Se gli studi di settore devono essere uno strumento per combattere l’evasione fiscale, non solo devono funzionare meglio, ma devono anche fornire le informazioni “giuste”. Il generico inserimento nei modelli statistici dei nuovi indicatori di coerenza non è sufficiente ad ampliare la base imponibile. Bisogna risolvere il paradosso dei costi, che non entrano nella definizione dei ricavi, ma intervengono nella determinazione della base imponibile. Altrimenti, avere più contribuenti congrui equivale a crescita dell’evasione. Come è accaduto dal 2000 al 2003.
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Tra le maggiori critiche sollevate alla manovra finanziaria del 2006 vi è quella di aver aumentato in maniera eccessiva la pressione fiscale sui cittadini. Essa si fonda generalmente sul calcolo contabile delleffetto aggregato delle misure della manovra sulle entrate della pubblica amministrazione, calcolo che risponde ad alcune esigenze (misurare il prelievo obbligatorio richiesto dallo Stato) ma non ad altre.
Quali voci sono nel calcolo. E quali non ci sono
Viene incluso nel calcolo, per esempio, laumento di gettito derivante dalle misure di contrasto allevasione e allelusione fiscale. Esso, tuttavia, oltre a perseguire un obiettivo di equità fiscale, non deriva da una variazione di politica tributaria (ad esempio una variazione delle aliquote Irpef) a parità di base imponibile; non rappresenta cioè un prelievo aggiuntivo su cittadini e imprese che già adempiono in pieno al loro dovere fiscale.
Vengono incluse inoltre le entrate derivanti dallattribuzione allInps del Tfr non destinato ai fondi pensione (nelle aziende con 50 o più addetti secondo il recente accordo tra governo e parti sociali). Tale misura non comporta tuttavia un aumento del carico fiscale effettivo, poiché prevede semplicemente il trasferimento di un pre-esistente istituto privato a uno pubblico, a parità di trattamento per i lavoratori.
Sono invece esclusi gli aumenti degli assegni familiari, che vengono contabilizzati come maggiori spese della Pa. È evidente però che gli assegni familiari rappresentano a tutti gli effetti uno strumento di politica fiscale e che il loro aumento equivale a una riduzione delle tasse sul reddito.
Il calcolo aggregato della pressione fiscale inoltre non permette di analizzare la natura, gli effetti e le diverse finalità delle varie poste in gioco.
Al fine di fornire ulteriori elementi al dibattito appare utile effettuare anche un calcolo diverso: ci si può chiedere cioè quale sia il prelievo netto aggiuntivo, a parità di base imponibile, che lo Stato attua nei confronti del settore privato con le misure di politica fiscale e dei redditi della Finanziaria (escludendo quindi il recupero di gettito da evasione ed elusione fiscale e il trasferimento del Tfr e includendo gli assegni familiari), e di quali voci esso sia composto.
A quanto ammonta il prelievo netto aggiuntivo
La tabella qui sotto mostra che il prelievo netto aggiuntivo, così calcolato, è pari a 4,3 miliardi di euro (0,3 per cento del Pil) nel 2007, cioè meno di un terzo della correzione netta di bilancio (15,2 miliardi) operata dalla Finanziaria, e decresce a 1,5 miliardi (0,1 per cento del Pil) negli anni successivi.
