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Cina, non è tutto oro quel che luccica

Pechino ha subito meno contraccolpi dalla crisi pandemica rispetto al resto del mondo ed è tornata a correre, grazie soprattutto agli stimoli fiscali e alla domanda esterna. Ma preoccupano il calo della produttività e l’invecchiamento della popolazione.

Crescita record?

Dopo una breve pausa nel 2020, la Cina è emersa dalla pandemia con meno contraccolpi economici rispetto al resto del mondo. Come negli anni dal 2009 al 2012, dopo la grande crisi finanziaria, molti sperano che l’economia cinese possa ancora agire come motore della crescita globale. Dall’estate del 2020, i dati economici confermano la posizione della Cina alla guida della ripresa globale post-coronavirus e i dati per il 2021 sembrano confermare queste ipotesi. Nel primo trimestre del 2021 il Pil cinese è cresciuto del 18,3 per cento rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Una cifra record che si spiega con la bassa base di partenza (nel primo trimestre del 2020 la Cina, in piena crisi sanitaria, era totalmente in lockdown e il Pil cinese crollò a -6,8 per cento) quindi si tratta di un dato dovuto quasi interamente a un effetto statistico. Inoltre, se si paragona questo primo trimestre con l’ultimo del 2020, l’incremento è solo dello 0,6 per cento, al di sotto delle attese dell’1,5 per cento. Il 2021 raggiungerà il 6 per cento annuo, annunciato dal premier Li Keqiang come obiettivo, ma i buoni risultati del 2021 rischiano di avere respiro corto.

Questo perché la ripresa nel 2021 è dovuta principalmente a due effetti (oltre a quello effetto statistico appena ricordato): un massiccio stimolo fiscale, attraverso l’aumento della spesa per le infrastrutture, che ha iniziato a rilanciare la crescita in grande stile già nella seconda metà del 2020; e la domanda esterna, dato che le esportazioni cinesi sono andate meglio del previsto, anche se il commercio mondiale ha continuato a indebolirsi. Ma nessuna di queste dovrebbe durare più di qualche trimestre, quindi la durata della ripresa nel 2021 richiederà uno spostamento delle fonti di crescita verso i consumi, compresi quei servizi che hanno sofferto maggiormente della pandemia.

La domanda è in ripresa: le vendite di auto, un indicatore chiave della fiducia dei consumatori, sono ben al di sopra del livello del 2019. Le vacanze di Capodanno hanno visto un miglioramento della fiducia e anche il settore immobiliare residenziale si è ripreso, sostenuto da un aumento dei redditi delle famiglie. Tuttavia, nonostante le grandi aspettative che i consumi delle famiglie giochino un ruolo più importante nel guidare la crescita economica della Cina anche l’anno prossimo, fattori strutturali incombono ancora sulle possibilità che la Cina sia di nuovo un motore importante per tutto il mondo.

La doppia circolazione

Inoltre, nell’ottobre 2020, alla loro quinta riunione del plenum a Pechino, i leader del partito cinese hanno delineato il loro 14° piano quinquennale per lo sviluppo economico e sociale. Le linee guida del piano si sono concentrate sulla teoria della “doppia circolazione”, che comprende la circolazione interna e quella esterna. Anche se questo potrebbe non sembrare drammaticamente diverso da quello che in realtà è stato il caso in passato, quando la crescita dipendeva sia dal mercato interno che da quello esterno, il tono ora è impostato in modo molto diverso. La “doppia circolazione” suggerisce che Pechino vede l’aumento della domanda interna, l’aggiornamento delle catene di approvvigionamento e la ricerca di una maggiore indipendenza nelle tecnologie chiave come modi per proteggersi dalle incertezze e dalle sfide esterne. Tutto questo avverrà mantenendo l’integrazione con il resto del mondo, cioè non in autarchia. Se l’aumento della domanda deve essere soddisfatta dalla produzione interna, significa che non sarà soddisfatta dalle importazioni, quindi non ci si può aspettare che la Cina sostenga la crescita globale attraverso un’elevata domanda di importazioni come negli anni tra il 2009 e il 2012. La doppia circolazione significa che la Cina è determinata a una crescita meno vulnerabile di prima al ciclo economico globale e al commercio internazionale.

