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Mes sì o Mes no?*

Conviene o no all’Italia richiedere i prestiti fino a 36 miliardi al Meccanismo europeo di stabilità? La Troika non c’è. Si risparmia qualcosa in interessi e si rende più facile l’avvio delle Omt. Ma sono soldi vincolati ai costi diretti e indiretti della pandemia. Il vero punto è come spenderli bene.

La Troika non arriva

Il documento approvato dall’Eurogruppo venerdì 8 maggio ha fugato gli ultimi dubbi residui sul finanziamento e le condizioni relative alla nuova linea di credito precauzionale (Pandemic Crisis Support) resa disponibile dal Meccanismo europeo di stabilità, allo scopo di finanziare le spese “dirette e indirette” indotte dalla emergenza sanitaria.

L’accordo politico era già stato raggiunto in precedenza, ma il problema era trovare il modo di smantellare i vari meccanismi legali – presenti non solo nel trattato istitutivo del Mes, ma anche in altri documenti a esso collegati (come per esempio il cosiddetto “two pack”) – che avrebbero potuto mettere in discussione la decisione di limitare la condizionalità esclusivamente alla destinazione delle spese finanziabili con il prestito. Il risultato, raggiunto tramite una mediazione dei commissari Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis e accettata da tutti i paesi, pare soddisfacente su questo fronte. La Commissione ha già dichiarato che il debito di tutti i paesi è sostenibile (passaggio legalmente necessario per accedere ai fondi Mes), ha reso uniforme l’accesso ai fondi per tutti i paesi che lo chiedono, sulla base di un comune template – un modulo con le voci di spesa ammissibili – (dunque senza necessità di una discussione bilaterale per ottenere il prestito) e l’accordo prevede che la sorveglianza da parte della Commissione su come i soldi verranno spesi sarà “commisurata e proporzionata” all’entità dello shock pandemico e basata su report semplificati. Definitivamente, dunque, non c’è nessuna Troika e nessuna necessità di mettere in piedi un piano di aggiustamento macroeconomico in cambio del prestito.  

In soldoni, ciascun paese dell’Eurozona potrà ottenere dal Mes un prestito fino al 2 per cento del proprio Pil (circa 36 miliardi per l’Italia), di durata decennale, a fronte di un piano dettagliato (Pandemic Response Plan) delle misure che intende finanziare con questo prestito. La nuova linea di credito dovrebbe essere disponibile già a partire dal 1° giugno 2020 e sarà accessibile fino a tutto il 2022, benché sia già previsto che – se necessario – la data finale potrà essere spostata ulteriormente in avanti. Il tasso di interesse del prestito sarà molto basso, sicuramente inferiore allo 0,5 per cento, limitandosi a rimborsare le spese sostenute dal Mes per accendere il prestito sui mercati internazionali.

Ci conviene?

Lasciando perdere il dibattito ideologico sul tema, su cui la nostra classe politica ha dato e continua a dare il peggio di sé, all’Italia conviene o no richiedere questo prestito? La cosa è un po’ più complessa di quanto raccontato sui giornali.

Se si confrontano i tassi che attualmente paghiamo sui titoli pubblici emessi a 10 anni (vicino al 2 per cento) e il tasso richiesto dal prestito Mes, la risposta è ovviamente positiva. Se prendessimo a prestito tutti i 36 miliardi disponibili, risparmieremmo tra i 500-700 milioni all’anno di interessi, 5-7 miliardi in 10 anni. Nulla di stratosferico, ma neanche potenziali risparmi che possiamo permetterci di buttare dalla finestra a cuor leggero. Questo semplice calcolo, però, non tiene conto del fatto che i prestiti Mes sono senior rispetto al debito nazionale. Vuol dire che accedendovi, il debito nazionale diventerebbe marginalmente più rischioso, in una misura commisurata all’ammontare richiesto al Mes, e ciò potrebbe spingere gli investitori a chiedere tassi più alti sulle emissioni di debito nazionale. Siridurrebbe così il vantaggio in termini di interessi.