Nella parte superiore della tabella, sono riportati gli effetti delle operazioni di politica tributaria e dei redditi delle famiglie e delle imprese (la revisione delle aliquote, detrazioni e scaglioni Irpef e degli assegni familiari, e le detrazioni Irap per le imprese). Leffetto netto di tali misure è negativo per un valore di 3 miliardi nel 2007; lo Stato cioè “spende”, per finanziare questo insieme di operazioni, risorse per circa 0,5 miliardi a favore dei lavoratori e 2,5 miliardi a favore delle imprese, che salgono a circa 5 miliardi a regime. (1)
Finanziaria 2007: prelievo netto aggiuntivo
Note: (1) Effetti della revisione di aliquote, detrazioni e scaglioni Irpef; include le addizionali regionali e comunali e gli effetti della variazione del meccanismo di pagamento delladdizionale comunale Irpef (pari a 0,5 miliardi nel 2007 e nulla negli anni successivi); (2) Include limposizione su apparecchi di intrattenimento e tabacchi lavorati e le misure di incentivazione ecologica; (3) Include i crediti dimposta per investimenti in aree svantaggiate, per la ricerca e linnovazione ed altri; (4) Include le misure di compartecipazione e responsabilizzazione individuale (0,9 miliardi circa) e unipotesi del possibile aumento delle addizionali Irap e Irpef (0,6 miliardi circa) nelle Regioni a disavanzo eccessivo.
Le ulteriori misure di politica tributaria comportano un aggravio di circa 0,7 miliardi nel 2007 e di poco più di un miliardo a partire dal 2008. Sono qui inclusi provvedimenti che hanno generalmente finalità molto specifiche, come ad esempio la riforma della tassazione dei redditi da capitale (rendere il sistema impositivo neutrale ai fini delle scelte di portafoglio dei risparmiatori e adeguarne il livello agli standard europei) o la revisione del bollo auto e le altre misure di incentivazioni ecologiche (contenimento delle emissioni di gas inquinanti e clima-alteranti). A queste va sottratto ciò che lo Stato “restituisce” al settore privato sotto forma di crediti dimposta (per esempio per investimenti in aree svantaggiate o per le spese in ricerca ed innovazione) e con la proroga di agevolazioni fiscali esistenti.
Gli aumenti dei prelievi previdenziali ammontano a circa 5 miliardi. Essi derivano dalladeguamento delle aliquote contributive a quelle di computo (ai fini del calcolo dei benefici pensionistici) per lavoratori dipendenti e autonomi e dallaumento delle aliquote per apprendisti e parasubordinati. Oltre a “fornire gettito” queste misure rispondono a precisi obiettivi: assicurare lequilibrio di lungo periodo del sistema previdenziale contributivo, migliorare le pensioni future dei lavoratori precari e riequilibrare lincentivo fiscale allassunzione di lavoro precario. Va inoltre ricordato che i contributi previdenziali rappresentano, ancor più con il passaggio al sistema di tipo contributivo, un risparmio dei lavoratori che viene restituito in forma di pensioni future. Essi hanno quindi natura profondamente diversa dalle tasse in senso stretto.
Infine, laumento di esborso del settore privato dovuto ai provvedimenti che interessano il sistema sanitario nazionale può essere stimato in circa 1,5 miliardi. Sono qui incluse le misure relative allintroduzione di ticket sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di pronto soccorso (0,9 miliardi) e una stima (necessariamente approssimativa) del possibile incremento di tassazione a livello regionale per effetto del meccanismo automatico che scatta nelle Regioni con disavanzo eccessivo. Anche queste misure hanno finalità specifiche, essendo volte alla responsabilizzazione individuale e degli organismi amministrativi regionali, e quindi a un contenimento dei meccanismi di spesa sanitaria.
In conclusione, il peso dellaggiustamento dei conti pubblici che grava effettivamente su cittadini e imprese che già pagano le tasse appare molto minore di quanto non emerga da un (pur legittimo) calcolo contabile della pressione fiscale, e si riduce sostanzialmente a partire dal 2008. Molte delle misure fiscali introdotte, inoltre, perseguono obiettivi che vanno oltre le implicazioni strettamente tributarie, dei quali va tenuto conto nel valutare la politica fiscale della Finanziaria.
* Consigliere del ministro dellEconomia e delle Finanze
(1) Il recente emendamento di modifica allarticolo 3 della Finanziaria presentato dal governo il 25 ottobre 2006 modificherebbe tale calcolo in maniera minima. In particolare la variazione dei saldi è trascurabile per il 2007 mentre per gli anni 2008 e 2009 viene stimata una riduzione (dovuta al minore gettito Irpef e allaumento degli assegni familiari) di circa 200 milioni e 140 milioni rispettivamente. La copertura viene assicurata da un aumento dellaliquota di base della tassazione di tabacchi lavorati.
