Indicata come esempio da seguire per crescita e sviluppo economico, la Turchia si è avvitata in poco tempo in una grave crisi economica e finanziaria dalla quale fatica a sollevarsi. Ma la situazione può cambiare se Erdogan si dimostrerà più pragmatico.
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La Germania è il principale partner commerciale dell’Italia, nell’export come nelle importazioni. Nelle catene globali del valore, poi, le interrelazioni sono in costante crescita. Una eventuale recessione tedesca avrebbe conseguenze gravi anche per noi.
La firma italiana al Memorandum of Understanding con la Cina ha mosso le acque anche in Europa. Si intravede ora la possibilità di quella posizione comune che finora è mancata, ma che è l’unica strada per ottenere risultati concreti e duraturi.
In Cina il Congresso nazionale del popolo ha approvato la nuova Foreign Investment Law. Introduce misure per promuovere e proteggere gli investimenti esteri. Ma è ancora troppo vaga per poter dire che sarà risolutiva e che la politica di Trump ha pagato.
Perché tante polemiche sul Memorandum of Understanding tra Italia e Cina? La firma di un paese fondatore della Nato e dell’Unione europea è un successo per la politica estera cinese. Per il nostro paese sono chiari i costi politici, meno i benefici.
L’accesso limitato al mercato interno garantito dalla Cina era probabilmente giustificato nel 2001 quando Pechino ha aderito al Wto. Ora, però, la situazione è completamente cambiata. E per l’amministrazione Trump le alternative ai dazi erano ben poche.
Donald Trump minaccia di alzare notevolmente i dazi sulle importazioni negli Usa di auto tedesche. Lo fa forse per imporre alla UE la firma al Ttip. Ma se le tariffe entrassero davvero in vigore le conseguenze sarebbero enormi per tutti, Italia compresa.
Ristagna il peso dell’export e scendono i flussi globali di capitali. Eppure, con l’economia digitale i paesi sono sempre più interconnessi tra loro. Insieme a nuovi dazi, sale alla ribalta la “Slowbalisation”: andiamo davvero verso un mondo più chiuso?
Al di là della legittimità o meno del secondo mandato di Nicolás Maduro, il Venezuela dovrebbe andare a nuove elezioni presidenziali. Perché il paese è al collasso economico e sociale e senza un cambiamento politico la crisi continuerà ad aggravarsi.
La crescita cinese si ferma al 6,5 per cento nel 2018. E gli effetti della guerra commerciale non si sono ancora fatti sentire. Il vero nodo sono gli alti livelli di indebitamento delle imprese. Ma le autorità non sembrano avere soluzioni adeguate.