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Due anni di governo Meloni tra dati e narrativa

Due anni di governo Meloni: quali i risultati davvero raggiunti? Passiamo in rassegna il documento pubblicato dal governo in occasione dei due anni dal suo insediamento. Analizziamo e contestualizziamo le affermazioni del governo in tema di lavoro, economia, migrazioni, Pnrr, sanità e fisco.

Il documento sui due anni di governo Meloni

Sono passati due anni dall’insediamento del governo di Giorgia Meloni: era infatti il 22 ottobre 2022 quando la presidente del Consiglio e i ministri del suo esecutivo hanno giurato di fronte al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e sono ufficialmente entrati in carica.

La sera del 21 ottobre 2024 sul sito del governo è stato caricato un documento dettagliato che ha celebrato i successi raggiunti in questo arco di tempo. In certi casi l’esecutivo si è intestato risultati che poco hanno a che vedere con la sua azione, ma che sono più legati a tendenze economiche internazionali e più di lungo periodo, come il record degli occupati e della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, il Pil sempre più in crescita e il successo nelle esportazioni, la riduzione dell’inflazione.

Il documento rivendica poi i risultati ottenuti nel contrasto all’immigrazione clandestina, la riforma per un sistema fiscale efficiente, i finanziamenti sempre più consistenti alla sanità e il primato per gli obiettivi raggiunti nel Pnrr.

Quanto di tutto questo è vero e quanto, invece, non lo è o lo è solo in parte?

I dati sul lavoro

La slide che il governo chiama «Una Repubblica fondata sul lavoro» riporta che ad agosto 2024 è stato raggiunto sia il record degli occupati, oltre 24 milioni, che quello del tasso di occupazione, al 62,3 per cento.

I dati sono sì corretti, ma necessitano di alcune contestualizzazioni. La prima è di carattere generale: benché in linea generale sia stimolabile dai governi tramite varie leve, il mercato del lavoro risponde a logiche proprie. Una su tutte il buon andamento dell’economia degli ultimi anni, che poco ha a che fare con l’azione del governo, ma che è legato più alla ripresa post-pandemia.

Ci sono poi alcune precisazioni da fare sui dati: la crescita dell’occupazione, osservata nel confronto trimestrale, rappresenta un dato indubbiamente positivo per l’economia italiana. Nonostante ciò, risulta necessario collocare tale aumento in un contesto più ampio, in cui il mercato del lavoro italiano ha visto diminuire il numero totale dei disoccupati (-5,6 per cento, pari a -97mila unità), ma al tempo stesso ha anche riscontrato una crescita del numero totale degli inattivi (+0,6 per cento, pari a +68mila unità), ossia coloro che non cercano lavoro. Lo si vede anche dai dati di agosto 2024, gli stessi usati nel documento del governo, da cui emerge che rispetto allo stesso mese del 2023 è diminuito il numero di persone in cerca di lavoro (-18,3 per cento, pari a -355mila unità), mentre è cresciuto quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,9 per cento, pari a +106 mila). Questa discrepanza fra il dato sugli occupati e le condizioni reali del mercato del lavoro italiano è osservabile anche se si sposta l’attenzione sul fronte femminile. Infatti, il documento del governo parla di come l’Italia sia andata «oltre il tetto di cristallo», metafora che descrive una situazione in cui una persona, all’interno di un’azienda o di una società, trova ostacoli nel progredire nella carriera, in questo caso legate al genere. Anche qui i dati riportati non sono sbagliati: il tasso di occupazione femminile è salito al 53,5 per cento, con 10 milioni di donne occupate, un livello mai raggiunto finora. Tuttavia, come nel caso precedente, il dato va inserito in un contesto più ampio: nonostante il tasso di occupazione femminile abbia raggiunto dei massimi storici, tale valore si colloca sempre molto al di sotto della media europea, pari al 70,8 per cento, ed è più basso rispetto a quello di altri paesi del sud Europa come la Spagna (66,5 per cento) e la Grecia (60, 1 per cento). Inoltre, seppur il dato comunicato dal governo rappresenti un miglioramento, il tasso di inattività delle donne resta ancora estremamente alto: pari al 42,6 per cento a livello nazionale, contro un 24,3 per cento degli uomini.