Il downgrading del debito ormai è archiviato e non avrà effetti pratici rilevanti. Ma ci ha fornito due lezioni. Primo, quando si parla di disavanzo non conta solo il “quanto”, ma anche il “come”. Secondo, “stabilizzare” il debito può essere un’espressione utile nell’arena politica, ma da un punto di vista finanziario e macroeconomico ciò che conta è il segnale sulla direzione futura. E un cambiamento di mezzo punto percentuale non ne fornisce alcuno. Considerata la storia recente della nostra politica economica, equivale a un pessimo segnale.
La decisione di due agenzie di rating di declassare il debito italiano conferma la gravità della situazione dei conti pubblici. E quindi l’impossibilità di “alleggerire” la Finanziaria, come invece chiesto da alcuni in virtù dell’andamento del fabbisogno del settore statale e della dinamica delle entrate. Quanto alle critiche sulle caratteristiche degli interventi, forse si poteva fare di meglio, in particolare nell’equilibrio fra misure di spesa e di entrata. Ma non bisogna dimenticare il carattere strutturale della manovra, a partire dal calo del disavanzo.
La Finanziaria che introduce aliquote nette più basse sui redditi medio-bassi e più alte su quelli medio-alti segue i suggerimenti dei più recenti modelli teorici ed econometrici di tassazione ottimale. Un ridisegno che secondo le simulazioni permette nel lungo periodo di ridurre leggermente l’aliquota media, pur mantenendo invariato il gettito fiscale. Ma obiettivi redistributivi consistenti si potranno ottenere solo con la realizzazione di un sistema universale di reddito minimo garantito e con investimenti nei processi di creazione del capitale umano.
La distribuzione dei sacrifici tra comuni
Ma come viene distribuito lonere tra comuni? Per discuterne, è necessario entrare nei dettagli. Concentriamoci per semplicità sul solo 2007 (1). Il riequilibrio per ciascun comune è la somma algebrica di due elementi. In primo luogo, si chiede ai comuni di ridurre del 50% nel 2007 il disavanzo di cassa medio registrato nel triennio 2003-2005 (2). Ciò significa che ciascun comune deve ridurre le spese o aumentare le entrate in modo tale da garantire un miglioramento nel saldo di bilancio (sia per la cassa che per la competenza) pari al 50% del disavanzo annuale medio nel periodo 2003-05. Per definizione, questa correzione non riguarda i comuni in avanzo nel periodo considerato. Il secondo elemento è invece universale, e richiede a tutti i comuni di migliorare il saldo di bilancio in misura pari al 3,4% dei pagamenti correnti effettuati in media nel periodo 2003-05. A sua volta, questa percentuale viene determinata in modo da garantire per il complesso dei comuni una riduzione pari alla metà del disavanzo di cassa registrato in media dai comuni nel 2003-05. In altri termini, la manovra si propone di eliminare del tutto il disavanzo di cassa registrato dal complesso dei comuni già nel 2007; metà di questaggiustamento è attribuito agli stessi comuni in disavanzo; laltra metà a tutti i comuni (compresi dunque sia quelli in avanzo che in disavanzo), in una misura direttamente proporzionale alla propria spesa corrente.