Tuttavia, c’è anche un altro effetto da considerare, che spinge esattamente nella direzione opposta. Benché la decisione finale rimanga comunque nella piena discrezionalità della Banca centrale europea, l’accesso al Mes è condizione necessaria perché la banca centrale possa attivare le Outright Monetary Transactions (Omt), cioè l’acquisto illimitato di titoli pubblici di un paese, varato da Mario Draghi nel 2012 (e mai usato) per contrastare gli attacchi speculativi sui titoli pubblici emessi dagli stati deboli dell’euro. La sola possibilità che questo possa accadere dovrebbe scoraggiare spinte speculative sul nostro debito, consentendoci di mantenere sotto controllo l’evoluzione dello spread. Tra l’altro, le Omt, a differenza del Pspp (Public Sector Purchase Program), non sono entrate nel mirino della recente sentenza della Corte costituzionale tedescarendendole dunque uno strumento pienamente utilizzabile, senza incertezze, dalla Bce. Anche il rischio dello “stigma” paventato da alcuni (il segnale negativo dato ai mercati sulla sostenibilità del nostro debito per la semplice ragione di aver deciso di accedere a un prestito internazionale) dovrebbe essere molto contenuto, visto che molti altri paesi euro (inclusi probabilmente Francia e Spagna) lo richiederanno senza problemi.  

Il complesso di questi argomenti farebbe propendere per una risposta positiva alla domanda se ci conviene o no sul piano finanziario richiedere il prestito al Mes, anche se senza dubbio sarebbe stato meglio per l’Italia poter contare su una maturità molto più lunga, visto che la nostra difficoltà non sta nell’emettere titoli a breve, ma a lungo periodo e a tassi ragionevoli. Sulla tempistica, cioè su quando accedere al prestito, la risposta è più complessa e dipende tra l’altro dall’evoluzione delle condizioni di finanza pubblica.

Ma per far che cosa?

Chiariti questi aspetti, resta il problema che comunque questi soldi possono essere spesi solo per finanziare i costi sanitari diretti e indiretti legati all’emergenza del Covid-19. Non è ancora del tutto chiaro cosa significhi, soprattutto per la parte relativa ai costi “indiretti” (per esempio, possono rientrarci anche i sussidi pagati a cittadini e imprese per rimborsarli dei costi imposti dal lockdown?). Verrà probabilmente chiarito nei documenti applicativi che dovranno essere approvati in seguito. Certo, se fossero davvero solo limitati alla sanità, non avrebbe senso spendere altri 36 miliardi in questo campo, quando l’intero fondo nazionale non raggiunge i 120. Comunque, invece di dilaniarsi sul se o no prendere i soldi, sarebbe bene che la politica cominciasse a domandarsi per farne che cosa, cioè quali iniziative finanziare con queste risorse nel caso si decidesse di accedervi.

* Massimo Bordignon è membro dell’European Fiscal Board. Le opinioni riportate in questo articolo sono del solo autore e non coinvolgono l’istituzione di appartenenza.

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18 commenti

  1. bob

    “attualmente paghiamo sui titoli pubblici emessi a 10 anni (vicino al 2 per cento)” Io credo che se si andasse a vedere chi acquista questi titoli pubblici si potrebbero capire molte cose di questo Paese. L’ Italia di ” Franza o Spagna purchè se magna” non credo sia cambiata molto, anzi……

    • Paolo Sbattella

      Sono contrario al Mes sinteticamente e senza volermi dilungare perche’ puo’ rappresentare un vincolo. Per finanziare le spese sanitarie dirette ed indirette a causa dell’emergenza pandemica, prima occorre quantificare e poi si puo’ ricorrere all’emissione di titoli del debito pubblico a lunga scadenza come e’ stato sostenuto autorevolmente. Il tutto in un contesto di controllo della finanza pubblica e di una pianificazione negli anni a venire della tendenziale riduzione del debito pubblico. Non e’ un’ utopia: occorre la volonta’ politica di attuarla con appropriati strumenti di politica economica, finanziaria e fiscale. Appunto, cio’ che e’ mancata.

