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Alleanze da zar

Grazie a una serie di relazioni privilegiate con governi autocratici, Putin ottiene un doppio risultato. Spinge verso la recessione i paesi occidentali, Europa in testa. Salva dalla crisi l’economia russa, permettendole per ora di resistere alle sanzioni.

Gli accordi con i paesi amici

Riuscirà Vladimir Putin a riaccendere l’inflazione mondiale, mandare in recessione le economie europee, ostacolare la rielezione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden (suo principale avversario), rafforzare le finanze del suo paese, neutralizzare le sanzioni imposte alla Russia, rilanciare la sua economia, fermare la controffensiva ucraina e riguadagnare autorevolezza internazionale? La risposta è “forse”, ma tutto ciò è certamente quello che il presidente russo tenta di fare attraverso una serie di accordi internazionali.

Andiamo per ordine. L’accordo raggiunto con l’Arabia Saudita in seno all’Opec+, in pochi mesi, ha spinto il prezzo del petrolio da 70 dollari al barile a oltre 90 dollari, trascinando in alto le quotazioni di molte altre materie prime. Il prezzo del gas è salito del 30 per cento negli ultimi tre mesi, anche per diverse strozzature dell’offerta. Le quotazioni dell’uranio sono a un massimo storico di 60 dollari alla libra. Per non parlare del prezzo del diesel, che è letteralmente schizzato dopo che la Russia ha bloccato le sue esportazioni. Ma gli aumenti non riguardano solo le materie prime energetiche giacché, come testimoniato dai dati calcolati dall’Economist, i prezzi dei minerali metallici sono cresciuti del 7 per cento solo nell’ultimo mese. 

In questa situazione è probabile che l’inflazione nei principali paesi sviluppati smetta di scendere o addirittura ricominci a salire e induca le banche centrali a continuare ad alzare i tassi d’interesse. Così il tanto auspicato scenario di soft lending potrebbe realisticamente cedere la scena a quello di hard lending. La recessione sarà più probabile e più dura in Europa, data la sua strutturale carenza di materie prime energetiche. Tuttavia, il peggioramento del quadro congiunturale potrebbe toccare anche gli Stati Uniti, rendendo ancor più difficile la rielezione di Biden, che già oggi non gode di una straordinaria popolarità. Ciò avviene in un contesto in cui i repubblicani si mostrano sempre più reticenti a spendere altre risorse a favore dell’Ucraina e Donald Trump ha dichiarato che, se venisse rieletto, riporterebbe la pace in una settimana, non si sa con quali concessioni da fare al suo amico Putin. Tenuto conto delle politiche divisive espresse da Trump, la sua eventuale vittoria alle presidenziali di novembre 2024 rischia anche di destabilizzare il sistema politico americano e gli equilibri internazionali, a tutto vantaggio della Russia.

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La situazione dell’economia russa

La risalita del prezzo del petrolio e del gas sono ovviamente un toccasana per la leadership di Putin e le finanze pubbliche russe, che pur partendo da una ottima situazione, peggiorano rapidamente. Quest’anno, il deficit pubblico della Federazione russa è previsto al 3,8 per cento e il debito al modesto 17 per cento del Pil, con un patrimonio del National Wealth Fund (Nwf) di 150 miliardi di dollari. Tuttavia, il budget federale prevede per l’anno prossimo un incremento del 25 per cento delle uscite. Infatti, il governo ipotizza una forte crescita sia delle spese sociali, per mantenere alto il consenso, sia di quelle militari (tenute segrete) che dovrebbero superare il 6 per cento del Pil.

Grazie ai buoni rapporti con una serie di paesi “amici” le sanzioni imposte alla Russia sembrano poi non danneggiare troppo l’economia. Da una parte, vari paesi “satelliti”, come la Bielorussia, il Kazakistan, Uzbekistan e la Turchia, agiscono da intermediari, seppure costosi, per i flussi di importazione dai paesi occidentali; dall’altra paesi come la Cina e l’India hanno in larga parte sostituito l’Europa quali mercati di sbocco per le esportazioni russe di materie energetiche. Chi oggi si ricorda più del price cap a 60 dollari al barile sul quale le diplomazie dei paesi occidentali hanno discusso per mesi e che sembrava la panacea per indebolire l’economia russa senza affliggere quella dei paesi importatori?

In questo contesto è facile che l’anno prossimo il Pil russo cresca assai più di quello di molti paesi occidentali. Il Fondo monetario internazionale prevede che nel 2024 la crescita della Russia sia dell’1,3 per cento, ma alla luce dei recenti aumenti delle materie prime potrebbe anche essere superiore. Così la banca centrale russa, diretta dalla stimata Elvira Nabiullina, prevede per l’anno prossimo una crescita addirittura del 2,5 per cento, mentre la disoccupazione ha già toccato il minimo storico del 3 per cento. Per contro, il Fmi stimava ad aprile una crescita dell’1,1 per cento per gli Usa e la Germania e dello 0,8 per cento per l’Italia, senza tener conto dei recenti sviluppi. Vale la pena osservare che nonostante la violenta caduta del rublo sul mercato dei cambi, l’inflazione russa si è mantenuta su livelli non dissimili da quelli osservati nei paesi occidentali.   

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Sul fronte degli armamenti, poi, le riallacciate relazioni con l’Iran e la Corea del Nord assicurano la fornitura dei droni non troppo sofisticati e costosi ma molto efficienti che il paese degli ayatollah è in grado di produrre, e un ottimo approvvigionamento di munizioni compatibili con le armi russe che Kim Jong-un riesce a fornire in virtù degli storici impianti costruiti nel paese all’epoca dell’Unione sovietica.

Così senza mai neppure muoversi da Mosca, Putin è riuscito a imbastire una serie di rapporti con autocrazie più o meno dichiarate che gli permettono di mettere in difficoltà i paesi occidentali e nello stesso tempo consentono alla Russia di resistere a lungo senza subire troppo le conseguenze della sciagurata decisione di invadere l’Ucraina.

Forse la situazione non è sostenibile nel lungo periodo, poiché l’enorme spesa pubblica finanziata dagli alti prezzi dell’energia non accresce la produttività del paese, ma è certamente quella con la quale dobbiamo confrontarci nei prossimi dodici-diciotto mesi.   

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Nadef – Intervento di Leonzio Rizzo a Radio Popolare

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La transizione ecologica passa dalle catene del valore

  1. ANTONIO CABRINI

    La politica autolesionistica occidentale sul commercio estero e la “dottrina Greta” cominciano a funzionare..

  2. salvatore cosentino

    Tra i vari paesi con cui la Russia ha stretto rapporti economici stretti c’è un alleato in comune con l’Europa ed in particolare l’Italia. Ebbene questo che non è stato nominato nell’articolo si chiama Azerbaijan. Attualmente responsabile di una pulizia etnica contro circa 120k armeni e perché non se ne parla? Tra l’altro proprio grazie anche a questo paese che la Russia sta riuscendo ad aggirare le sanzioni. Si capisce perché parlare di sanzioni alla Russia sia diventata una barzelletta, e nonostante ciò non si alza un dito o sospiro per altri popoli oggetto di soprusi,

  3. marco

    L’obiettivo ( non facile) è quello di affrancarsi da queste fonti di energia, o almeno da questi paesi. Lo si può fare solo se ci si muove in comune verso tale direzione

  4. L

    Parlateci della sostituzione delle importazioni europee con prodotti nazionali russi.

    Come sta andando? Che effetti avrà a lungo termine? Aumenterà la produttività e la crescita a lungo termine? Quanto cresce la produzione industriale in Russia (civile e militare)?

    Se non lo sapete come fate a parlare di economia russa.

  5. Firmin

    Non mi pare che l’invasione del Donbass sia il primo atto di prepotenza di Putin e dei suoi alleati. E non mi pare che i nostri alleati USA siano stati da meno oppure che la Cina sia la culla della domocrazia e i paesi Arabi siano un elempio di tolleranza e apertura. Eppure continuiamo a commerciare allegramente con tutti quresti gentiluomini, senza cercare neanche per sbaglio di ridurre la nostra dipendenza da loro. Periodicamente ce la prendiamo con qualche stato definito (temporaneamente) canaglia e questa volta tocca alla Russia, salvo poi riconoscere che l’esportazione della democrazia ha prodotto mostri peggiori (dall’Afganistan alla Libia). L’alternativa è un drastico accorciamento delle catene del valore globale che sconfina con l’autarchia e la decrescita infelice. Prendiamone atto e smettiamola coi moralismi.

  6. Pietro Della Casa

    Soft/hard lending = soft/hard landing direi…

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