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L’ottimismo del 2021 non considera gli scenari di crescita a medio-lungo termine, poiché già dal 2022 ci saranno tre fattori principali che contribuiranno a una riduzione significativa del tasso di crescita: il calo della produttività del lavoro, la diminuzione della fertilità e il necessario ritorno dalle attuali politiche espansive. Secondo una ricerca economica di Natixis, già dall’inizio del 2021, dopo un quarto trimestre positivo, ci sono chiari segnali di decelerazione dai profitti industriali. Anche se il miglioramento del reddito delle famiglie e il calo della disoccupazione dovrebbero sostenere i consumi, le vendite al dettaglio non sono ancora così dinamiche come vorrebbe il governo, anche nel settore dei servizi.

Nubi all’orizzonte

La produttività è tornata al centro del dibattito sul potenziale di crescita della Cina. Secondo un nuovo rapporto del Fondo monetario internazionale, l’economia cinese è solo il 30 per cento più produttiva delle economie più performanti del mondo come gli Stati Uniti, il Giappone o la Germania, secondo la misura della produttività media dei settori, un indicatore dell’efficienza economica complessiva. L’economia cinese è cresciuta di circa il 10 per cento all’anno per quattro decenni. Tra i fattori che hanno guidato quell’espansione ci sono i miglioramenti di produttività all’interno dei settori e i guadagni dalla riallocazione delle risorse tra settori e gruppi di proprietà. Tuttavia, secondo uno studio della Banca mondiale, un forte calo nella crescita della produttività è un importante motore del declino della crescita economica cinese. La Cina ha sperimentato un marcato rallentamento della crescita della produzione per lavoratore dopo la crisi finanziaria globale. Nel 2015-18, la crescita media del Pil è scesa sotto il 7 per cento per la prima volta dal 1991, in gran parte a causa del rallentamento della crescita della produttività totale dei fattori (Tfp). La crescita aggregata della Tfp è rallentata dal 2,8 per cento nei 10 anni prima della crisi finanziaria globale allo 0,7 per cento nel 2009-18. Nel 2017, sono emersi segni di miglioramento della produttività del lavoro e della crescita della Tfp, ma entrambi rimangono significativamente inferiori ai loro livelli pre-crisi. Anche se la crescita della produttività più debole in Cina ha coinciso col – e probabilmente è stata influenzata dal – recente declino della crescita della produttività mondiale, la decelerazione in Cina è stata più netta. Per migliorare la crescita della produttività negli ultimi anni, i politici cinesi si sono concentrati sulla promozione dell’innovazione. Secondo alcune misure, la capacità d’innovazione della Cina è migliorata costantemente negli ultimi anni, collocando il paese al 14° posto nell’Indice globale dell’innovazione. Allo stesso tempo, la Cina rimane in media abbastanza distante dalla frontiera tecnologica globale e quindi ha un sostanziale potenziale residuo di crescita di recupero.

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Un ulteriore fattore che influenzerà la crescita potenziale in futuro è l’invecchiamento della popolazione. Si prevede un ulteriore invecchiamento con un tasso di partecipazione alla forza lavoro in calo. La radice di una così drammatica accelerazione è il prolungato periodo di fertilità inferiore alla sostituzione durante gli ultimi due decenni. La bassa fertilità e l’associato tasso di invecchiamento pongono sfide scoraggianti per i politici. Il rapporto tra la popolazione in età lavorativa (20-59 anni) e i pensionati (60 anni e oltre) sarà più che dimezzato in un periodo di 20 anni: da quasi cinque lavoratori per ogni persona anziana nel 2010 a solo due nel 2030. Un aumento dell’età pensionabile obbligatoria potrebbe parzialmente compensare tale tendenza. Ma le risposte politiche sono state straordinariamente lente. I ricercatori hanno impiegato quasi un decennio per confermare il calo della fertilità e il governo cinese ha impiegato un altro decennio per accettare le scoperte degli studiosi. Dopo anni di resistenza e negazione, il governo sembra aver finalmente fatto i conti con la nuova realtà demografica: oltre a revocare la politica del figlio unico, la Cina ha anche annunciato un graduale allungamento dell’età pensionabile.