Se, infine, ci concentriamo sulle differenze a livello geografico, il report fa leva su come l’occupazione al Sud sia cresciuta più della media nazionale, rendendolo la «locomotiva d’Italia». I dati Istat confermano una crescita del tasso di occupazione al Sud più alto rispetto al resto del paese; tuttavia, gli squilibri territoriali rimangono forti (20 punti percentuali tra Nord e Sud). Il tasso di occupazione, nel secondo trimestre del 2024, nel Mezzogiorno era del 49,3 per cento, mentre al Centro e Nord Italia era rispettivamente del 67,2 e del 69,8 per cento.

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«Un’Italia più solida e prospera»

«Il prodotto interno lordo italiano del 2023 è più alto della media europea» si legge nel documento. I dati Eurostat lo confermano: nel 2023 l’Italia è preceduta solo da Germania e Francia per valore di Pil aggregato.  Inoltre, il tasso di crescita del Pil italiano nel quarto trimestre del 2023 è stato dello 0,2 per cento rispetto al trimestre precedente e dello 0,6 rispetto al quarto trimestre del 2022. Sia per l’Eurozona sia per l’Unione europea i tassi sono più bassi. Tuttavia, un dato più utile per valutare la “prosperità” italiana dovrebbe essere il Pil reale pro capite, che fornisce una misura del tenore di vita registrato in media nel paese. In questo caso, è evidente come il valore per l’Italia (28.880 euro pro capite) sia più basso rispetto alla media dell’Unione europea (29.280 euro pro capite).

Nel documento si legge poi che l’Italia ha raggiunto un saldo commerciale positivo nel 2023. Il ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale conferma il dato e riporta un avanzo di 34,5 miliardi di euro, rispetto al saldo negativo di 34 miliardi del 2022. Tuttavia, l’Italia non è quarta a livello mondiale come scritto: secondo i dati World Bank (del 2022) era ottava nel mondo; secondo quelli della World Trade Organization del 2023 era sesta.

Infine, secondo il report del governo l’inflazione in Italia è al di sotto di quella dei paesi dell’Eurozona e i dati Eurostat di settembre 2024 lo confermano: l’Italia ha registrato un tasso tendenziale dello 0,7 per cento, più alto solo di quello di Irlanda, Lituania e Slovenia e ben al di sotto della media dell’Eurozona dell’1,7 per cento.

Del calo dell’inflazione il governo si è vantato praticamente da quando è entrato in carica, anche grazie a iniziative di controllo dei prezzi, come il cosiddetto “trimestre anti-inflazione”.

Contrasto agli sbarchi in Italia: e l’Europa?

Un altro punto su cui il governo di Giorgia Meloni ha sempre fatto leva è quello del contrasto all’immigrazione clandestina, in cooperazione con l’Europa. Nel report si fa luce su come sulle coste italiane si sia registrato «- 61 per cento di sbarchi tra il 1° gennaio 2024 e il 21 ottobre 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023, e – 30 per cento rispetto allo stesso periodo 2022». I dati riportati sono corretti.

La questione però merita un approfondimento ulteriore: il problema dei flussi irregolari non riguarda solo l’Italia, ma l’Unione europea nel suo complesso; Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen più volte si sono riunite per discutere delle politiche migratorie e di come trovare intese con i paesi africani da cui partono gli scafi. A questo punto, se ampliamo l’analisi al contesto europeo, è bene notare, come riporta Frontex, che per una diminuzione dei flussi migratori nel Mediterraneo centrale e sulla rotta balcanica (che interessano l’Italia) c’è stato un aumento degli sbarchi nel Mediterraneo orientale (Grecia, +57 per cento tra il 1° gennaio e il 31 luglio rispetto allo stesso periodo del 2023) e occidentale (Spagna + 153 per cento). Quindi, l’Italia sicuramente ha visto diminuire gli sbarchi clandestini, che però si sono solo diretti verso altre coste, cosicché il problema appare tutt’altro che risolto.

