L’intelligenza artificiale potrebbe dare un supporto gratuito di base a molti utenti dei servizi per il lavoro. Si potrebbero così liberare risorse da reinvestire in interventi per promuovere la mobilità professionale e occupazionale dei lavoratori più deboli.
L’IA per i servizi per l’impiego
La crescente diffusione delle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale determina una profonda trasformazione in molti ambiti lavorativi, inclusa l’erogazione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive. I siti di IA sono caratterizzati dalla capacità di fornire risposte personalizzate alle domande degli utilizzatori, quali ad esempio “Quali professioni potrei svolgere sulla base del mio CV?”, “Quanto sono occupabile per questo annuncio specifico?”, “Quali corsi potrebbero migliorare la mia occupabilità?”. Tra l’altro, come rilevano anche alcuni studi, le risposte hanno un livello di empatia percepita pari o superiore a quello degli operatori in carne e ossa. Questo permette alle persone in grado di utilizzare i siti di IA di usufruire direttamente di un servizio di orientamento on line che sembra portare a una riduzione della centralità di quelli erogati da soggetti pubblici o convenzionati.
Le esperienze in Europa
Negli ultimi anni, i servizi pubblici per l’impiego (Pes) europei hanno iniziato a esplorare con maggiore intensità le potenzialità dell’intelligenza artificiale, passando da progetti pilota all’integrazione operativa. Sebbene la maggior parte sia ancora nelle fasi iniziali, Francia, Svezia e Vallonia belga hanno un’esperienza pluriennale e numerosi esempi di buone pratiche.
Le applicazioni più diffuse, adottate da un ampio numero di Pes, riguardano la “profilazione” dei disoccupati o delle offerte di lavoro. Questi strumenti, spesso utilizzati come raccomandazioni per gli operatori, sono i più studiati perché relativamente semplici da realizzare (richiedono set di dati ridotti). Proprio per questo, la profilazione è spesso il primo ambito in cui i Pes sperimentano l’IA, anche perché consente di generare risultati misurabili.
Le applicazioni per l’orientamento professionale sono le seconde per diffusione, anche se sviluppate da un numero più ristretto di Pes. Due motivi ne spiegano la centralità. Primo, l’evoluzione del ruolo dei Pes, che si trasformano da semplici mediatori del mercato del lavoro a consulenti di carriera. Secondo, la relativa semplicità di implementazione, poiché non richiedono l’uso di dati personali identificabili, riducendo così i rischi organizzativi.
Le applicazioni di matching, pur essendo centrali per i processi dei Pes, sono meno comuni. La loro limitata diffusione riflette le elevate complessità tecniche, etiche e normative associate: dalla protezione dei dati alla necessità di modelli sofisticati. Alcuni Pes, tuttavia, si stanno concentrando proprio sul miglioramento del matching, offrendo anche servizi correlati.
In generale, per il momento, i Pes europei vedono l’IA come uno strumento di supporto, non come un sostituto del personale. Le tecnologie vengono impiegate per assistere l’attività del case manager, fornendo input utili al processo decisionale. L’obiettivo in futuro è quello di liberare risorse umane da compiti standardizzati, permettendo loro di seguire casi più complessi, come lavoratori a rischio di espulsione dal mercato del lavoro o persone difficili da raggiungere.
Dal personale agli utenti
Attualmente le applicazioni di IA sono destinate al personale, più che agli utenti finali. Tuttavia, molti Pes investono anche in soluzioni digitali self-service, con l’idea che l’IA possa migliorarle sensibilmente.
Il coinvolgimento diretto degli utenti finali nello sviluppo delle applicazioni è ancora limitato in tutta Europa, ad eccezione dei Pes svedesi (Arbetsförmedlingen), che conducono ormai da anni studi pilota per testare l’impatto dei modelli di IA nell’attività di ricerca del lavoro da parte degli utenti. I dati raccolti, sia generali (soddisfazione degli utenti) sia specifici (uso delle funzionalità), vengono utilizzati per perfezionare i servizi. Le valutazioni non evidenziano particolari criticità legate all’accesso ai dispositivi digitali da parte degli utenti.
In conclusione, l’evoluzione dell’intelligenza artificiale nei Pes è rapida. Il materiale analizzato risale al 2024, ma già a metà 2025 si registrano cambiamenti significativi, con uno sviluppo delle potenzialità dell’IA ben più avanzato rispetto a quanto era possibile rilevare al momento della raccolta dei dati.
Come riorganizzare il servizio di orientamento
Per quanto riguarda l’Italia, ad eccezione di casi sporadici, i servizi di orientamento offerti dai centri per l’impiego si basano quasi esclusivamente sul lavoro degli operatori, che svolgono prevalentemente colloqui individuali con gli utenti. Nel quadro del programma Gol – Garanzia di occupabilità dei lavoratori, adottato a livello nazionale, il percorso di presa in carico prevede che l’utente si rechi fisicamente presso il Cpi per sostenere un lungo colloquio finalizzato alla raccolta di informazioni sulla sua situazione personale e professionale. I dati raccolti vengono elaborati da un software che assegna l’utente a uno dei quattro cluster, in base al suo livello di occupabilità. Sulla base del cluster assegnato, utente e operatore concordano un piano d’azione che può prevedere colloqui di orientamento, formazione o tirocini.
