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Categoria: Energia e ambiente Pagina 49 di 60

PER IL NUCLEARE UN CONSENSO MUTANTE

Con gli accordi intergovernativi e industriali siglati nel vertice italo-francese, ritorna alla ribalta l’interesse verso l’energia nucleare e una sua eventuale nuova partenza in Italia. Peraltro se ne parla, e molto, da mesi. E dai sondaggi sembra che vi sia una solida crescita del partito del nucleare nell’opinione pubblica. Ma a orientare il consenso contribuisce una molteplicità di fattori, la cui incidenza può variare sensibilmente a seconda di tempi e contesti di riferimento. Senza dimenticare la caratteristica di tecnologia sistemica propria dell’energia elettronucleare.

CLIMA DI CRISI

Quali sono le conseguenze della crisi economica per la causa dell’ambiente? Difficile dirlo a priori, perché molteplici sono gli effetti e le interrelazioni al livello di sistema economico. Ma anche se la tensione sul problema dovesse calare, compito del governo e delle politiche è di contrastare questa tendenza. Dopotutto, prima o poi, la crisi passerà, mentre il problema del clima resta. E così pure gli impegni internazionali da onorare. Meglio allora pensare a come agire, secondo le linee di un piano di intervento e rilancio verde.

UNA GHEDDAFI TAX PER L’ENI

Il disegno di legge di Ratifica del trattato con la Libia, approvato dalla Camera, prevede l’impegno dell’Italia a finanziare la realizzazione in Libia di progetti infrastrutturali di base per 5 miliardi di dollari: 250 milioni di dollari (180 milioni di euro) all’anno per venti anni. Tutti questi soldi verranno raccolti con un’addizionale all’Ires… sull’Eni. Ovviamente il testo di legge non si esprime esattamente in questi termini: secondo l’art. 3, questa addizionale si applica nei confronti di tutte le società e gli enti commerciali residenti che rispondono a un insieme di requisiti che di fatto solo l’Eni soddisfa. E in effetti, per fare i calcoli del gettito atteso dall’addizionale, la relazione tecnica fa riferimento a dati di bilancio coerenti con quelli… dell’Eni. Per la terza volta nel giro di pochi mesi, l’utile dell’Eni viene quindi in aiuto alle finanze dello Stato: con la Robin tax, con il finanziamento “volontario” di 200 milioni per la social card (su un totale di 450 milioni), con questa nuova Gheddafi tax  di durata ventennale. Cosa può giustificare un ricorso così disinvolto a norme fiscali ad personam? Forse la volontà di portare via all’Eni una parte della sua rendita da monopolista. Ma l’estrazione della rendita del monopolista dovrebbe avvenire con la regolamentazione, e andare a beneficio degli utenti, garantendo loro prezzi più bassi. Obiettivo che non solo non è stato ancora raggiunto ma che, evidentemente, non si intende perseguire neppure nei prossimi vent’anni. Della rendita di questo monopolista lo Stato già gode, in quanto azionista: l’effetto della Gheddafi tax, come della Robin tax, sarà quindi, più modestamente, quello di evitare che essa si traduca in dividendi anche per gli azionisti privati, perché l’azionista pubblico, a cui ne spetterebbero solo il 37,7 se li porta via prima che vengano distribuiti approfittando del suo… power to tax.

SE IL PETROLIO NON INFIAMMA L’INFLAZIONE*

Dal 2002 al 2008 l’economia americana si è trovata nella morsa di uno shock petrolifero comparabile per entità alle due crisi provocate dai paesi Opec negli anni Settanta e Ottanta. Eppure gli effetti sono stati molto diversi, a partire da un’inflazione core rimasta sostanzialmente stabile. Un risultato che dipende da una lunga serie di fattori, nessuno dei quali sembra predominante, ma ognuno dei quali gioca un ruolo. Con un po’ di fortuna e politiche sagge, non è più necessario che gli shock alimentari ed energetici abbiano quegli effetti devastanti che invece hanno avuto in passato.

