Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca ai ministri Matteo Salvini e Gilberto Pichetto Fratin: i distributori di benzina stanno davvero speculando sul prezzo dei carburanti?

Le dichiarazioni di Salvini e Pichetto Fratin

Dopo la discesa di fine 2022, i prezzi di benzina e gasolio sono aumentati di nuovo, raggiungendo rispettivamente 1,83 e 1,89 euro al litro. Il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini sospetta operazioni non trasparenti degli operatori e afferma:

“Sulle accise parleremo con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Sicuramente c’è della speculazione in corso sulla benzina, ed è bene che la Finanza faccia dei controlli. Non ci possono essere distributori che vendono la benzina a 1,70 e altri a 2,40. Evidentemente c’è qualcuno che fa il furbo. Porterò il ragionamento a livello di governo”.

E poi:

“In Consiglio dei ministri valuteremo se intervenire sul caro benzina e se ci sono i danari per farlo”.

Della stessa idea è il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, che ha affermato:

“Benzina e gasolio a 2 euro? Speculazione. Pronti a intervenire se i rialzi proseguono”.

Il rialzo dei prezzi è speculazione?

A marzo 2022 il governo Draghi aveva ridotto le accise sulla benzina da 73 centesimi di euro al litro a 48 centesimi al litro, mentre quelle sul gasolio da 62 a 37 centesimi al litro, per uno sconto totale di 30,5 centesimi considerando anche l’Iva. A novembre, però, il decreto Aiuti quater ha previsto un aumento della tassazione di benzina e gasolio, rispettivamente a 58 e 47 centesimi al litro, per il mese di dicembre, riducendo il risparmio comprensivo di Iva a 18,3 centesimi. La legge di bilancio ha poi stabilito che a partire dal 1° gennaio anche lo sconto di 18,3 centesimi al litro sarebbe stato rimosso, facendo ritornare i valori delle accise al regime pre-guerra.

Come scrive Davide Tabarelli per Il Sole-24Ore, il calo delle quotazioni del petrolio a cui si è assistito negli ultimi mesi, e il conseguente calo del prezzo dei carburanti, non giustificava più la presenza di uno sconto sulle accise che valesse per tutti. Tuttavia, la scelta di non prorogare l’intervento è stata influenzata anche dal suo costo: nel periodo tra marzo e novembre, la misura è costata circa 7,3 miliardi di euro ed era rivolta a tutti i cittadini, indipendentemente dal reddito. Con una scelta politica, il governo non quindi ha rifinanziato gli sconti sulle accise sui carburanti.

Analizzando i dati riportati dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica sui prezzi settimanali dei carburanti e combustibili si può capire se gli aumenti di prezzo siano frutto di un aumento anche del prezzo industriale. Nella tabella 1 abbiamo riportato i prezzi di benzina e gasolio (auto) delle ultime cinque settimane, scomposti nelle componenti di netto, Iva e accise.

Il prezzo netto di entrambi i carburanti non è praticamente variato nel corso delle settimane (si può notare, tra l’altro, un decremento tra la prima e la seconda settimana di gennaio) e le componenti che spiccano nel rialzo dei prezzi sono le accise e l’Iva. Quindi, è pur vero che i prezzi finali sono più alti, ma ciò è dovuto semplicemente al ripristino dei valori pre-guerra di Iva e accise. Questo fa escludere che il rialzo sia dovuto a fenomeni speculativi.

Le differenze di prezzo tra i vari distributori sono frutto di speculazione?

Nel calcolare il prezzo medio dei carburanti, il ministero dà particolare peso al prezzo dei distributori self-service con marchio, dal momento che coprono la maggior parte dei volumi venduti. Tuttavia, in altre tipologie di distributori, come quelli senza marchio, il costo del carburante è generalmente inferiore.

Per fare chiarezza, in Italia i distributori di benzina sono in generale di due tipologie: con marchio e senza, le cosiddette “pompe bianche”. Le prime sono gestite da grossi marchi che per lo più operano lungo tutta la filiera (estrazione, trasporto, raffinazione e distribuzione), mentre le seconde sono senza logo e non sono legate a compagnie petrolifere multinazionali, classificandosi come distributori di carburante indipendenti. Il risparmio di queste ultime si associa alla mancanza di tutti gli oneri legati ai costi di pubblicità e marketing, ma anche a una filiera più corta. Spesso infatti comprano direttamente dalle raffinerie locali abbattendo le spese di trasporto, che in questo periodo sono aumentate. Sono proprio i risparmi su questi costi, peraltro conseguiti anche prima della crisi, che riducono non di poco il prezzo del carburante ed è per questo che tra le due diverse tipologie di distributori i prezzi risultano diversi.

Dietro alcune “pompe bianche”, inoltre, potrebbero esserci le attività di gruppi criminali, in certi casi vicini alla criminalità organizzata, o quantomeno organizzazioni molto capaci nel contrabbando di carburanti, nell’evasione fiscale e nel riciclaggio di denaro sporco. “L’interesse delle organizzazioni mafiose, prevalentemente della camorra e della ‘ndrangheta, per questo nuovo business relativo al contrabbando di prodotti energetici (oli lubrificanti e oli base) risulta sempre più in crescita in quanto il vantaggio economico è notevole e deriva dall’immissione nel mercato ad un prezzo sensibilmente più basso di quello praticato dai concorrenti anche alla pompa”, si legge nell’ultima relazione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (pagina 437).

Si parla molto anche delle pompe di benzina in autostrada e dei loro prezzi maggiorati. Qui i prezzi sono più alti per diversi motivi, in particolare a causa del canone da corrispondere al gestore dell’autostrada e ai maggiori costi del personale per una presenza praticamente continua dello staff.

Questi esempi rendono chiaro il motivo per cui è possibile trovare in autostrada prezzi più alti rispetto ai distributori locali con marchio, che a loro volta sono più alti di quelli delle pompe bianche. Quindi, non si può attribuire la differenza di prezzo a movimenti speculativi.

Verdetto

Alla luce di questa analisi, la speculazione di cui parlano i due ministri non sembra esistere. In primo luogo, l’aumento complessivo dei prezzi dei carburanti è dovuto esclusivamente al rialzo delle accise deciso in legge di bilancio. Inoltre, le differenze di prezzo tra un distributore e l’altro non sono frutto di speculazione degli esercenti, ma di meccanismi di aggiustamento di prezzo che sono sempre esistiti. Le affermazioni dei due ministri sono dunque TENDENZIALMENTE FALSE.

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