Il governo ha presentato la Relazione sulla revisione del Pnrr. Non dà indicazioni sulle coperture per le modifiche proposte, né le inquadra in una cornice macro-finanziaria. Difficile dunque valutare la compatibilità con gli obiettivi di deficit e debito.

La Relazione sulla revisione del Pnrr

La Relazione sulla revisione del Pnrr diramata dalla cabina di regia il 27 luglio 2023 ha la principale finalità di rendere note al Parlamento le criticità emerse nell’attuazione del Piano e le conseguenti modifiche che il governo intende proporre alla Commissione europea.

La procedura adottata dal Parlamento per l’esame della Relazione – come già in passato in occasione dell’introduzione del Pnrr – è stata rapidissima: si è esaurita in un’unica giornata di dibattito nelle due Camere, senza alcun preventivo esame da parte delle Commissioni parlamentari. In particolare, le Commissioni bilancio – che pure dedicano la maggior parte del loro tempo a verificare gli effetti, talora esigui, delle misure legislative – non sono state chiamate a valutare gli effetti dell’ordine delle decine di miliardi della revisione del Pnrr.

Poiché non si tratta di un testo legislativo o di un documento di finanza pubblica, la Relazione non fornisce l’indicazione delle coperture delle modifiche proposte, né illustra il loro inquadramento nell’ambito di una cornice macro-finanziaria. La lacuna informativa non consente di valutare, nemmeno per grandi linee, la compatibilità della proposta di revisione del Pnrr con gli obiettivi di deficit e debito.

Sarebbe quindi stato più opportuno che la Relazione fosse stata corredata di un inquadramento, in forma tabellare, dei definanziamenti e rifinanziamenti proposti, inclusi quelli interni alle singole linee di intervento, specificando quali corrispondono a progetti inclusi nei tendenziali e quali sono invece aggiuntivi, chiarendo inoltre l’ammontare delle spese escluse dal Pnrr di cui si intende comunque confermare il finanziamento a carico del bilancio nazionale e le modalità di compensazione dei conseguenti riflessi sulla spesa pubblica.

Pur senza informazioni ufficiali, appare utile tentare di fare emergere alcuni nodi, il cui scioglimento risulterebbe opportuno prima della presentazione della proposta in sede europea.

Il volume finanziario del nuovo Piano

Un primo nodo riguarda il volume delle risorse che finanzieranno il nuovo piano, il cui ammontare, attualmente fissato in 191,5 miliardi (di cui 68,9 di sovvenzioni e 122,6 di prestiti) dovrebbe aumentare per effetto dei nuovi contributi europei a fondo perduto (2,7 miliardi per l’Italia destinati al capitolo RePowerEU e 0,135 di adeguamento del contributo originario in base alla crescita effettiva del Pil). Il Pnrr dovrebbe inoltre assorbire 3 miliardi dei fondi strutturali europei già destinati a obiettivi assimilabili a quelli di RePowerEU. In totale, quindi, il volume del Piano potrebbe aumentare a circa 197,3 miliardi, ma l’informazione di base non è fornita nella Relazione.

Non viene inoltre fatta chiarezza sulla possibilità, di cui il governo aveva preannunciato di volersi avvalere, di chiedere nuovi prestiti europei, a valere su quelli non opzionati dagli altri paesi entro il 31 agosto 2023. Il fatto che la Relazione non ne faccia menzione lascia supporre che non saranno utilizzati, ma anche qui l’informazione di base non è affermata in modo esplicito.

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Il tema delle coperture

Di fronte a spese derivanti da nuove linee di intervento o dal potenziamento di quelle esistenti, vengono disposti definanziamenti che, di fatto, non configurano riduzioni effettive di spese, suscettibili di generare risparmi utilizzabili a compensazione dei nuovi interventi, bensì mere “esternalizzazioni” di alcuni interventi al di fuori del perimetro del Pnrr.

Nella tabella 1 si tenta una ricostruzione delle principali variazioni esposte nella Relazione, sia sul lato delle entrate che delle spese. Nella sezione superiore della tabella, si tiene conto delle nuove o maggiori spese inserite nel Piano in luogo dei definanziamenti indicati nella tavola a pagina 150 della Relazione. Nella parte inferiore della tabella si tiene conto delle spese escluse dal Pnrr delle quali la relazione conferma la realizzazione a carico di altre fonti di finanziamento.

Occorre preliminarmente sottolineare che la tabella non ha carattere esaustivo delle variazioni apportate al Pnrr. Nell’ambito delle rimodulazioni interne a ciascuna linea di intervento sono infatti numerosi gli investimenti che, presentando alcune criticità, vengono esclusi dal Piano e sostituiti da altri, senza però rinunciare a realizzare i primi, il cui finanziamento è semplicemente spostato al di fuori del Piano e posto a carico del bilancio nazionale. Sebbene non sia possibile effettuare una quantificazione delle maggiori spese derivanti dalle rimodulazioni interne (a volte viene indicato solo il segno delle variazioni, ma non il relativo importo), appaiono molto significative e i relativi effetti si sommeranno a quelli indicati nella tabella.