Le ragioni del Patto
La ragione di questo complicato meccanismo è probabilmente duplice. Da un lato si vuole evitare di pesare eccessivamente sui soli comuni in disavanzo, ma garantendo al contempo lobiettivo di uneliminazione completa dei disavanzi già nel 2007. Dallaltro, si vuole coinvolgere tutti i comuni, compresi quelli "virtuosi", nel processo di aggiustamento. E chiaro inoltre che luso alla spesa corrente come indicatore per la distribuzione (di metà) dellaggiustamento è una scelta puramente discrezionale del legislatore. Deciso lonere dellaggiustamento da attribuire alla totalità dei comuni, questo avrebbe potuto essere diviso in qualunque modo tra questultimi, per esempio, in base al pro capite o al reddito pro capite di ciascun comune (per fasce dimensionali) o a una qualunque combinazione di questi due. La scelta della spesa corrente riflette probabilmente un intento paternalistico da parte del governo; la spesa in conto capitale è meritoria e va incentivata (o per lo meno non disincentivata), quella corrente va penalizzata. Così, per esempio, due comuni con lo stesso saldo di bilancio, ma con una diversa composizione del bilancio, devono contribuire allaggiustamento in modo diverso, proporzionalmente maggiore per i comuni con una spesa corrente maggiore.
Le difficoltà del Patto
Le ragioni del governo nella costruzione del Patto di Stabilità interna sono dunque comprensibili, ma non per questo prive di controindicazioni. Non è del tutto ovvio per esempio perché si debba necessariamente privilegiare la spesa in conto capitale a fronte di quella corrente. Con la spesa corrente si finanziano molti servizi ai cittadini, mentre viceversa si possono sprecare i soldi anche investendo in opere inutili. Si sarebbe potuto individuare un indicatore più oggettivo per il riparto dellonere tra i comuni. Una giustificazione della scelta del governo può essere il voler evitare che i comuni, messi alle strette, riducano la spesa in conto capitale più che quella corrente, in genere più difficile da controllare sul piano politico.
In secondo luogo, mentre la spesa corrente è sicuramente più stabile di quella in conto capitale, anche questa varia considerevolmente per periodi, per dimensione territoriale dei comuni e per singoli comuni. La tabella 1, costruita a partire dai dati di bilancio dei comuni capoluogo per il periodo 1998-2001 illustra, per esempio, che i comuni più grandi spendono molto di più di quelli più piccoli, e che vi sono variazioni consistenti per periodi anche lunghi tra comuni. Ciò significa che il 3,4% di riduzione della spesa corrente uniforme tra comuni può generare variazioni molto consistenti in termini di onere di aggiustamento, pari a quasi il 100% nel nostro campione in termini procapite.
In terzo luogo, lindicatore suscita qualche perplessità, anche supponendo che lobiettivo sia quello di incentivare la spesa in conto capitale. Per esempio, è ben possibile che un comune, pur presentando lo stesso saldo di un altro, spenda più di questultimo sia per la spesa in conto corrente che per quella in conto capitale. In questo caso, il primo comune è sottoposto ad un aggiustamento maggiore del secondo, senza che ne sia del tutto chiara la giustificazione teorica.
Tabella 1
Spese correnti per classi di popolazione, pagamenti
(comuni capoluogo; euro pro capite)
Classi di popolazione | 1998 | 2001 | Variaz. % |
meno di 50.000 | 651 | 759 | +16,6 |
da 50.000 a 70.000 | 590 | 663 | +12,4 |
da 70.000 a 100.000 | 699 | 773 | +10,6 |
da 100.000 a 200.000 | 696 | 795 | +14,2 |
da 200.000 a 500.000 | 802 | 966 | +20,4 |
oltre 500000 | 819 | 1051 | +28,3 |
687 | 793 | +15,4 |
La sostenibilità individuale dei sacrifici
La tabella 2 suggerisce invece qualcosa sullordine di grandezza dellaggiustamento imposto in media a ciascun comune. Poiché la spesa corrente è circa il 75% della spesa complessiva di un comune, e poiché è presumibile che la spesa complessiva dei comuni tra il 2004 e il 2006 sia cresciuta almeno in misura pari al tasso di inflazione cumulato nel biennio, ciò significa che laggiustamento richiesto nel 2007 rispetto al 2006 sia in media per i comuni attorno al 2,4% della propria spesa complessiva (i.e. 0.034 per 0.70). Cioè in media, solo per la componente relativa alla spesa corrente, ciascun comune deve ridurre la propria spesa o aumentare i propri tributi nel 2007 per una percentuale pari a circa il 2,4% della spesa complessiva del 2006. Si osservi che, per costruzione, per i comuni in disavanzo, questo aggiustamento in media deve essere almeno pari al doppio di questa cifra (sarebbe esattamente uguale al doppio se tutti i comuni fossero in disavanzo, mentre in realtà molti sono in avanzo).