L’intelligenza artificiale potrebbe essere utilizzata per svolgere in autonomia tutto il processo, dall’intervista di profilazione alla stesura del piano d’azione. In pratica, gli utenti sufficientemente informatizzati potrebbero inserire autonomamente i propri dati di profilazione su una pagina del sito del Cpi interagendo con un chatbot di IA e poi, sempre grazie all’interazione con il chatbot, arrivare alla stesura del proprio piano d’azione. I chatbot sono software progettati per eseguire automaticamente attività specifiche attraverso siti o piattaforme di intelligenza artificiale (un esempio concreto è qui).
La programmazione dei bot avviene in linguaggio naturale, rendendo la configurazione semplice e accessibile. Nel caso del Cpi, il bot sarebbe programmato da personale del ministero del Lavoro. Uno dei vantaggi di un chatbot proprietario del Cpi è la possibilità di personalizzarne il comportamento, decidendo la successione delle domande da svolgere, il funzionamento dell’algoritmo per l’individuazione dei cluster, le modalità di messa a punto del piano d’azione, eventuali messaggi da trasmettere all’utente. Ad esempio, al termine della stesura del piano d’azione potrebbe comparire il messaggio: “Adesso tramite questo link prendi un appuntamento con un operatore per la validazione del piano d’azione”.
I dati raccolti verrebbero archiviati direttamente sui server del Cpi tramite un’Api (Application Programming Interface) sviluppata ad hoc. Le Api sono strumenti software che consentono lo scambio di dati tra sistemi diversi, garantendo l’integrazione tra il sito IA e l’infrastruttura informatica del Cpi.
In questa nuova architettura, l’interazione con il bot del Cpi dovrebbe rappresentare la modalità standard per accedere ai servizi di orientamento. Il contatto diretto con un operatore dovrebbe essere riservato agli utenti che, per necessità personali o difficoltà nell’utilizzo degli strumenti digitali, preferiscano o abbiano bisogno di un supporto umano.
Arriva “l’assistente personale per il lavoro”
Per la prima volta nella storia delle politiche del lavoro in Italia, l’attore pubblico (il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali) si muove in anticipo, riconoscendo l’importanza dell’intelligenza artificiale nel settore. Il 12 maggio 2025, il ministero ha presentato alle regioni il progetto AppLI (“Assistente personale per il lavoro in Italia”), un coach virtuale pensato per l’attivazione e l’orientamento di base degli utenti. Dopo una prima fase di sperimentazione condotta con sei realtà regionali, AppLI sarà testata su larga scala e, sulla base dei risultati, il sistema verrà migliorato, così da adattarsi ai servizi e ai bisogni specifici degli utenti.
Il ruolo del settore pubblico nella gestione delle politiche attive del lavoro è imprescindibile, in particolare per assicurare trasparenza e prevenire comportamenti opportunistici da parte degli attori coinvolti. Se in passato le criticità riguardavano principalmente operatori o agenzie private, oggi le sfide sono legate alle piattaforme digitali e all’intelligenza artificiale, che potrebbero influenzare l’accesso alle opportunità lavorative in base alla capacità di spesa degli utenti o attraverso meccanismi di promozione a pagamento di determinati percorsi formativi o datori di lavoro, dinamiche analoghe a quelle già in atto nei motori di ricerca o nelle piattaforme commerciali online.
Più spesa per la mobilità occupazionale
In linea con quanto auspicato da molti servizi pubblici per l’impiego europei, lo sviluppo di una piattaforma pubblica di innovazione tecnologica potrebbe consentire di indirizzare meglio le risorse verso i gruppi più vulnerabili. In particolare, se il numero fosse più limitato rispetto a quello attuale, persone prese in carico dal programma Gol potrebbero beneficiare di maggiori risorse.
Il Programma Gol ha infatti messo in evidenza una criticità rilevante: molti soggetti svantaggiati incontrano difficoltà nell’accesso a servizi essenziali, come soluzioni abitative, soprattutto perché non possono spostarsi facilmente. Le risorse disponibili attualmente sono insufficienti per rispondere anche a questo tipo di esigenze.
Se l’intelligenza artificiale potesse offrire un supporto gratuito per una parte di questi utenti, si potrebbero liberare risorse da reinvestire non solo in formazione, orientamento e accompagnamento al lavoro, ma anche in interventi più strutturati per promuovere la mobilità professionale e occupazionale.
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bob
se non si prosciuga il “pantano della inutile burocrazia” qualsiasi opportunità in questo Paese diventa inutile.
Un Paese che ha bisogno come il pane di progetti va avanti per ripicche e rattoppi con la complicità anche della classe imprenditoriale