Lavoce.info

Fondi di coesione per la revisione del Pnrr: meno facile di quanto sembra*

La proposta di revisione del Pnrr prevede di usare i fondi per la coesione per finanziare i progetti esclusi dal Piano e il capitolo relativo a RePower. Ciò potrebbe incidere sulla ripartizione delle risorse e sull’avvio della Programmazione 2021-2027.

La proposta di revisione del Piano

Il 7 agosto il governo ha presentato alla Commissione europea la proposta di revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che prevede, tra i vari punti, l’esclusione dal Piano di nove misure, per un valore complessivo di 15,9 miliardi, e il nuovo capitolo relativo a RePowerEU.

Tra le fonti di finanziamento delle misure di RePowerEU sono indicati 3 miliardi di euro da allocare sui fondi europei per la coesione. La proposta, come evidenziato dal Servizio studi della Camera, non specifica, invece, gli strumenti e le modalità attraverso le quali sarà mutata la fonte di finanziamento delle misure escluse, con conseguenti rischi di rallentamenti o incertezze attuative.

La relazione del governo sul Pnrr inviata lo scorso giugno al Parlamento prospettava la loro copertura principalmente attraverso i fondi europei e nazionali per la coesione.

Nell’ottica della complementarietà fra le diverse fonti di finanziamento europee, l’utilizzo dei fondi europei per la coesione a copertura delle misure escluse dal Pnrr e di quelle introdotte in RePowerEU presenterebbe potenziali vantaggi, consentendo la loro realizzazione in un orizzonte temporale più ampio e di evitare, almeno in parte, il ricorso a risorse nazionali.

Inoltre, le finalità di tutte le misure in questione rientrano, potenzialmente, nell’ambito degli Obiettivi strategici del Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fesr). In particolare, le misure escluse dalle Missioni 2 e 5 del Pnrr appaiono coerenti, rispettivamente, con gli Obiettivi 2 e 4 del Fesr, mentre le misure di RePower sono collocabili nell’ambito degli Obiettivi 1 e, soprattutto, 2. 

Gli ostacoli all’utilizzo dei fondi per la coesione

Sussistono, tuttavia, alcuni elementi di criticità che potrebbero rendere complesso questo utilizzo. 

Il primo elemento deriva dalla circostanza, evidenziata nei documenti governativi, che molti degli interventi rientranti nei progetti in essere, che ammontano al 66 per cento del definanziamento, presentavano difficoltà nel soddisfare le condizionalità relative alle modalità di rendicontazione e al principio del “non arrecare danno significativo” (Dnsh). Le medesime condizionalità sono previste per i fondi europei per la coesione, per cui questi interventi non potrebbero essere finanziati attraverso il Fesr.

Un secondo problema è costituito dai vincoli di concentrazione tematica previsti dal regolamento Fesr in relazione all’Obiettivo 1 e all’Obiettivo 2. Quasi tutte le regioni del Centro-Nord, in particolare, devono destinare a tali obiettivi l’85 per cento delle loro risorse. Di conseguenza, mentre le somme necessarie per finanziare la quota Centro-Nord delle misure escluse rientranti nella Missione 5 del Pnrr ammontano a 3,3 miliardi, le disponibilità del Fesr per il Centro-Nord sull’Obiettivo 4 si fermano a meno di 300 milioni. Sia pure in maniera meno macroscopica, anche per le misure definanziate relative alla Missione 2 la quota di competenza del Centro-Nord eccede le risorse disponibili sull’Obiettivo 2 (tabella 1).

La governance dei programmi

Leggi anche:  Il dilemma delle politiche di coesione *

Il terzo aspetto riguarda la governance dei programmi. Al Centro-Nord, il 97 per cento delle risorse allocate sugli Obiettivi 2 e 4 totali è assegnato a programmi gestiti dalle regioni, percentuale che si attesta al 78 per cento per il Mezzogiorno. La circostanza implica che il governo, a meno di una drastica modifica dell’Accordo di partenariato e dell’attuale modello di governance dei programmi, potrebbe procedere all’effettiva allocazione sul Fesr dei progetti rientranti nelle misure definanziate solo attraverso un preciso accordo con le regioni, che dovrebbero acconsentire a rendicontare tali progetti sui loro programmi e a notificare alla Commissione europea le modifiche necessarie per adeguarli ai nuovi contenuti. 

Se il finanziamento delle misure escluse dal Pnrr attraverso il Fesr appare, soprattutto al Centro-Nord, di complessa realizzazione, non sembrano semplici neanche le soluzioni per concentrare la loro copertura sulle risorse nazionali per la coesione. Difatti, sebbene il Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) abbia attualmente una capiente disponibilità finanziaria, la normativa attuale ne riserva l’80 per cento alle regioni meridionali, mentre la quota di competenza del Mezzogiorno relativa alle misure definanziate si ferma al 47 per cento, per cui le risorse ancora da allocare per il Centro-Nord appaiono insufficienti a coprire la sua quota di competenza in relazione alle misure definanziate (tabella 1). Il decreto legge Sud appena adottato lascia presagire la strada di una intesa con le regioni, attraverso il nuovo strumento degli “Accordi per la coesione” tra il ministro per gli Affari europei, il Sud, la coesione e il Pnrr e ciascun presidente di regione o ministro. In questi accordi, difatti, devono essere specificati gli interventi da realizzare da parte di ciascuna amministrazione, che potrà ottenere l’effettiva assegnazione delle risorse solo dopo la sottoscrizione dell’Accordo. 

