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Se la locomotiva tedesca rallenta*

La debolezza dell’economia tedesca è un problema che riguarda tutta l’Europa. La Germania è il principale partner commerciale di gran parte dei paesi dell’area euro: un suo rallentamento strutturale comporterebbe conseguenze negative anche per loro.

Il rallentamento della Germania

Dall’inizio della crisi pandemica la Germania ha registrato tassi di crescita modesti, se confrontati con i risultati delle altre economie europee. Il Pil tedesco nel secondo trimestre di quest’anno si collocava poco sopra il livello pre-pandemico, mentre in altri paesi comparabili la crescita ha registrato una ripresa più marcata. Tuttavia, già prima della crisi pandemica era possibile notare alcuni segnali di debolezza: dopo un decennio di forte crescita, il Pil tedesco aveva cominciato a rallentare intorno al 2017-2018, con una chiara inversione nel ciclo della produzione manifatturiera.

La Germania ha già attraversato una lunga fase di stagnazione alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, legato alle difficoltà di integrazione tra l’Est e l’Ovest, tanto da portare l’Economist a etichettare la Germania come “il malato d’Europa”. Tuttavia, il paese ha trovato la forza di far ripartire la propria economia nei primi anni Duemila, grazie in particolare a riforme radicali del mercato del lavoro (le cosiddette riforme Hartz), che hanno aumentato la partecipazione e ridotto i costi del lavoro attraverso una maggiore flessibilità in entrata. È però probabile che la fase di forte crescita iniziata attorno al 2005 abbia raggiunto il suo culmine intorno al 2017, come mostra l’ampliamento del divario tra la performance tedesca e quella degli altri paesi dell’area (figura 1).

Figura 1 – Differenziale di crescita del Pil reale tra Germania e principali paesi dell’area (punti percentuali)

Fonte: elaborazioni dell’autore su dati Eurostat.

I fattori alla base dell’inversione di tendenza sono molteplici. In primo luogo, il costo del lavoro è aumentato considerevolmente nell’arco degli ultimi anni, proprio mentre la produttività cominciava ad arrancare. Ciò è ben visibile nelle dinamiche del Clup (costo del lavoro per unità di prodotto), che misura la crescita del costo del lavoro al netto degli incrementi di produttività (figura 2).

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Figura 2 – Costo del lavoro per unità di prodotto (tasso di crescita medio annuo, %)

Fonte: elaborazioni dell’autore su dati Eurostat.

A fattori di competitività interna si sono poi aggiunti una serie di shock esterni, tra cui la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti prima della pandemia, i colli di bottiglia nelle catene del valore globali determinati dai lockdown e da ultimo lo shock energetico derivante dall’invasione su ampia scala dell’Ucraina da parte della Russia. Invertendo la spinta alla globalizzazione, hanno particolarmente penalizzato un’economia marcatamente orientata all’export come quella tedesca.

Investimenti pubblici e nuove riforme

Se questa è la diagnosi, le leve potenzialmente azionabili sono principalmente due. In primo luogo, la Germania trarrebbe notevoli benefici da un incremento negli investimenti pubblici, la cui quota sul Pil è storicamente inferiore a quella registrata nella media europea. Gli investimenti andrebbero focalizzati soprattutto nella sicurezza energetica, nella digitalizzazione e nella transizione verde, settore quest’ultimo nel quale si rendono sempre più necessarie misure di supporto al ricollocamento dei lavoratori delle industrie a maggiore intensità di carbonio.

La seconda priorità è quella di attuare un nuovo ciclo di riforme sul lato dell’offerta, per ridurre la burocrazia e stimolare l’innovazione e la digitalizzazione. La necessità di riforme sembra essere ben chiara al governo, tanto che il cancelliere Olaf Scholz ha recentemente riconosciuto che “nel tempo necessario per pianificare l’estensione di una singola linea metropolitana o di un grattacielo, si costruiscono intere linee ferroviarie e intere città in alcuni paesi dell’Asia o dell’America”. La coalizione di governo è però divisa sulle misure da attuare in concreto e i principali leader politici temono ripercussioni negative nelle urne, così come accaduto con le riforme Hartz, che tra il 2004 e 2005 costarono una serie di larghe sconfitte elettorali al governo a guida socialdemocratica che le aveva promosse.

La debolezza del modello economico tedesco è un problema che riguarda l’Europa tutta. La Germania è il principale partner commerciale di gran parte dei paesi dell’area dell’euro, con un flusso di esportazioni e importazioni molto maggiore rispetto a quello di ogni altro stato membro da e verso qualsiasi altro paese del mondo. Un rallentamento strutturale dell’economia tedesca determina inevitabili effetti negativi su tutto il resto dell’area.

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* Le opinioni espresse in questo articolo sono strettamente personali e riflettono esclusivamente il punto di vista individuale dell’autore.

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  1. Savino

    Nessuno ha mai puntato su materie prime. Nessuno ha mai puntato su politiche industriali. Ciò avviene sistematicamente da 25-30 anni. Il resto è solo cronaca conseguente da registrare.

  2. Vincent

    La Germania era il malato d’ europa. Noi, ad associarsi con loro rifinanziandola, i bischeri disinformati dalle sinistre, che si vergognavano di aver propagandato il comunismo degli assassini e dei ladri, ma anche di chi, con il parlamento europeo ci guadagnava e ci guadagna eccome.
    Non ci ricordano piu’ nemmeno le inchieste per tangenti versate ai comunisti italiani e spagnoli per abbindolarli.

    Oggi, la Germania, che ha mire imperialiste, non esendo capace con il mercato, come la CINA COMUNISTA, coadiuvata e rafforzata da verdi e neo-nazisti, spinge, apparentemente con moderatezza, verso espropri della proprietà privata (degli europei) cosi’ paghiamo nuovamente la sua riesumazione.
    la chiamano redistribuzione, ma al sottoscritto non è mai arrivata una lira.
    L ‘ ideologia dominante proviene dal comunismo ma anche dal nazismo.
    Con le crisi in atto si potrebbe giungere alle solite alleanze già viste nel ‘900 quando insieme invasero la Polonia.
    Anche Togliatti propgandava la comunione con i fascisti e il loro manifesto del ’19, per depauperare il capitalismo e la morale cattolica.

    (Vd. appello di Togliatti ’36)
    ……….I comunisti fanno proprio il programma fascista del 1919, che è un programma di pace, di libertà, di difesa degli interessi dei lavoratori […] FASCISTI DELLA VECCHIA GUARDIA! GIOVANI FASCISTI! Noi proclamiamo che siamo disposti a combattere assieme a voi. LAVORATORE FASCISTA, noi ti diamo la mano perché con te vogliamo costruire l’Italia del lavoro e della pace, e ti diamo la mano perché noi siamo, come te, figli del popolo, siamo tuoi fratelli, abbiamo gli stessi interessi e gli stessi nemici, ti diamo la mano perché l’ora che viviamo è grave, e se non ci uniamo subito saremo trascinati tutti nella rovina […] ti diamo una mano perché vogliamo farla finita con la fame e con l’oppressione. È l’ora di prendere il manganello contro i capitalisti che ci hanno divisi, perché ci restituiscano quanto ci hanno tolto […]”

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