Tra il 2020 e il 2021 il ricorso alla cassa integrazione ha interessato quasi 10 milioni di lavoratori. La Cig ha svolto un ruolo cruciale nel mantenimento del sistema produttivo italiano, anche se ne hanno beneficiato soprattutto i lavoratori stabili.

I dati del Rapporto Inps

La crisi pandemica ha determinato una sospensione dell’attività economica senza precedenti. Le ore autorizzate per la cassa integrazione guadagni (Cig) nel biennio 2020-2021 sono state 7,15 miliardi, superando quelle complessive degli anni 2009-2014, attraversati dalla crisi finanziaria internazionale e da quella dei debiti sovrani (6,2 miliardi).

Secondo i dati forniti dal XXI rapporto annuale Inps, riportati nella Tabella 1, nel 2020 il quadro complessivo degli interventi di Cig è stato di assoluta rilevanza, considerando il picco raggiunto con 6,7 milioni di beneficiari (equivalente al 57 per cento della platea di riferimento) e 18,7 miliardi di prestazioni. In media, ciascun beneficiario ha ricevuto 2.787 euro.

Con la ripresa, i numeri sui beneficiari della Cig hanno iniziato a ridursi, ma comunque il peso dello strumento è rimasto rilevante anche nel 2021, con circa 3 milioni di beneficiari nel corso dell’anno, per un importo di circa 10 miliardi (3.378 euro per beneficiario). Il ricorso alle sospensioni, quindi, pur fortemente ridimensionato, è rimasto di entità consistente per quanto riguarda il numero di beneficiari. Ma prevalgono comunque i segnali di ritorno alla normalità: sono stati riattivati i flussi di assunzioni, trasformazioni e cessazioni, e i beneficiari di Cig continuano a diminuire.

La cassa integrazione nelle diverse fasi della pandemia

Nel rapporto Inps sono disponibili anche i dati mensili sui beneficiari (Figura 1), che aiutano a comprendere la relazione tra il ricorso alla Cig e le ondate pandemiche. Dopo il massimo raggiunto ad aprile 2020, con 5,6 milioni di beneficiari (pari al 25,9 per cento degli occupati), si è poi scesi rapidamente a 1,2 milioni a settembre dello stesso anno. Successivamente, con l’arrivo della seconda ondata pandemica, è stato registrato un picco a dicembre 2020 (1,9 milioni), e poi di nuovo con la terza ondata a marzo 2021 (2 milioni). Da allora, si è assistito a un decremento continuo che si è poi stabilizzato intorno ai 650 mila beneficiari fino a fine anno. Nel 2022, invece, l’ulteriore ridimensionamento è da imputarsi allo stop delle facilitazioni per l’accesso alla Cig-Covid-19 (era totalmente gratuito per le aziende). Inoltre, i dati sulle ore autorizzate, disponibili fino ad aprile, segnalano una prosecuzione di questa tendenza: ad aprile 2022, infatti, le ore autorizzate sono state 45 milioni, ovvero il livello più basso dall’inizio dell’emergenza sanitaria.

Complessivamente, dunque, nel triennio 2019-2021, il ricorso alla Cig ha interessato 6,9 milioni di lavoratori: circa il 10 per cento erano beneficiari già prima del Covid-19; il 79,7 per cento ha cominciato a ricevere la cassa integrazione durante il primo lockdown di marzo-maggio 2020 e il restante 10 per cento si è aggiunto successivamente. Anche il numero medio delle ore mensili pro capite è significativamente mutato nel tempo. Ad aprile 2020, infatti, il dato si aggirava attorno alle 106 ore per beneficiario, ma, nei mesi successivi, si è attestato tra le 65 e 75 ore pro capite.

Quanto è servita la Cig per mantenere i posti di lavoro

Guardando sempre ai dati del rapporto, si evince che il 64 per cento dei beneficiari risulta ancora occupato presso la stessa impresa a febbraio 2022, mentre il 36 per cento ne è uscito, per cambiare lavoro o perché entrato tra i disoccupati o gli inattivi.

Per quanto riguarda le aziende, ad aprile 2020 quelle che avevano fatto ricorso alla Cig erano il 54 per cento del totale (783 mila), per poi calare a settembre (180 mila, 12 per cento) e tornare a salire a marzo 2021 (353 mila, 24 per cento). A fine 2021, le imprese che facevano ricorso alla Cig erano il 6 per cento del totale (96 mila).

Con quale intensità è stata utilizzata la cassa integrazione?

I dati pubblicati dall’Inps permettono di analizzare anche l’intensità e la diffusione del ricorso alla Cig da parte delle aziende. In particolare, è possibile identificare: il rapporto tra le ore indennizzate tramite la Cig e quelle lavorate in totale (Intensità totale); il rapporto tra le ore totali delle aziende in cig e le ore totali di tutte le aziende (Diffusione inter-aziendale); il rapporto tra le ore indennizzate e le ore totali delle imprese in Cig (Intensità aziendale); il rapporto tra le ore totali dei dipendenti in Cig e le ore totali lavorate nelle aziende che usufruiscono della Cig (diffusione intra-aziende); il rapporto tra le ore indennizzate e le ore totali lavorate dai dipendenti in Cig (Intensità dipendenti).

Il primo indicatore in Figura 3 (intensità totale) indica il peso della Cig per l’intero sistema produttivo. Aprile 2020 si rivela il mese in cui la Cig è stata maggiormente utilizzata dalle aziende italiane: quasi un terzo dei posti di lavoro nelle imprese private (29,8 per cento) era stato coperto attraverso la cassa integrazione. Come per i dati analizzati precedentemente, l’indicatore mostra un utilizzo, in termini assoluti, molto maggiore nei primi mesi della pandemia (da marzo a maggio 2020), quando le misure anti-Covid sono state le più forti in termini di divieti e le più ampie in senso di estensione territoriale. Un andamento simile ha interessato anche gli altri due indicatori inseriti in tabella, ossia la diffusione della Cig tra le aziende e la percentuale di ore utilizzate da ciascuna sul totale di quelle disponibili.

Molto efficace, ma solo per alcuni

Il ricorso alla cassa integrazione tra il 2020 e il 2021 ha svolto un ruolo rilevante, interessando quasi 10 milioni di beneficiari. Tuttavia, sono 2,5 milioni i lavoratori beneficiari che risultano usciti dall’azienda in cui lavoravano. Per il 7 per cento di questi, la fine del rapporto di lavoro è dovuta alla cessazione dell’azienda. In questi casi, dunque, lo strumento non ha raggiunto lo scopo di garantire temporaneamente la stabilità finanziaria dell’impresa in una situazione di crisi. Comunque, il 64 per cento dei beneficiari, grazie alla misura, è riuscito a mantenere il posto di lavoro nella propria azienda.

La cassa integrazione, dunque, nelle sue varie forme, ha contribuito al mantenimento del sistema produttivo italiano e dei posti di lavoro durante le fasi più critiche della pandemia. Va comunque sottolineato che a beneficiare della misura sono stati soprattutto i lavoratori con contratti stabili, mentre i precari hanno pagato il prezzo più caro della crisi. Come evidenziato in precedenza su questo sito, alla cassa integrazione sarebbe stato opportuno affiancare strumenti più universali per tutelare tutti i lavoratori.

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