  2. Rino

    Ma non è obbligatorio prendere il massimo consentito, se si elabora un piano di interventi sanitari che porti a 25 miliardi che problema rimane. Di questo bisognerebbe iniziare a discutere al posto di posizioni di principio demenziali e dannose.

  3. Ale

    L interesse da pagare per il prestito dal MES a quanto ammonta?

  4. Henri Schmit

    “Il vero punto è come spenderli bene.” Applaudo. Anche all’articolo del 5 maggio con Gilberto Turati su welforum.it “Non dove li troviamo ma come li spendiamo”.

  5. Mauro M.

    Spenderli bene.La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.Tagliare la corda a tutta velocità.

  6. Paolo Palazzi

    Rimango attive le clausole (salvo 2) del Post-programme surveillance in particolare: “3.The Commission shall conduct, in liaison with the ECB, regular review missions in the Member State under post-programme surveillance to assess its economic, fiscal and financial situation. Every six months, it shall communicate its assessment to the competent committee of the European Parliament, to the EFC and to the parliament of the Member State concerned and shall assess, in particular, whether corrective measures are needed.”

  7. Luigi Ruscello

    Su quali basi afferma che “La Troika non arriva”?
    Al di là di taluni riferimenti, non certo univoci, contenuti nel documento approvato, ha tenuto conto di quanto si legge al punto 1) della lettera inviata da Dombrovskis e Gentiloni a Centeno, Presidente dell’Eurogruppo?
    Il testo è il seguente:
    «1. The Commission will focus its monitoring and the reporting requirements on the actual use of the Pandemie Crisis Support funds to cover direct and indirect healthcare costs, reflecting the only conditionality attached to the credit line. As a consequence, the quarterly fiscal reporting required under Article 3(2) of the Enhanced Surveillance Regulation will focus on the use of the funds to cover direct and indirect healthcare costs. For reasons of legal certainty, the Commission will amend Commission Delegated Regulation (EU) No 877/2013 accordingly.»
    Da quello che comprendo, finché la Commissione non provvederà a modificare il regolamento 877/2013 le famose “condizionalità” rafforzate resteranno in pieno vigore.
    Le sarei estremamente grato se esprimesse il suo parere.

    • Pietro Manzini

      Posso risponderle io. La lettera dovrebbe essere letta fino in fondo. Lei menziona solo il punto n. 1, ma ce ne sono altri 7. In questi punti i due commissari si imegnano a derogare a quasi tutte le condizioni della ‘sorveglianza rafforzata’ e post-programma stabiliti dal regolamento n. 472/2013, che è quello applicativo del MES (il regolamento n. 877/2013 è solo di esecuzione). Questo è il quadro giuridico oggettivo e completo. Il resto sono pregiudizi politici, contro i quali nenache le bibliche 12 tavole servono….

      • Luigi Ruscello

        Per quello che può contare (nulla) non concordo, ma la ringrazio vivamente per l’attenzione mostrata.

  8. Henri Schmit

    Qualcuno mi sa dire quale sarebbe il vantaggio di un’assenza di condizioni? Non sarebbe preferibile convenire dal principio (se non dalla partecipazione all’euro-sistema … quantomeno da ora in avanti) delle condizioni ragionevoli che colui che negli anni a venire deciderà della spesa dovrà rispettare? Che cosa guadagna il paese (gli Italiani, coloro che pagano le tasse, coloro che hanno o cercano un lavoro, coloro che sono imprenditori) se oggi ottiene un credito per 36 miliardi che il prossimo governo (quale?) spenderà come meglio crederà? Da contribuente (senza diritto di voto) e padre di due figlie ventenne preferisco delle condizioni, un monitoraggio stretto e un coordinamento (condiviso, la voce dell’Italia pesa!) della politica fiscale e della spesa (fungibile!) in seno all’euro-gruppo.