Italia prima per raggiungimento degli obiettivi Pnrr

Il documento mette in evidenza un altro dato di cui negli anni si è parlato moltissimo: quello delle risorse ricevute dall’Europa attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il governo afferma che l’Italia, con 113,5 miliardi di euro ricevuti finora, è prima in Europa per obiettivi raggiunti e per stato di avanzamento. Tuttavia, l’affermazione è fuorviante: l’Italia è sì la prima per numero di obiettivi raggiunti, ma in termini assoluti e non in termini percentuali. In altre parole, anche se l’Italia ha raggiunto il maggior numero complessivo di traguardi e obiettivi, ciò dipende dal fatto che ne ha negoziati un numero più elevato rispetto ad altri paesi. Poiché ogni stato ha un numero diverso di obiettivi (milestones e target) stabiliti, è più corretto valutare la percentuale di quelli effettivamente raggiunti in rapporto agli obiettivi totali di ciascun paese, anziché considerare i numeri assoluti. Se procediamo così, l’Italia si classifica al terzo posto per percentuale di obiettivi raggiunti, superata da Francia e Danimarca.

In più, gran parte degli obiettivi raggiunti finora riguarda bandi, approvazioni e stanziamenti, dunque poco di effettivamente concreto: gran parte dei progetti è previsto nel biennio 2025-2026, quando si capirà effettivamente la capacità di realizzazione del Piano.

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Più risorse per la sanità

Spostiamo ora l’attenzione su un altro tema molto discusso: i numeri della spesa sanitaria pubblica. Secondo il documento, siamo di fronte a stanziamenti «record» per il Fondo sanitario nazionale, cioè quel fondo tramite cui lo stato finanzia il servizio sanitario: vale 128,9 miliardi nel 2023, in termini nominali, previsto in crescita anche per il 2024 e il 2025. Nel Documento programmatico di bilancio, inoltre, il governo prevede una spesa sanitaria complessiva al 6,3 per cento del Pil sia nel 2024 che nel 2025, un livello abbastanza in linea coi dati di prima della pandemia, se non più basso: dunque non è un record.

«Un fisco equo ed efficiente»

Nel report viene specificato come il livello di entrate tributarie nel periodo tra gennaio e agosto 2024 sia aumentato di 36,6 miliardi di euro, corrispondente a un +10,6 per cento. Tuttavia, i dati non coincidono con quelli indicati nel comunicato del ministero dell’Economia e delle Finanze di agosto 2024: lì si riporta in maniera chiara che le entrate tributarie sono aumentate di 25,5 miliardi di euro – e non di 36,6 miliardi – rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, che corrisponde a un tasso del 6,9 per cento e non del 10,6 per cento rispetto al dato precedente del 2023. 

Una variazione del 10,6 per cento compare nel report del Mef di febbraio 2024, relativo al periodo gennaio-febbraio, ma non coincide con il lasso temporale che viene riportato nel comunicato del governo. È però generalmente vero che negli ultimi anni le entrate sono state molto migliori del previsto: anche in questo caso però c’entra il buon andamento dell’economia (come per esempio, l’effetto generato dal fiscal drag).

