L’acquisizione di società localizzate in città globali permette alle multinazionali indiane di accrescere la loro capacità innovativa. Non mancano però i lati negativi. In alcuni casi la scelta più vantaggiosa potrebbe essere un’area più periferica.

I vantaggi delle città globali

L’acquisto di Capco, società di consulenza con sede a Londra che fornisce servizi digitali e tecnologici a istituzioni finanziarie, da parte di Wipro, multinazionale indiana nata a Bangalore, è un tipico esempio di acquisizione intrapresa da una multinazionale dei mercati emergenti in una di quelle che la sociologa americana Saskia Sassen ha definito città globali. 

Le città globali sono nodi importanti nei sistemi di intermediazione finanziaria e commerciale a livello internazionale, caratterizzati da una elevata concentrazione di attività specializzate, come istituzioni finanziarie, società di consulenza, studi legali e società di comunicazione. Per un’impresa multinazionale, la decisione di insediarsi in una città globale può quindi avere diversi vantaggi. In primo luogo, le città globali mettono a disposizione degli investitori esteri un ambiente cosmopolita che può ridurre la cosiddetta liability of foreignness, ovvero l’esistenza di barriere che le imprese straniere normalmente incontrano quando entrano in un nuovo paese. L’effetto è particolarmente rilevante per gli investitori stranieri provenienti dai mercati emergenti, che soffrono anche di una sorta di liability of emergingness. In secondo luogo, la localizzazione nelle città globali può facilitare l’accumulazione di conoscenza e l’attività innovativa, offrendo occasioni di nuovi collegamenti con altre attività economiche tecnologicamente avanzate. In terzo luogo, città di questo tipo sono caratterizzate da ottime interconnessioni internazionali, che possono facilitare l’ingresso delle multinazionali nelle reti globali di produzione e innovazione. 

Tuttavia, la scelta di localizzarsi nelle città globali può avere anche alcuni aspetti negativi, principalmente a causa della forte concorrenza rispetto alle risorse strategiche che normalmente si trovano negli hub innovativi. Si tratta di un problema critico soprattutto per le multinazionali dei paesi emergenti, che possono essere oggetto di discriminazioni e atteggiamenti protezionistici nei paesi ospitanti. Tutto ciò rende il loro accesso alle conoscenze chiave particolarmente difficile e limita le opportunità di miglioramento della loro capacità di innovazione, come già mostrato nel caso delle acquisizioni effettuate da multinazionali indiane e cinesi in Europa e negli Stati Uniti.

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L’analisi di investimenti e acquisizioni

In un nostro articolo recente svolgiamo un’analisi empirica su 170 investimenti greenfield (84) e acquisizioni (86) in tutto il mondo intrapresi da multinazionali indiane, nei settori manifatturieri a media e alta tecnologia. Le acquisizioni si concentrano soprattutto nei settori farmaceutici e chimici, mentre gli investimenti greenfield sono più concentrati nel settore dei mezzi di trasporto e dei macchinari. Tre quarti degli investimenti esteri indiani avvengono in paesi ad alto reddito e circa il 30 per cento prevede l’insediamento in città globali, come Londra, Birmingham e Manchester nel Regno Unito, Francoforte, Berlino, Düsseldorf e Stoccarda in Germania, Barcellona e Madrid in Spagna e Houston e Los Angeles negli Stati Uniti. La maggior parte degli investimenti nelle città globali nei paesi ad alto reddito sono – non a caso – acquisizioni, mentre quelli nei paesi a reddito medio-basso sono investimenti greenfield in città come Rio de Janeiro, San Paolo, Kuala Lumpur, Bangkok, Bogotá, Istanbul, e Mosca.

L’analisi econometrica mostra che l’acquisizione di imprese estere – rispetto agli investimenti greenfield – ha un maggiore impatto positivo sulla performance innovativa delle multinazionali indiane, misurata sia in base al numero che alla qualità (ovvero il numero di forward citations) dei brevetti concessi agli investitori nei quattro anni successivi all’investimento. 

D’altra parte, l’analisi mostra anche che il vantaggio relativo delle acquisizioni sugli investimenti greenfield è più tenue quando le imprese acquisite si trovano in città globali, a causa della maggiore competizione per assicurarsi risorse strategiche, che limita il trasferimento tecnologico a favore degli investitori stranieri. Un ulteriore risultato è che il vantaggio delle acquisizioni rispetto agli investimenti greenfield, in termini di impatto positivo sull’output innovativo dell’investitore, diminuisce quando le società acquisite si trovano in una città globale. Ciò evidenzia l’importanza di analizzare congiuntamente la modalità di ingresso nel mercato e la localizzazione degli investimenti per studiarne l’impatto sulla performance innovativa degli investitori.

Questi risultati hanno implicazioni interessanti per le decisioni delle multinazionali dei paesi emergenti che investono all’estero per acquisire tecnologia e conoscenza con l’obiettivo di migliorare la loro capacità di innovazione. In primo luogo, gli investimenti esteri possono essere efficaci per migliorare la capacità di innovazione delle multinazionali. In secondo luogo, per massimizzare i risultati dell’innovazione, è essenziale considerare sia la scelta della modalità di ingresso (acquisizione rispetto a investimento greenfield, ma anche altre possibili modalità come alleanze strategiche e investimenti non-equity) sia la localizzazione dell’investimento. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, la scelta dovrebbe andare oltre il livello nazionale e includere il livello regionale o subnazionale (ad esempio, città globali o periferiche, distretti industriali, cluster innovativi). Infine, se da un lato le multinazionali dei paesi emergenti che cercano di acquisire conoscenza nei paesi avanzati indirizzano le proprie attività nelle città globali, dall’altro devono fare i conti con la concorrenza da parte delle imprese già presenti, come altre imprese nazionali o le filiali di altre multinazionali situate nella stessa area. A volte, acquisire imprese in contesti più periferici, ma non per questo meno dotati di risorse strategiche, può rappresentare una decisione vincente. Un caso emblematico è quello dell’acquisizione della italiana Borregaard da parte della multinazionale indiana Camlin Fine Chemicals, specializzata nella produzione di sostanze antiossidanti, che grazie a questo investimento è entrata nel distretto produttivo di Ravenna, dove si concentra un numero elevato di imprese del settore agroalimentare.

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