    • Alessandro D'Angelo

      Troppa lungimiranza in questo commento. Qui privilegiamo sovvenzioni in assenza di controllo: vogliamo la botta piena e la moglie ubriaca.

    • Alfonso di Trastamara

      La conservazione dello status quo.

    • Simone

      sono d’accordo, abbiamo purtroppo bisogno dei “condizionamenti” almeno fino a che non avremo una classe dirigente illuminata e responsabile che – come tanti hanno detto ma pochi erano davvero credibili nel dirlo – guardi alle generazioni future e non all’immediato tornaconto elettorale.La stessa Corte costituzionale – con la sentenza n. 18/2019 – ha evidenziato , tra gli altri, il profilo di incompatibilità con la carta costituzionale della violazione dell’equità intergenerazionale che “grava sulle opportunità di crescita delle generazioni future sottraendo a queste ultime le risorse necessarie per un equilibrato sviluppo”. Visto che non abbiamo saputo cogliere a suo tempo l’opportunità della moneta unica è questa, forse, l’ultima occasione per provare a riformare il “sistema Italia” in tutte le sue declinazioni dove tutti , ma proprio tutti, dovranno fare la loro parte. Insomma , prendiamoci questo MES avendo ben chiaro però cosa fare e con la consapevolezza che costerà a chi verrà dopo di noi.

  9. Arduino Coltai

    Fatta salva l’assenza di condizioni (sulla quale mi pare che non tutti siano d’accordo) ed ammesso e non concesso che, vista la consistenza della nostra classe politica, questa assenza di condizioni costituisca davvero un vantaggio (e qui mi riallaccio a qualche commento qui sotto), il problema fondamentale è: come li spendiamo? Un ammontare di liquidità pari a quello al quale potremmo attingere infatti consentirebbe di rivoltare il sistema sanitario come un calzino. Per non sprecare l’opportunità (sono soldi che comunque dovremo restituire) occorrerebbe un piano organico. Chi lo redige? E ancora: prima di pensare ad una riforma del sistema sanitario, non bisognerebbe decidere se è opportuno mantenere la regionalizzazione dello stesso (con il caos del conflitto di poteri al quale stiamo assistendo quotidianamente) oppure tornare ad un sistema sanitario nazionale? Attenzione che il problema principale non è quasi mai trovare i soldi, ma essere in grado di spenderli in maniera costruttiva ed efficiente per il paese.

  10. Gilles Deleuze

    Non abbiamo motivo di credere che OMT verrebbero concesse senza condizioni aggiuntive.
    “Tra l’altro, le Omt, a differenza del Pspp (…), non sono entrate nel mirino della recente sentenza della Corte costituzionale tedesca”: ma non sono state criticate proprio perché le OMT richiedono condizioni specifiche e stringenti.
    La sentenza citata chiarisce infatti che PSPP e OMT hanno conseguenze simili ma lo dice solo per proporre di estendere le condizionalità che contraddistinguono OMT anche al PSPP (ritenuto non proporzionale anche e proprio per l’assenza di “requirements”).
    Insomma, credo che sia completamente errato sostenere che la sentenza tedesca (come anche il comunicato dell’Eurogruppo) “apra” a delle OMT senza condizioni aggiuntive, ossia a condizioni vigenti (esclusivamente sanitarie).
    [Qui la parte citata (non le chiamano condizioni ma “requirements”): “longer programme duration gives rise to stricter requirements as to the necessary balancing of interests. (…) the PSPP could have the same effects as financial assistance instruments pursuant to Art. 12 et seq. ESM Treaty.”

  11. Henri Schmit

    Per comprendere meglio (almeno la mia posizione, isolata in Italia) mi permetto di suggerire la lettura dei miei commenti critici più articolati sotto articoli di costituzionalisti e altri giuristi sul forum LaCostituzione.info.

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