Il profilo delle persone che tra qualche mese saranno escluse dal Rdc è ben definito. In genere sono single o coppie senza figli, non più giovani, con bassi livelli di istruzione, residenti nel Sud, dove la domanda di lavoro è molto bassa.
Autore: Massimo Baldini Pagina 2 di 13
Professore di Politica Economica presso il Dipartimento di Economia "Marco Biagi" dell'Università di Modena e Reggio Emilia. Membro del Capp, Centro di Analisi delle Politiche Pubbliche, dello stesso dipartimento, del comitato scientifico della Fondazione Gorrieri e del comitato editoriale di Politica Economica - Journal of Economic Policy. Fa parte della redazione de lavoce.info.
Il Governo ha giustamente deciso di prendersi più tempo per riformare in maniera adeguata il Reddito di cittadinanza. Le modifiche che entreranno in vigore nel 2023, però, rischiano di far ripetere gli errori fatti in passato.
Per ridurre l’incidenza della povertà assoluta è necessario che l’economia torni a crescere stabilmente. Cartina di tornasole sono i dati del Rapporto Caritas: nel 2021, anno di ripresa dopo la crisi da Covid, il fenomeno cala al Nord e cresce al Sud.
Il modello della flat tax si è affermato finora in paesi con livelli di Pil molto inferiori a quelli dell’Europa occidentale, dove anche la domanda di spesa sociale è nettamente più bassa. Una sua introduzione in Italia richiederebbe tagli di spesa.
La proposta della Lega non disegna una vera flat tax, ma un’imposta in cui le aliquote diventano moltissime. L’analisi rivela una “fase 2” solo apparentemente semplice, ma in realtà complessa e confusa, che produce benefici limitati per i contribuenti.
Le proposte di flat tax di Forza Italia e Lega darebbero un gettito nettamente inferiore a quello attuale dell’Irpef, anche con un ottimistico recupero totale dell’evasione. A beneficiare del risparmio di imposta sarebbero soprattutto i redditi più alti.
Il Rapporto Inps traccia un quadro preciso del numero e del profilo dei beneficiari del reddito di cittadinanza. I percettori con un impiego sono in media lavoratori deboli, con un reddito molto basso. Cosa fare per aumentarne la quota.
Nel 2021, la povertà assoluta in Italia è rimasta stabile: un dato allarmante, considerando i massimi raggiunti nel 2020. Si tratta di un risultato dovuto a forti differenze territoriali, con il Nord in maggiore ripresa.
Da più di due anni la finanza pubblica italiana vive un periodo di eccezionalità, destinato a prolungarsi con la guerra in Ucraina. E il Pnrr rappresenta una grande opportunità, forse l’ultima, per tornare a crescere.
I nuovi dati pubblicati da Istat mostrano una sostanziale stabilità dell’incidenza della povertà assoluta, che maschera però forti disuguaglianze: la povertà è infatti cresciuta al Sud, tra i minori e tra le famiglie numerose e di stranieri, mentre è calata al Nord.