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Recovery Fund: imparare dai fondi strutturali

L’esperienza con i Fondi strutturali europei può aiutarci a utilizzare nel modo migliore le risorse del Recovery Fund. Per garantire la crescita, gli investimenti dovranno tener conto di complementarietà, sistematicità, addizionalità e radicamento.

L’occasione per investimenti produttivi

Non si conoscono ancora i dettagli su quale sarà il funzionamento del Recovery Fund e quali saranno di preciso le condizioni per i progetti, ma e già possibile – e utile – riflettere e dare delle indicazioni sul suo uso, partendo dal fatto che esistono da decenni dei fondi che arrivano dall’Europa, finalizzati principalmente alla crescita di aree in difficoltà economica. Si tratta dei Fondi strutturali e di investimento europei, in passato noti semplicemente come Fondi strutturali.

La lunga esperienza con i Fondi strutturali ci fornisce una serie di lezioni che sarà utile tenere in considerazione nel momento in cui si dovrà decidere come utilizzare nel modo migliore il Recovery Fund. In particolare, il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fesr) esiste dal 1975 (anche se i meccanismi sono profondamente cambiati nel 1989), il Fondo sociale europeo addirittura dal 1957 e il Fondo di coesione, al quale per vari aspetti il Recovery Fund dovrebbe essere più simile, dal 1994.

Se si vuole che l’impatto del Recovery Fund sia duraturo e non limitato agli anni in cui arriveranno i finanziamenti, bisogna innanzitutto considerare i fondi come un’opportunità di investimento, per innescare dinamiche di crescita, delle quali il nostro paese ha in questo momento un bisogno estremo. Negli ultimi venti anni la crescita in Italia è stata bassissima e le due crisi che si sono susseguite hanno azzerato i pochi progressi realizzati. Bisogna quindi evitare di considerare il Recovery Fund come un “regalo” da sparire tra le varie categorie, anche le più colpite dalla crisi, perché la sua durata limitata nel tempo impone di utilizzarlo guardando al lungo periodo.

In passato, alcune spese effettuate con i Fondi strutturali non hanno avuto effetti duraturi proprio perché si sono configurate in modo troppo simile a trasferimenti. Al contrario, le spese di investimento in elementi sia materiali che immateriali, quali ad esempio il capitale umano, hanno avuto in media effetti di più lungo periodo, ragion per cui anche con il Recovery Fund sono da privilegiare le spese per investimenti in risorse territoriali.

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Una volta deciso che i fondi del Recovery Fund saranno dedicati agli investimenti (l’Europa probabilmente “aiuterà” l’Italia, imponendo questo comportamento), ci sono risultati della letteratura sull’uso dei Fondi strutturali che possono guidare le scelte su quelli da effettuare.

Le cinque lezioni dei Fondi europei

Una prima lezione da tenere a mente è quella della complementarità: sono state più efficaci nell’indurre crescita le spese che erano complementari alla struttura economica dei territori. Anche con il Recovery Fund bisognerà privilegiare investimenti in asset complementari a quelli posseduti dall’Italia, invece di inseguire strade completamente nuove, cercando di stravolgere la struttura del paese o sovrainvestendo in risorse che sono già adeguatamente presenti.

C’è poi la lezione della sistematicità. Si è visto come lo sviluppo economico territoriale funziona quando il sistema nel suo complesso è forte e ci sono capacità sufficienti nei vari elementi che si integrano bilanciati tra loro. In questo caso, si tratterà di effettuare interventi sistemici perché, ad esempio, è inutile investire in istruzione se poi non ci sono imprese alla ricerca di quelle competenze e il rischio è quello di ottenere solamente la fuga dei giovani qualificati.

Non va poi dimenticata la questione addizionalità. I Fondi strutturali europei sono sempre stati intesi come aggiuntivi agli investimenti nazionali ma, nei fatti, spesso così non è stato e in parte questo contribuisce a spiegare perché i loro effetti siano stati limitati. Se il Recovery Fund verrà utilizzato per investimenti, ma le quote del bilancio ordinario dello stato destinate a questo fine verranno parallelamente ridotte a favore di spese correnti, non sarà possibile ottenere grandi risultati in termini di crescita.

La lezione del radicamento segnala che sono tanto più efficaci gli interventi a favore delle imprese quanto più tali imprese sono radicate nel sistema produttivo del territorio. Perché le imprese non sono agenti isolati, ma interagiscono con altre imprese, con le università, con le istituzioni, i mercati del lavoro locali e così via. Se i fondi del Recovery Fund saranno utilizzati per sostenere imprese (e tecnologie) che fanno sistema nel nostro paese, otterremo un effetto moltiplicatore in Italia, altrimenti ciò si verificherà altrove e sarà un’opportunità sprecata a vantaggio di altri paesi e sistemi economici.

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Quanto alla questione infrastrutture – che vengono subito menzionate quando si parla di investimenti pubblici – si è visto come solo in certi casi siano riuscite a produrre crescita territoriale. Il problema è che le infrastrutture devono rispondere alle vocazioni produttive dei territori in modo sistemico, altrimenti il rischio è che vengono sottoutilizzate e quindi, di fatto, non servano se non a “fare spesa” nel periodo di costruzione. Con il Recovery Fund, gli investimenti in infrastrutture saranno utili quando risolveranno i vari casi di colli di bottiglia presenti nel paese e quando saranno complementari alle vocazioni produttive delle aree nelle quali verranno costruite.

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Troviamo spazio per la scuola

  1. Savino

    La nazione è da rifare (i prestiti a FCA, ad esempio, sono complementari a far produrre la Punto in Polonia?), bisogna ripartire dai giovani e non dai soliti vecchi volponi (quindi, investire in scuola, università, formazione, ricerca e ringiovanire di mentalità tutto il settore pubblico: sanità, scuola, tribunali, uffici) e la garanzia di mobilità di nuove infrastrutture serve ad assicurare opportunità a gente che nasce in zone interne ed isolate doppiamente svantaggiata.

  2. Henri Schmit

    N tanto serve un piano nazionale di rilancio. Non esiste nemmeno il piano nazionale per le riforme 2020. Intanto darei un’occhiata Plan de relance pubblicato ieri dal governo francese su economie.gouv.fr.

  3. Umberto dassi

    Perfettamente d’accordo.
    Penso sia fondamentale una cosa : il cambio completo della classe dirigente italiana.

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