Un altro punto non pienamente corretto riguarda l’abolizione del redditometro, lo strumento di accertamento del reddito che consente al fisco la determinazione indiretta del reddito complessivo del contribuente, basandosi sulla sua capacità di spesa. All’atto pratico, lo si utilizza per valutare la congruità tra il reddito dichiarato dai contribuenti e il loro tenore di vita. La frase inserita nel comunicato del governo è ambigua, in quanto lascia intendere che con un decreto ministeriale lo strumento del redditometro sia stato abolito, quando in realtà non è così. Con un atto del 23 maggio 2024, il Mef ha rinviato l’entrata in vigore di un nuovo decreto (emanato il 7 maggio 2024), con il quale il governo avrebbe introdotto nuove leggi per poter applicare nuovamente il redditometro. Il decreto che introduce di fatto il redditometro risale al 1973, ed è stato poi modificato nel 2010 (anno in cui tutti e tre i partiti che compongono l’attuale maggioranza facevano parte della coalizione del governo Berlusconi IV).

Nel complesso, quindi, ciò che si può affermare è che molti dei dati riportati dal comunicato in occasione dei due anni di governo non sono sbagliati di per sé, ma sono spesso non contestualizzati e dunque fuorvianti.

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  1. Savino

    E’ stata segnata la scomparsa della destra sociale appannaggio di una visione trumpiana/orbaniana delle cose su economia e legislazione. Le toppe poste dopo le varie gaffes fatte sono state peggio dei buchi.

  2. Enrico

    Mi sembra una lettura fin troppo benevola delle slides governative. Sul mercato del lavoro si omette di ricordare che sono aumentati gli occupati (ovvero quelli che lavorano almeno un’ora a settimana!) ma sono diminuite le ore lavorate (lavorare tutti lavorare meno?). Inoltre l’aumento dell’occupazione (soprattutto a tempo indeterminato) è concentrata tra i lavoratori anziani, trattenuti (involontariamente) sul lavoro dalla stretta sulle pensioni. Tra i giovani le cose vanno molto peggio. Sulla crescita, l’Istat ha dovuto riconoscere che stiamo ancora beneficiando del “trascinamento statistico” dell’edilizia, legato al vituperato superbonus. Sull’inflazione si trascura che diminuisce soprattutto per il confronto statistico con un periodo di forti rialzi e che il calo segnala anche la debolezza della domanda. Sul PNRR non ci si chiede come mai i 113 mld. di fondi ricevuti non si sono tradotti in una corrispondente crescita del PIL (se non altro per motivi contabili). La risposta è nei report della Corte dei Conti, che documentano un uso effettivo marginale di questi fondi (20-30%). Sulle entrate fiscali e l’evasione parlano i rapporti del MEF, che mostrano il ruolo delle entrate straordinarie (per condoni, inflazione, ecc ) e un aumento dell’economia sommersa. Sulla riduzione della povertà (non trattata nell’articolo) siamo invece alla pura falsificazione, perché i dati disponibili si riferiscono al 2022, ovvero all’ ultimo anno del RdC.

  3. Federico

    Mi complimento per lo sforzo e l’accuratezza degli autori, ma credo che il loro approccio verso questo opuscolo del governo sia sbagliato. Non stiamo parlando di un documento ufficiale, che deve essere sufficientemente realistico per passare al vaglio di analisti italiani e internazionali, ma di un semplice spot pubblicitario rivolto ai cittadini comuni. Come tutti gli spot, usa elementi reali (come le doti di qualche top model) per esagerare la bontà di un prodotto ossia, in ultima analisi, per mentire. Quindi ha senso occuparsi dell’efficacia e dell’estetica di questo spot governativo, ma non della sua aderenza con la realtà. Sarebbe come giudicare la pubblicità di una merendina in base alle sue (pessime) caratteristiche nutrizionali ed organolettiche.

  4. Alessandro

    I dati Istat 2023/2022 ci dicono:

    OCCUPAZIONE: + 2,3%
    ORE LAVORATE: + 2,4%
    REDDITI DA LAVORO: – 0,8%

    Lavoratori e lavoratrici quindi:
    LAVORAN IN PIÙ
    LAVORAN DI PIÙ
    GUADAGNAN DI MENO

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