Tabella 1 – Riepilogo delle principali variazioni della proposta di revisione del Pnrr (dati in miliardi di euro)

Fonte: elaborazioni su dati della Relazione diramata il 27 luglio 2023 e del Cronoprogramma del Pnrr attuale.
(1) Come da tabella a pg. 150 della Relazione.
(2) Escluse le rimodulazioni all’interno di una linea di intervento preesistente.
(3) Hp. di esito positivo dell’istruttoria in corso per destinare all’Emilia Romagna le risorse della misura M2C4I22.1.A, fatta salvo il finanziamento fuori Pnrr degli interventi di riduzione del rischio idrogeologico già previsti nel Piano.
(4) Nuova misura del Pnrr cui sono indirizzate le risorse liberate dal definanziamento di due misure della missione 5: Aree interne e Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie.
5) Come da tabella a pg. 150 della Relazione, escluso intervento offshore (non confermato espressamente).

Se si considera solo la parte superiore della tabella, riguardante le modifiche apportate al Pnrr, non si è distanti dall’equilibrio finanziario: lo scostamento (0,7 miliardi) tra maggiori spese nette e maggiori risorse non è infatti significativo, dato il carattere parziale delle informazioni disponibili e considerata l’incertezza sottostante alcune ipotesi (come la possibilità, in corso di verifica, di destinare, nell’ambito del Pnrr, ai territori alluvionati dell’Emilia le risorse derivanti dal definanziamento dell’investimento per la riduzione del rischio idrogeologico).

Se si considera l’intera tabella, che inquadra le revisioni del Pnrr all’interno della più ampia cornice delle variazioni a carico della finanza pubblica, si evidenzia uno squilibrio tra le maggiori spese nette e le maggiori risorse disponibili assai più ampio (circa 16 miliardi), rispetto al quale la relazione indica solo in via generica possibili fonti di copertura (fondi strutturali e di investimento europei, Fondo sviluppo e coesione, Piano nazionale complementare al Pnrr).

Il ministro Fitto, nell’audizione del 1° agosto, ha precisato che le specifiche fonti di copertura saranno individuate dopo l’approvazione del documento in sede europea, ricordando altresì che per gli interventi “in essere” – vale a dire autorizzati prima dell’approvazione del Pnrr – ora esclusi dal piano, sussiste comunque la provvista finanziaria disposta in bilancio dagli originari provvedimenti autorizzativi.

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Aspetti da approfondire

Pur considerando i chiarimenti del ministro, molteplici sono gli aspetti che meriterebbero maggiori approfondimenti. Ad esempio:

  • i fondi menzionati sono già largamente impegnati (interamente nel caso del Fsc 2007-2020) o sono comunque oggetto di finalizzazioni già definite nell’ambito di accordi di programma approvati in sede comunitaria. Ciò non vuol dire che non sia possibile, attivando procedure non banali, modificarne la destinazione, ma andrebbe chiarito quali sono le finalizzazioni già programmate a cui si intende rinunciare. Il Fsc 2020-2027, per la parte non ancora non impegnata, pari a circa 42 miliardi, è soggetto a una programmazione che arriva al 2031 e l’ammontare maggiore di risorse risulta concentrato nel quadriennio 2027-2030. Andrebbe quindi chiarito quali interventi esclusi dal Pnrr si intende differire in modo considerevole nel tempo;
  • le coperture dovrebbero essere individuate contestualmente alle spese da finanziare, non con un mero riferimento al nome di fondi a destinazione indistinta, bensì individuando, sebbene a grandi linee, le specifiche finalizzazioni di spesa da ridurre o eliminare. Ciò consentirebbe una valutazione contestuale delle priorità di spesa, rendendo possibile al tempo stesso una prima verifica della coerenza del quadro generale di finanza pubblica;
  • l’esternalizzazione dal Pnrr degli interventi “in essere” risulterebbe neutrale per la finanza pubblica solo se le corrispondenti linee di finanziamento liberate all’interno del Pnrr venissero sostituite da spese parimenti “in essere”, vale a dire già incluse negli attuali andamenti tendenziali. Dal momento, invece, che le linee di finanziamento vengono destinate a interventi aggiuntivi (RePowerEU, asili, e altro), occorre reperire coperture aggiuntive. I fondi originariamente appostati per gli interventi “in essere” non sono infatti sufficienti a coprire sia questi ultimi che quelli di nuova introduzione nel Pnrr.

Nel complesso, non sembra quindi possibile trascurare il rischio che la revisione complessiva del Pnrr, che inserisce nuove spese nel Piano senza cancellare quelle già previste, ma “esternalizzandole” a carico del bilancio nazionale, generi un cospicuo aumento della spesa (salvo che l’impegno a mantenere la realizzazione delle spese originarie non vada inteso come meramente programmatico e privo di contenuto fattivo).

* Le opinioni espresse in questo articolo riflettono unicamente la posizione personale dell’autrice, senza nessun coinvolgimento dell’amministrazione di appartenenza.

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