Nella discussione sul rinnovo per il contratto dei metalmeccanici, Federmeccanica aveva proposto la definizione a livello nazionale di un salario di garanzia. Si sarebbe così aperta la strada alla contrattazione aziendale. Alla fine ne è rimasta solo una traccia. Ma sarà importante seguirla.

La proposta di Federmeccanica

La conclusione positiva del rinnovo del contratto dei metalmeccanici avviene a ridosso dell’apertura del confronto tra sindacati e Confindustria sulla riforma del “modello contrattuale”.
Federmeccanica era partita con una riforma innovativa, ma alla fine ne è rimasta solo una traccia nel testo finale dell’accordo. Una traccia però importante che può essere utilmente ripresa e sviluppata in sede di confronto tra le confederazioni. Vediamo di che si tratta.
All’inizio, Federmeccanica aveva proposto un salario di garanzia che avrebbe dovuto coincidere con i minimi tabellari fissati nel contratto collettivo nazionale di lavoro. Secondo la proposta, il salario di garanzia svolgerebbe il ruolo di rete protettiva, così come farebbe un salario minimo fissato per legge, con la differenza importante che i minimi tabellari sono più di uno e sono distinti per livello di inquadramento dei lavoratori. Ma gli effetti sono gli stessi del salario minimo e cioè gli aumenti dei minimi tabellari dovrebbero andare solo ai lavoratori che non hanno, oltre ai minimi, altri emolumenti nella loro busta paga. Tutti gli altri lavoratori con ulteriori voci retributive nella busta paga, cioè con salari superiori ai minimi tabellari, non dovrebbero godere degli aumenti di questi ultimi fissati dai rinnovi dei contratti nazionali.

Una novità da seguire

La proposta avrebbe aperto la strada alla contrattazione aziendale che tutti, almeno a parole, vorrebbero che si sviluppasse di più. Infatti le aziende in un regime di “salario di garanzia” sarebbero disposte a contrattare in azienda aumenti retributivi anche maggiori e anche di carattere fisso e continuativo (e legati alla produttività) se sapessero che in questo modo sarebbero esonerate dal pagare i futuri aumenti dei minimi tabellari fissati dal Ccnl. Eviterebbero cioè di pagare due volte aumenti retributivi della stessa natura.
In questo modo la contrattazione aziendale sarebbe veramente il “pivot” della dinamica delle retribuzioni, la quale darebbe ai salari quei caratteri di flessibilità e di efficienza che continuamente ci suggeriscono la Banca centrale europea e le autorità europee.
Alla fine delle trattative, nel Ccnl dei metalmeccanici è rimasta una “traccia” che suona così: “A decorrere dal 1° gennaio 2017 gli aumenti dei minimi tabellari assorbono gli aumenti individuali (…) nonché gli incrementi fissi collettivi della retribuzione eventualmente concordata in sede aziendale (…)”.
Non è la stessa cosa del “salario di garanzia”, ma è un passo nella stessa direzione. Al di là dei tecnicismi, la nuova formulazione dice che se gli aumenti salariali contrattati in azienda, che dovrebbero essere variabili e legati solo agli effettivi risultati raggiunti, fossero confermati in voci fisse della busta paga, queste verrebbero annullate (“assorbite”) dai successivi aumenti di minimi tabellari fissati dal Ccnl (che comunque le aziende dovranno sempre riconoscere ai loro lavoratori).
Per lo meno le aziende metalmeccaniche sanno che potranno evitare di pagare due volte aumenti retributivi di natura fissa e continuativa ai due livelli di contrattazione e che i salari aziendali dovranno essere effettivamente flessibili e variabili.
È pur sempre una novità importante e si tratta di vedere se il confronto delle confederazioni si avvierà nella stessa direzione.

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