La Commissione europea si appresta a rivedere le linee guida sulle concentrazioni, con l’obiettivo di aumentare la competitività delle sue industrie. Nel farlo dovrebbe concentrarsi su tre concetti chiave: produttività, innovazione e resilienza.
La parola dell’anno per l’Europa
Il 2025 è stato l’anno della competitività in Europa, almeno sul piano degli annunci. Negli ultimi dodici mesi infatti, la Commissione ha pubblicato una “bussola” per la competitività, ha lanciato una serie di nuove iniziative di politica industriale e ha avviato un robusto programma di semplificazione normativa articolato in otto proposte legislative omnibus. In generale, ogni proposta, comunicazione o decisione delle istituzioni europee contiene ormai un riferimento alla competitività come obiettivo prioritario dell’Unione.
È in nome di questa priorità (insieme alle sfide della decarbonizzazione e della digitalizzazione) che Bruxelles sta rivedendo le linee guida sul controllo delle concentrazioni. L’attuale versione, che risale al periodo 2004-2008, riflette un contesto industriale, tecnologico e politico molto diverso da quello odierno. Non sorprende quindi che, alla luce della portata storica di questi cambiamenti, Mario Draghi abbia raccomandato una revisione del modo in cui la Commissione analizza l’impatto di fusioni e acquisizioni.
Nel ridisegnare il quadro di riferimento, la Commissione dovrà muoversi lungo un sentiero stretto. Da un lato, la necessità di adottare un orizzonte temporale più ampio e di considerare un ventaglio più esteso di effetti che possono essere generati dalle transazioni sottoposte alla sua giurisdizione. Dall’altro, l’importanza fondamentale di preservare un processo decisionale indipendente, tecnicamente rigoroso e schermato dall’ingerenza di pressioni politiche e corporative.
A livello teorico, è probabile che le nuove linee guida continuino a poggiare sulla fiducia nella capacità dei mercati di allocare e riallocare le risorse. Le fusioni svolgono un ruolo cruciale in questo processo: permettono di riorganizzare capacità produttive e competenze, superare inefficienze e favorire investimenti. L’Europa sconta oggi un numero elevato di imprese poco produttive o “zombie”, che assorbono risorse e frenano la crescita. Poiché in molti mercati le barriere all’uscita sono una fonte significativa di barriere all’ingresso, un sistema industriale più dinamico è un prerequisito per sostenere la trasformazione economica di cui l’Europa ha bisogno nel prossimo decennio.
Più concretamente, dal punto di vista economico, ci sono tre aree in cui è probabile (e auspicabile) che le nuove linee guida forniscano maggiore chiarezza a imprese e investitori: produttività, innovazione e resilienza.
Produttività: rendere valutabili le efficienze che contano davvero
Le linee guida attuali stabiliscono criteri molto chiari affinché le efficienze derivanti da una fusione possano essere prese in considerazione dalla Commissione: devono essere verificabili, direttamente legate alla fusione e devono generare benefici per i consumatori delle parti coinvolte nella transazione. Nella pratica, tuttavia, questi criteri sono così stringenti che vengono raramente soddisfatti, anche in casi in cui sarebbe ragionevole attendersi un aumento materiale della produttività a seguito di una fusione.
È quindi probabile che le nuove linee guida descriveranno in maniera più esaustiva e dettagliata quali tipologie di evidenza empirica qualitativa e quantitativa sono necessarie per dimostrare l’esistenza di impatti positivi sulla produttività. In questo contesto, appare particolarmente importante che l’entità risultante dalla fusione possa dimostrare di avere maggiori incentivi a realizzare investimenti in efficienza e produttività. In termini economici, questo significa spiegare perché un determinato investimento rappresenta la strategia più redditizia solamente in un contesto in cui le parti diventano una singola entità, mentre non lo sarebbe per le imprese coinvolte prese singolarmente.
Innovazione: l’importanza delle capacità di sviluppo delle imprese
Tradizionalmente, l’analisi delle concentrazioni si è focalizzata sugli effetti sui prezzi nei mercati in cui le parti sono concorrenti (o in cui sono collegate in maniera verticale tra loro). Tuttavia, negli ultimi anni, si è sviluppato un interessante filone della letteratura economica che propone un approccio complementare basato sull’analisi delle capacità di sviluppo e innovazione delle parti coinvolte.
Secondo questa visione, il vantaggio competitivo di un’impresa deriva soprattutto dalle sue capacità o core competencies. Attraverso questa lente, una fusione tra imprese le cui capacità sono poco sovrapposte o sono largamente replicabili da altre imprese può avere un impatto positivo sui consumatori non solo nei mercati in cui le parti operano, ma anche in mercati adiacenti e più in generale in termini di innovazione, sviluppo e diversificazione dei prodotti.
Se venisse introdotto nelle linee guida, l’approccio complementare potrebbe aiutare la Commissione a valutare l’impatto complessivo di transazioni complesse in settori in cui l’innovazione rappresenta un importante parametro competitivo e dove gli effetti di una fusione possono emergere nel lungo periodo.
Resilienza: distinguere tra ridondanze utili e inefficienze dannose
In questo contesto, la resilienza può essere definita come la capacità di imprese e mercati di anticipare, assorbire, adattarsi e riprendersi da uno shock. Gli shock possono riguardare singole imprese (ad esempio attacchi informatici, incendi o interruzioni nelle forniture) oppure assumere una natura sistemica, come nel caso di pandemie, conflitti o cambiamenti regolatori improvvisi.
L’aumento della concentrazione in un mercato può incidere sulla sua resilienza in modi opposti. Da un lato, una fusione può indebolirla eliminando ridondanze, concentrando il rischio o riducendo le opzioni tra cui clienti e fornitori possono scegliere. Questi effetti sono particolarmente problematici nei mercati in cui la capacità è limitata e gli shock si propagano velocemente.
Al tempo stesso, alcune operazioni possono rafforzare la resilienza, ad esempio favorendo investimenti in duplicazione, una maggiore diversificazione della base dei fornitori o economie di scala nella pianificazione della continuità operativa.
Alla luce di queste complessità, le nuove linee guida potrebbero delineare alcuni criteri utili a distinguere i due scenari, focalizzandosi su come i mercati e le imprese reagiscono sotto stress e cercando di rispondere a importanti quesiti: la domanda viene soddisfatta anche in caso di perturbazioni significative? I tempi di recupero dopo una crisi aumentano o diminuiscono a seguito della transazione? I clienti riescono a rivolgersi più o meno facilmente a fornitori alternativi?
La revisione delle linee guida sulle concentrazioni rappresenta una prova concreta della rinnovata ambizione europea sulla competitività. Perché si traduca in risultati, la Commissione dovrà riuscire a conciliare un’analisi più ampia e di lungo periodo con la certezza regolatoria necessaria a imprese e investitori. Maggiore chiarezza su come analizzare l’impatto di una transazione su produttività, innovazione e resilienza potrà contribuire a un sistema di controllo delle fusioni più attento alle sfide strutturali dell’economia europea, senza rinunciare ai principi di indipendenza e rigore che ne hanno garantito credibilità negli ultimi vent’anni.
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Specializzato in economia della concorrenza ed economia pubblica. Alumnus Unimi e LSE. E' stato Economic adviser per il governo britannico dal 2014 al 2018. Ora è a Bruxelles come consulente economico per istituzioni, governi, aziende ed investitori internazionali.
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