto svincolato la Bundesbank dalla partecipazione al programma Pspp della Bce non avrà solo conseguenze economiche. Si tratta di un pericoloso precedente giuridico e politico in grado di minare le basi stesse dell’Unione.
I giudici tedeschi mettono i bastoni tra le ruote alla Bce, che sta usando la necessaria flessibilità per fronteggiare la crisi. Il programma di acquisto di titoli non è un finanziamento monetario del debito pubblico ed è pienamente giustificato dal mandato della Banca centrale.
La Fed è intervenuta per calmare le tensioni sul mercato dei repurchase agreement. Non è un nuovo 2008. Ma se la soluzione tampone non sarà resa strutturale, il collo di bottiglia di fine anno potrebbe richiedere nuovi interventi, per importi più alti.
Continuando ad abbassare i tassi e a comprare i titoli col Quantitative easing, la Bce cerca di alimentare la crescita, ma rischia di far danni da eccesso di liquidità. Draghi ha spiegato come mitigare due tipi di effetti collaterali. Ne trascura però altri, importanti.
Con il Quantitative easing le banche centrali non hanno creato moneta, bensì base monetaria. E le banche hanno tesaurizzato queste “riserve” perché prive di rischio nominale e reale, per l’impegno della Bce di conservare stabile il livello dei prezzi.
Maurizio Landini ha lanciato – il primo maggio – un appello all’unità sindacale, invitando Cgil, Cisl e Uil a mettere da parte le contrapposizioni del passato. Ma la sua visione tutta conflittuale dei rapporti lavoratori-impresa non è la stessa delle altre associazioni. Fare un solo sindacato non sarà facile né oggi né domani. Di sicuro, per le organizzazioni dei lavoratori è urgente rinnovarsi. Per arginare la frana di iscrizioni, soprattutto dei giovani.
I sovranisti vogliono “monetizzare” i debiti pubblici negando che ciò possa causare inflazione. Citano il Qe della Bce che ha immesso denaro senza far salire i prezzi. Dimenticando che se la liquidità rimane a riserva nei bilanci bancari non c’è vera “creazione di moneta”. Ed è quindi normale che non ci sia inflazione.
Mentre “quota 100” peggiorerà il precario equilibrio del nostro sistema previdenziale, dal confronto della spesa pubblica italiana con quella di Francia, Germania e Spagna si vede che spendiamo già più di loro per le pensioni (oltre che per pagare gli interessi sul debito). E il divario è destinato a salire. Per quanto riguarda la Spagna, appena uscita dal voto politico, forse è proprio grazie al buon andamento dell’economia se un partito storico – il Psoe – si è guadagnato una maggioranza relativa alle Cortes arginando movimenti populisti e sovranisti.
Nel territorio intorno a una università lo sviluppo sociale, economico e culturale risulta più stimolato che altrove. Soprattutto se l’ateneo è efficiente, perché promuove lo sviluppo di nuove idee. E c’è un effetto moltiplicatore della crescita nelle aree già a elevato sviluppo.
Dopo anni di torpore, è tornato a salire lo spread. Ma i movimenti degli ultimi mesi hanno qualcosa in comune con quanto avvenuto nel 2011 e 2012, gli anni della crisi del debito sovrano? Oggi c’è il Qe ed è diverso il contesto politico ed economico.
Di per sé la fine annunciata del Quantitative easing non avrà un effetto diretto sugli spread. Perché la moneta unica è irreversibile. A patto però che i paesi non mettano in discussione il disegno politico dell’Unione europea e, anzi, sappiano riformarlo.