CHI INQUINA PAGA MENO

Per la Corte costituzionale è illegittimo il comma della legge Galli sulle tariffe del servizio di fognatura per utenti non allacciati a depuratori. Ma l’affidamento del servizio idrico integrato si basa sul calcolo di un costo complessivo, poi coperto dalle tariffe. E dunque non dovrebbe essere il gestore a pagare le conseguenze della decisione. La soluzione sembra essere un aumento della bolletta per chi usufruisce dei depuratori. Così però chi inquina non paga. Necessario invece riaffermare la natura collettiva della depurazione. L’esempio di Francia e Regno Unito.

NON E’ SOLO UN COSTO IL PACCHETTO CLIMA

La distruzione dell’ambiente e della natura è secondo i sondaggi una delle principali preoccupazioni degli italiani. Ma ai livelli più alti delle istituzioni e della nomenclatura economica si continua ad avversare il pacchetto clima europeo, adottando l’ottica parziale dei suoi costi, senza il minimo riferimento ai benefici attesi. Certo, non facilmente quantificabili. Anche perché si tratta di una manovra complessa, con molteplici obiettivi, dalla lotta ai cambiamenti climatici all’indipendenza energetica. Un peccato non parteciparvi.

IL NUCLEARE COME MOTORE DELLO SVILUPPO *

La volatilità dei prezzi del petrolio e la forte dipendenza energetica del nostro paese hanno riportato all’attenzione il tema del nucleare. Nel 1987 il referendum abrogativo, influenzato dal disastro di Chernobyl, ha sancito la fine dell’esperienza italiana nell’atomo. Oggi siamo circondati dagli impianti dei paesi vicini, la tecnologia è migliorata notevolmente e le nuove installazioni sono indubbiamente più sicure di quelle di vent’anni fa. Sono ancora legittimi i timori verso il nucleare? Si potrebbe partire dalla riattivazione di Caorso e Trino Vercellese.

DIMENTICARE KYOTO CI COSTA CARO

Un dibattito acceso sui costi per adempiere al 20-20-20 europeo. Ma non si tiene conto che il nostro paese è ben lontano dal raggiungimento degli obiettivi assunti con la firma del protocollo di Kyoto. Forse, accettare l’obbligo di una riduzione del 6,5 per cento delle emissioni di gas serra è stato eccessivo. Ma una volta preso l’impegno, i governi che si sono succeduti avrebbero dovuto onorarlo. Così non è stato. Anzi, le emissioni hanno continuato a crescere. Il mancato rispetto di Kyoto, ormai un dato acquisito, potrebbe costare intorno ai 2 miliardi di euro per anno.

QUEL PREGIUDIZIO CHE BRUCIA L’INCENERITORE *

Non c’è dubbio che gli inceneritori inquinano. Come tante altre cose. Il punto è capire quanto, se più o meno delle altre alternative disponibili e con quali conseguenze. Inoltre, non è né solo una centrale elettrica né solo un impianto per smaltire i rifiuti, ma è le due cose insieme. E la valutazione va fatta tenendone conto. Tanto più che lo stesso riciclaggio spinto all’estremo comporta emissioni comparabili. In altri termini, sia il bilancio ambientale che quello energetico sono molto più equilibrati di quanto si pensi.

COME DARE ENERGIA ALLE FONTI RINNOVABILI

Le fonti rinnovabili di energia possono aiutare il nostro paese a ritrovare vigore economico. Lo testimoniano alcune imprese italiane che hanno diversificato la loro attività verso questo settore con risultati economici di rilievo. Ritardare ancora l’avvio degli investimenti su larga scala può allargare la distanza che ci divide dall’Europa al punto da renderla incolmabile, sul piano industriale e ambientale. Ma la soluzione passa necessariamente per la definizione di regole chiare e stabili, lasciando che il mercato selezioni gli investitori più attivi.

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