Tabella 2
Risparmi di spesa per classi di popolazione
(comuni capoluogo; euro pro capite; simulazione 1999-2001)
Tutti i comuni | Popolazione <50.000 | Popolazione tra 50.000 e 100.000 | Popolazione tra 100.000 e 300.000 |
Popolazione >300000 |
|
n. osservazioni | 101 | 20 | 42 | 29 | 10 |
Media | 25,3 | 24 | 23 | 26,1 | 33 |
Mediana | 24,4 | 24 | 23 | 25,8 | 34 |
Massimo | 46 | 33 | 30 | 46 | 38 |
Minimo | 11 | 16 | 11 | 18 | 21 |
Standard deviation | 5,4 | 4 | 4 | 5,5 | 5,3 |
1) Il patto di stabilità interna in realtà opera per il triennio 2007-9, ma 1) lonere principale dellaggiustamento è concentrato sul 2007 e 2)lesperienza insegna che i patti tendono a essere modificati anno su anno, per cui appare ragionevole evitare complicazioni, discutendo solo il 2007.
2) Il 2005 è lultimo anno per cui dati certi sono disponibili per la cassa; e luso della media triennale, invece del solo 2005, intende ridurre le oscillazioni annuali, dovute in particolare allevoluzione delle spese in conto capitale.
La Finanziaria chiede molto agli enti locali in termini di miglioramento dei saldi. Ma non è vero che le risorse addizionali offerte non sono sufficienti a garantire i servizi, almeno per laggregato. E vero però che per i comuni in disavanzo la correzione richiesta è robusta, superiore in media al doppio di quella complessiva per il settore pubblico. Questi problemi sono esacerbati dalla scelta della spesa corrente come criterio per la distribuzione dei sacrifici. E le sanzioni vanno modificate; così rischiano di essere controproducenti. In seconda pagina, una scheda di approfondimento.
LItalia ha un problema di spesa pubblica eccessiva. Nellultimo decennio quella primaria (al netto degli interessi) è cresciuta di 3 punti rispetto al Pil. Il Governo ne era ben conscio, e lo aveva indicato nel Dpef. Ma la Finanziaria varata dal Consiglio dei Ministri aumenta le entrate anziché tagliare le spese. Secondo le nostre stime, la copertura della manovra è composta fino all84% da entrate aggiuntive. Servirà a farci rientrare nellambito dei parametri di Maastricht. Ma non eviterà che tra dodici mesi gli stessi problemi si ripresentino. Inquietante poi l’operazione sul Tfr
Le notizie che arrivano dal fronte della spesa pubblica sono meno incoraggianti di quelle sul gettito delle imposte. Nel 2006 il rapporto tra spesa e Pil crescerà ancora. Si spende più del previsto soprattutto nelle aree collegate al funzionamento della macchina amministrativa e all’attività del settore pubblico come produttore e fornitore di servizi: il personale e i consumi intermedi, la sanità e le amministrazioni locali. La previsione tendenziale per il 2007 è ottimistica: una parte della manovra nella prossima Finanziaria dovrà servire a renderla realistica.
Ben 34 miliardi di differenza nel gettito per il 2006 tra le previsioni del Dpef del luglio 2005 e quello di quest’anno. Spiegabili per la metà con la revisione contabile operata dall’Istat e per 11 miliardi con interventi discrezionali. Il resto è una sottostima. Ma i dati relativi al primo semestre 2006 segnalano una crescita ancora maggiore, che il governo valuta in 5 miliardi. Davvero strutturali? Saperlo sarebbe importante. Alcuni suggerimenti per rendere più trasparenti le informazioni sulle entrate, in linea con quanto avviene in altri paesi.