Occorre dare centralità alla pianificazione dei trasporti. Per molte ragioni. Ad esempio, se ben governato, l’aumento del prezzo del petrolio potrebbe servire a orientare il settore verso una maggiore sostenibilità. Ma riprendere il cammino indicato dal Piano generale dei trasporti e della logistica e interrotto per inseguire la chimera delle grandi opere, non sarà facile. Bisogna in primo luogo risolvere il conflitto tra i diversi livelli di governo nella pianificazione e nell’attribuzione delle risorse per la gestione delle infrastrutture.
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I vettori full service sembrano aggiustare le proprie strategie sul modello low cost. Le compagnie puntano a ridurre i costi per il personale, la manutenzione dei velivoli, i servizi accessori e le forniture. E semplificano il servizio, eliminando la business class, o ricorrendo alla disintermediazione e alle politiche di incentivazione della domanda low fare. L’esempio di Aerlingus dovrebbe essere istruttivo per Alitalia. Dimostra che non è necessario aspettare inerti i tempi lunghi della privatizzazione per varare efficaci piani di rilancio.
Molto più selettiva del “modello britannico”, la tassa ambientale inserita nella Finanziaria 2006 esclude le telecomunicazioni e incide solo sulle grandi reti di trasmissione dell’energia elettrica e del gas naturale. Dubbia la qualificazione di tributo ambientale. Il tributo non può essere traslato. Ma in tempi di emergenza finanziaria, sembrerebbe più appropriato colpire la vendita di energia, dove le posizioni dominanti assicurano notevoli profitti. A ostacolare una simile manovra è la presenza diretta del Tesoro come azionista di Eni ed Enel.
Perché la patente a punti dovrebbe comportare una riduzione degli incidenti stradali? Non c’è una teoria a spiegarlo né risultati definitivi delle indagini empiriche. Certo è che i guidatori diventano più virtuosi quando si avvicinano alla soglia del ritiro della patente. I punti funzionano come deterrente solo se diventano una risorsa scarsa. Ma in Italia reintegrarli non è costoso. Se ne incentiva così un consumo maggiore, con un tasso più elevato di violazione del codice della strada. Sarebbe invece auspicabile eliminare i bonus e ridurre le occasioni di riacquisto.
Francesco Ramella sostiene che i costi linea ferroviaria Torino-Lione sono più alti dei benefici. E’ conveniente, invece, raddoppiare il tunnel autostradale. Servirebbe a meglio contemperare la necessità delle merci italiane di accedere ai mercati esteri e limiterebbe l’impatto sull’ambienta oltre che sul bilancio statale. Il commento di Giuseppe Pennisi, che ha fatto parte del primo nucleo di valutazione degli nvestimenti pubblici istituito presso il Tesoro. La controreplica dell’autore.
Enav acquista a caro prezzo una società che gli fornisce servizi. Per evitare la procedura di gara imposta dalla Commissione europea per le forniture a un soggetto pubblico. Eppure, la gara avrebbe potuto ridurre almeno in parte gli alti costi di produzione di Enav. L’episodio genererà oneri impropri aggiuntivi per il già dissestato sistema aeronautico nazionale. Ma questa vicenda potrebbe anche configurarsi come un pericoloso precedente, con paradossali risvolti di ripubblicizzazione di attività industriali.
A Parma saranno costruite due linee della metropolitana. Le previsioni di traffico indicano che i passeggeri saranno circa un quinto di quelli stimati necessari per sostenere economicamente un progetto. Anche la riduzione attesa del traffico privato su gomma e delle emissioni inquinanti è molto bassa. Forse, altri interventi sarebbero più efficaci in una città di quelle dimensioni. Ma lo Stato finanzia opere infrastrutturali “strategiche”, non un programma di spesa per la mobilità sostenibile. E tutti si affannano a presentare progetti anche se di dubbia utilità.
Gli eccessivi costi di gestione e le basse tariffe del trasporto pubblico locale su gomma sottraggono risorse pubbliche che potrebbero essere destinate alla mobilità sostenibile. Tuttavia, può ora ripartire il processo di liberalizzazione fondato sulla concorrenza, avviato dalla riforma della scorsa legislatura. Fondi nazionali accessibili solo a Regioni e comuni che passano dal monopolio pubblico locale a un sistema di mercato basato sulle gare potrebbero vincere le resistenze politiche e corporative. E dotare il settore dei necessari ammortizzatori sociali.
Il servizio idrico integrato su area larga promette più efficienza e più equità, perché permette di sfruttare le economie di scala e tende verso una tariffa uniforme all’interno dell’ambito territoriale ottimale. Restano da superare però alcune difficoltà. In particolare, preoccupano le recenti fusioni tra aziende multi-servizio. Il problema sta nell’incoerenza tra l’idea del legislatore, che porta al superamento dei confini comunali e al passaggio di poteri da ciascun comune a un’entità superiore, e la permanenza dei singoli comuni come attori del processo.
Perché l’Italia torni a crescere è necessario offrire agli investitori, nazionali e internazionali, un sistema moderno, nel quale sia conveniente impiegare i propri denari. E dunque recuperare il ritardo infrastrutturale rispetto ad altre città europee. Per farlo, dobbiamo adottare programmi di opere pubbliche coerenti con le effettive disponibilità di bilancio. Ben sapendo che anche la migliore legislazione è destinata al fallimento se la gestione amministrativa che ne consegue non è orientata all’efficienza e alla responsabilità del risultato.