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Piccoli segnali positivi dagli investimenti pubblici

Dopo un decennio di gravi difficoltà, nel 2019 gli investimenti pubblici sembrano registrare un aumento. La possibile ripresa si deve alle riforme degli ultimi anni su normativa di bilancio degli enti locali e disciplina dei contratti pubblici.

Il superamento del Patto di stabilità interno

Anche nel corso del 2019 gli investimenti pubblici sono stati al centro del dibatto economico e politico. I segnali di ripresa sono molto importanti in questa fase, perché fanno seguito a un periodo di aspettative costantemente disilluse (vedi lavoce.info qui, qui, qui e qui).

Sulla base dei dati provvisori della spesa in conto capitale del 2019 e a partire dai lavori pubblici avviati già nel 2018, che si tramuteranno in spesa nei periodi successivi, è possibile ricostruire lo scenario per l’intero anno. La proiezione indica una crescita del 20 per cento dei pagamenti per opere pubbliche dei comuni. Fa ben sperare, per altro, la coerenza tra due fonti di natura diversa (la cassa dei comuni e l’avvio di procedure di lavori pubblici), oltre alla diffusione del buon andamento tra aree del paese e tra tipologie di enti.

La misura per il 2019 dalla quale ci si aspettava di più per la ripresa degli investimenti riguardava l’utilizzo dell’avanzo. L’importanza della sentenza della Corte costituzionale (n. 247 del 2017) – che riporta nella disponibilità degli enti l’avanzo accumulato negli anni del Patto di stabilità interno va, però, ben oltre l’aspetto finanziario. Non solo rende immediatamente disponibili spazi finanziari per la grande maggioranza degli enti (Ufficio parlamentare di bilancio, “Gli avanzi spendibili degli enti territoriali a seguito delle nuove regole sul pareggio”, Focus tematico n. 3, 8 aprile 2019), ma soprattutto riporta nelle loro mani la gestione pluriennale della spesa, consentendo una più libera distribuzione delle loro risorse. La difficoltà di disporre delle risorse non utilizzate in un anno, rimandandole a quello successivo (avanzo), spingeva infatti l’ente a rinunciare ad avviare del tutto le attività in caso di incertezza sui tempi della spesa. Il passaggio segna il superamento del sistema di regole introdotto con il Patto di stabilità interno, che troverà definitiva conferma nella legge di bilancio 2019.

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Riforma del codice dei contratti e “sblocca cantieri”

Nel 2016 viene varato il nuovo codice dei contratti (decreto legge 50/2016): è la riforma alla quale vengono attribuite molte responsabilità nella contrazione degli investimenti. Le nuove norme cambiavano in modo sostanziale il sistema di regole preesistente e le consuetudini delle stazioni appaltanti e già dopo un solo anno è stata necessaria una misura correttiva per allentarne la portata (Dlgs 56/2017). Nel giugno 2019 arriva un ulteriore intervento normativo, lo “sblocca cantieri” (Dl 32/2019 e legge 55/2019), che modifica di nuovo il quadro delle regole. Dal punto di vista dei principi, il sistema della soft law viene sostituito dal più tradizionale regolamento unico attuativo. Dal punto di vista delle finalità, mentre il codice dei contratti si ispirava a obiettivi di qualificazione del mercato delle opere pubbliche, anche a costo di irrigidire le procedure, lo “sblocca cantieri” punta alla semplificazione, anche a costo di rinunciare ad alcuni aspetti importanti della precedente riforma.

Il grande limite della prima riforma è stata una eccessiva radicalità, mirata a modificare le attitudini delle stazioni appaltanti. Il rischio della seconda è di introdurre una ulteriore discontinuità in un settore che ha come esigenza prioritaria la stabilità normativa e politica.

Nodi irrisolti

Sul futuro dei lavori pubblici pesano ancora alcuni nodi irrisolti. In primo luogo, sul piano delle risorse finanziarie è bene ricordarsi che dopo il superamento del Patto di stabilità interno sono sì cresciuti sia la disponibilità di risorse sia gli spazi finanziari, ma senza necessariamente tramutarsi in investimenti. Sulla capacità di utilizzo delle risorse ha pesato – e pesa tuttora – la scarsa considerazione riconosciuta all’accumulazione di capitale umano all’interno della pubblica amministrazione.

In secondo luogo, le regole fiscali e contabili non si coniugano bene con la natura della spesa per investimenti costellata da varianti, ribassi, ricontrattazioni. Il ripensamento sul codice dei contratti, infine, pur condivisibile per molti aspetti, introduce una ulteriore discontinuità normativa, aggravata dalla provvisorietà di alcune previsioni. Nello stesso tempo rinuncia ad affrontare temi importanti, quali le competenze degli uffici tecnici, le capacità progettuali degli enti e il sistema di qualificazione delle imprese: sono tutti aspetti di fondamentale importanza per migliorare in modo strutturale le opere pubbliche del nostro paese.

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  1. Alice Crosilla

    Errata corrige: Nel 2016 viene varato il nuovo codice dei contratti (Decreto Legislativo n. 50/2016)

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