La crescita della Cina avrà bisogno di una maggiore dipendenza dall’economia interna (circolazione interna), ma la tecnologia è ancora ad alta intensità di importazioni e l’innovazione è ancora guidata e finanziata dallo stato, con un ovvio impatto su deficit fiscali e debito, oltre che sull’efficienza complessiva dei processi. La Cina continuerà a essere un polo di crescita, ma sempre più per i suoi partner economici in Asia, rispetto ai partner occidentali. Il 2020 potrebbe non essere significativo per i modelli commerciali, ma l’importazione della Cina dall’Europa ha registrato un calo drammatico, mentre le esportazioni hanno continuato a crescere. Nel frattempo, anche gli Stati Uniti stanno finanziando quella che probabilmente sarà una ripresa molto forte dopo la pandemia. Il mondo si sta dirigendo verso uno scenario di due poli di crescita mondiale, nonostante il fatto che molti non considerano plausibile un vero e proprio scollamento tra Stati Uniti e Cina.

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  1. Carmine Meoli

    Qualche dubbio sui dati diviene legittimo avendo altrove (Asia Nikkei) letto che principale settore di crescita,oltre all’export, sia stato il settore delle costruzioni. E non tanto di infrastrutture quanto di civili abitazioni a fronte di una domanda correlate all’urbanesimo delle popolazioni rurali e al decentramento di alcuni grandi poli di istruzione. Apparirebbe che abbia avuto luogo una significativa vendita di suoli per costruzioni da parte di enti locali bisognosi di integrare le entrate ordinarie falcidiate dal COVID . Resta imponente il data trimestrale ma quali i driver e le prospettive?

  2. n.n.

    “e la domanda esterna, dato che le esportazioni cinesi sono andate meglio del previsto, anche se il commercio mondiale ha continuato a indebolirsi”. Il ministero della salute italiano, con l’attuale ministro Speranza, ha contribuito non poco al PIL cinese. Infatti, ha fatto in modo che tutta la spesa, controllata dal suo ministero, acquistasse produzione cinese (banchi-mascherine-siringhe) con prezzi unitari grossolanamente maggiorati. Le provvigioni note e soggette ad inchieste della magistratura, ho l’impressione, siano solo la punta di un iceberg ancora troppo nascosto, di favolosi Accounts secretati dai compagni cinesi in Cina, per i compagni italiani. A pensare male ci si azzecca quasi sempre.

  3. n.n.

    Non possiamo provare che il ministro Speranza abbia preso provvigioni, per gli acquisti, dai suoi compagni comunisti cinesi, pero’, possiamo attribuirgli la colpa grave, insieme all’avv. Conte, di non essere stato capace di organizzare, in tempi utili da almeno marzo 2020, la vaccinazione con un piano nazionale dettagliato ed efficiente al momento dell’arrivo dei vaccini. Di non essere stato capace di preoccuparsi della garanzia degli approvvigionamenti. Forse erano troppo impegnati a coprire e nascondere le responsabilità della CINA nella diffusione dl covid19. Stasera il giornalista Purgatori su La7 ha tentato, come sempre, di disinformare il pubblico e incolpare comunque e il piu’ possibile l’amministrazione Trump di tutto. Purtroppo per lui e per gli accecati di odio, che negli USA, grazie a TRUMP, hanno i vaccini, i ristori per famiglie e aziende, la popolazione viene celermente, gratuitamente vaccinata (4.500.000 vaccinati/giorno) non ha scritto il libro e avrebbe vinto le elezioni se non ci fossero stati i voti postali non controllabili.

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