Per quel che riguarda RePowerEU, i regolamenti europei prevedono che i fondi per la coesione possano concorrere al suo finanziamento a condizione che il sostegno contribuisca ai loro obiettivi specifici. Obiettivi che, per il Fesr, coincidono con quelli della concentrazione tematica, il che assicura la disponibilità di sufficienti risorse in tutti i programmi regionali. 

Leggi anche:  L'andamento lento dei fondi nazionali per la coesione*

Tuttavia, l’effettivo finanziamento sui programmi regionali delle misure di RePoweEU necessita di un accordo fra governo e regioni. In caso contrario, il programma nazionale Ricerca, innovazione e competitività per la transizione verde e digitale rimarrebbe l’unico con obiettivi specifici coerenti con quelli di RePowerEU. Le disponibilità di questo programma, però, sono rivolte esclusivamente alle regioni meridionali (ad esclusione dell’Abruzzo), mentre la quota di risorse destinate al Mezzogiorno dalle misure di RePowerEU, soprattutto con riferimento agli incentivi automatici per le imprese e all’Ecobonus, difficilmente supererà la cosiddetta “clausola del 40 per cento” prevista per il Pnrr.

In conclusione, sia per le misure escluse dal Pnrr che per i nuovi interventi di RePowerEU occorrerà un notevole impegno per individuare soluzioni che non alterino l’attuale distribuzione territoriale delle risorse per la coesione o ne indeboliscano il loro necessario carattere di addizionalità, come avverrebbe se solo la quota Mezzogiorno delle misure escluse fosse completamente coperta con fondi per la coesione o se si allocassero prevalentemente sui programmi riservati alle regioni meridionali i tre miliardi di interventi di RePoweEU.

La prospettiva da evitare è, comunque, che l’individuazione di queste soluzioni conduca a una fase di incertezza nella gestione dei fondi per la coesione e a non semplici interlocuzioni e trattative fra governo e regioni, che potrebbero dare luogo a ritardi sia nella partenza e attuazione del nuovo ciclo di programmazione 2021-2027 dei Fondi europei, già di per sé faticosa, sia nella effettiva assegnazione delle risorse 2021-2027 del Fsc, sinora ripartite solo in via programmatica.

Si tratta di uno scenario che non aiuterebbe a dare continuità agli investimenti nei territori e a consolidare il processo di convergenza nella crescita fra Mezzogiorno e Centro-Nord che ha caratterizzato l’ultimo triennio.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autore e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Se il robot fa valere i suoi diritti

Precedente

Come valutare le università telematiche

Successivo

Chi paga le conseguenze se Pechino rallenta

  1. Savino

    Il parallelo che si dovrebbe sempre fare è quello storico PNRR-ERP, incentrato sullo sviluppo e la crescita di prospettiva, cui, nel post pandemia, si sono date le caratteristiche della ripresa e della resilienza. Pensate cosa sarebbe accaduto se, nell’attuazione del Piano Marshall, fosse stato tutto reso complicato da una serie di partite di giro e di stop and go. Il timore di non rispettare le condizionalità mi pare l’inevitabile conseguenza. FSC riserva il proprio focus alle aree depresse, come ricorato. RePowerEu, a sua volta, riserva il proprio focus sull’efficientamento energetico con impatti sull’ambiente. E’ gravissimo e sintomatico che non siano chiari gli obiettivi. Il benessere nel dopoguerra è stato creato proprio perchè non esistevano lacune negli obiettivi da raggiungere, per cui remavano tutti congiuntamente e in convergenza.

  2. piero rubino

    L’articolo è molto chiaro perché documenta bene come differenze “numeriche” nei vincoli di allocazione territoriale associati ai fondi aggiuntivi per il riequilibrio territoriale limitino di molto i margini di flessibilità finanziaria in presenza di trasferimenti di progetti da un “contenitore programmatico” all’altro. Trascura però di ricordare l’assenza di fondamenti economici che giustifichino la varianza di tali vincoli (80:20 per il FSC, 40:60 per il PNRR, quote territoriali che scaturiscono implicitamente dalle concentrazioni tematiche per i fondi strutturali, oltre al 34:66 applicato agli investimenti con risorse ordinarie … ), che non riflette affatto i diversi fabbisogni territoriali sottostanti quanto una pura “isteresi normativa”. Sarebbe necessario e urgente un “tagliando” .

  3. piero rubino

    L’articolo è molto chiaro perché documenta bene come differenze “numeriche” nei vincoli di allocazione territoriale relativi ai fondi aggiuntivi per il riequilibrio territoriale limitino di molto i margini di flessibilità finanziaria a fronte di trasferimenti di progetti da un “contenitore programmatico” all’altro. Trascura però di ricordare l’assenza di fondamenti economici che giustifichino l’eterogeneità di tali vincoli (80:20 per il FSC, 40:60 per il PNRR, quote territoriali che scaturiscono implicitamente dalle concentrazioni tematiche per i fondi strutturali, oltre al 34:66 applicato alla spesa in conto capitale finanziata da risorse ordinarie … ), che non riflette affatto i diversi fabbisogni territoriali sottostanti quanto una pura “isteresi normativa”. Sarebbe necessario e urgente un “tagliando” .

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén