Alla fine del mese clou di un anno che avrebbe dovuto essere eccezionale, a partire dal Giubileo, le informazioni sul nostro turismo continuano a essere lacunose e contraddittorie. Senza dati veri, detta la linea la ripetizione di termini e parole-chiave.
Il sovraturismo e il suo opposto
Il tormentone dell’agosto 2025 è stato l’overtourism, che conta oggi 3,5 milioni di citazioni. Google trends segnala che si è raggiunto il massimo, con una concentrazione significativa dal 2020 per il Trentino-Alto Adige, la Liguria, la Toscana, il Veneto, la Sardegna. Tra l’altro, e non sembra un caso, a livello mondiale i paesi associati alla parola “overtourism” nello stesso periodo sono l’Islanda, le Mauritius, l’Austria, Singapore e al quinto posto proprio l’Italia.
Quasi paradossalmente, a fianco del “troppo” si è parlato molto del suo contrario, il “troppo poco”: spiagge vuote, albergatori insoddisfatti. Per la prima volta sono in calo anche gli affitti brevi, nonostante la loro emersione forzata dovuta all’imposizione del codice unico nazionale per ogni struttura ricettiva, il che segnala un altro paradosso: piuttosto che mettersi in regola, molte di queste offerte hanno preferito sparire.
Sappiamo che le due tendenze opposte possono convivere, soprattutto se non c’è nessuna chiarezza su come vengono definite e rilevate. Ma l’ignoranza di dati veri non esime dall’affermazione a effetto.
Le nuove fonti di dati, come i tassi di saturazione delle offerte online (Ota), le opinioni espresse nelle reviews, o ancora i numeri sulle segnalazioni obbligatorie di “alloggiati” alla pubblica sicurezza, pubblicati a sorpresa dal ministero dell’Interno, vengono usate solo per suffragare successi. Ad esempio, il numero degli “alloggiati” – e cioè degli “arrivi” turistici – è cresciuto del 9 per cento nei primi 18 giorni di agosto 2025 rispetto allo stesso periodo del 2024. Ma “alloggiati” non vuol dire automaticamente notti trascorse fuori casa, che sono la base per generare i fatturati delle imprese del settore. Basta che si accorci la permanenza media, circostanza sostenuta da Federalberghi e che sembra essere confermata da Istat, perché il numero crescente dei turisti che arrivano non si traduca in un analogo successo economico.
D’altra parte, le opinioni più o meno autorevoli e le fotografie più o meno realistiche servono solo per lamentarsi di qualcosa, che sia per il “troppo” (file di persone) o il “troppo poco” (ombrelloni vuoti).
Senza dati non c’è scienza
Il fatto davvero impressionante è ancora la pochezza di informazioni strategiche tempestive. Nel caso del “troppo poco”, la maggior parte dei fenomeni di cui si parla non godono di statistiche: dal lato delle imprese, nessuno sa quanti sono i clienti degli stabilimenti balneari o dei ristoranti-bar. Dal lato delle professioni, solo per fare degli esempi, nessuna fonte ufficiale misura l’attività delle guide turistiche (di pianura, mezza montagna, alpine; escursionistiche, culturali, ciclistiche; e via dicendo) o dei personal trainer, animatori, insegnanti di yoga, diving center, parapendisti e torrentisti, maestri di sci e similari. Sia per le imprese che per le professioni esistono studi di settore redatti a fini fiscali, ma i dati su cui si basano non sono utilizzabili. In più, le professioni collegate allo sport sono legalmente esentasse entro i 5mila euro annui (e fino al 2024 la soglia era 10mila). Non semplifica le cose il quadro europeo, per l’eccessiva differenza di definizioni e modelli di gestione, come dimostrato anche dalle difficoltà di applicazione della direttiva Bolkestein nel nostro paese, a differenza di altri.
Senza gestione c’è solo confusione
Nel caso del “troppo” colpisce lo spaesamento delle politiche, dal livello nazionale a quello locale. Di fronte a fenomeni che cambiano repentinamente forma e dimensione, sembra che i soli due strumenti di gestione del turismo siano da un lato l’acceleratore (quando funziona) costituito dalla promozione (pubblicità, eventi, fiere, sconti); e dall’altro il freno dei divieti, dei numeri chiusi. Senza che si riesca ad agire sui grandi fattori di spinta e di attrazione, come gli influencer, o sui grandi vettori, che massimizzano il trasporto di persone come se non ci fosse un domani.
In ogni caso, anche per analogia con il resto del mondo dei consumi e dei servizi, non c’è più alternativa alla prenotazione. L’idea un po’ romantica di una libertà assoluta di spostamenti e di comportamenti si scontra con la realtà dei numeri, anzi dei numeretti: occorre pensarci prima.
Sia dal lato dell’offerta che della domanda gli spazi di improvvisazione, davanti a fenomeni che rischiano di travolgere anche le risorse più delicate, impongono la previsione e la programmazione. Per restare alla metafora motoristica, bisogna che tutti imparino a usare (anche) la frizione.
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Savino
Manca da troppi anni, per la massa, il benessere quotidiano, quello che ti fa riservare una cifra da destinare alle vacanze estive.
bob
“i paesi associati alla parola “overtourism” nello stesso periodo sono l’Islanda, le Mauritius, l’Austria, Singapore e al quinto posto proprio l’Italia”. Il dato andrebbe rapportato alla superficie del territorio. L’ Islanda è un terzo dell’ Italia.
Direttiva Bolkestein si potrebbe risolvere gradualmente iniziando a rivedere i parametri prezzi del Demanio nei confronti degli stabilimenti. Ci sono tratti di spiaggia dove il Demanio incassa 3000 euro l’anno d’affitto rispetto ad un fatturato del gestore di un milione di euro e con redditività elevata. Invece di far progredire i B&B o locazioni varie che non creano ne posti di lavoro, ne introiti per lo Stato e neanche professionalità ma fanno concorrenza spietata a strutture come gli Hotel che oltretutto creano una cultura di lavoro e di imprenditoria ( rispetto al signore del B&B che seduto la bar gestisce tutto con un telefonino).
Per chiudere questo Paese dove ancora mediocri politici spudoratamente parlano di “questione meridionale” o ” questione settentrionale” dovrebbero con onesta intellettuale parlare di “questione sistema-Paese”.
Dave
Non è vero che i B&B non creano posti di lavoro e introiti per lo Stato.
Ho un amico che ne possiede alcuni in una nota località montana e, da quando ha iniziato l’attività, ha assunto 2 persone, una per gestirli e l’altra per pulizia e manutenzione.
Su tutti i soggiorni paga regolarmente la cedolare e la tassa di soggiorno.
Inoltre, ha stretto accordi con diversi noleggi di materiale per sport invernale del luogo, che così ricevono nuovi clienti.
Infine, tutti gli appartamenti che ha acquistato, sono stati ristrutturati, dando lavoro a diverse imprese e fornitori di materiali, mobilio e ai professionisti che hanno stilato i progetti 3 svolto le pratiche edilizie.
Appartamenti che prima erano utilizzati si e no un mese all’anno sono tra l’altro ora occupati da turisti almeno 7-8 mesi, tra estate e inverno, con tutto l’indotto relativo per negozi, bar, ristoranti e impianti sciistici.