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Categoria: Mezzogiorno Pagina 9 di 12

LA RISPOSTA AI COMMENTI

1. Situazione al Nord
Parlo del Sud perché ne ho esperienza diretta. Al Nord, almeno stando ai risultati PISA, credevo che la situazione fosse migliore.

2. Soluzioni
Non penso di avere la soluzione in tasca, e non penso che quello che succede all’estero sia sempre giusto. Sono sicuro solo del fatto che non è bene ignorare il problema.

3. L’Arte, il Bello e la Storia
L’asserzione sulle dieci materie come bene di lusso e’ per me estremamente sofferta. Quando piango ascoltando un pezzo di musica poi penso spesso Ma uno
che queste cose non le prova mai che vive a fare? I miei quattro piccoli figli studiano tutti musica anche se nessuno di loro è un talento. Penso anche che
uno che sa la Storia è diverso da uno che non la sa. Dico di più. Qual è oggi la differenza fra destra e sinistra? La mia risposta è: delle tre cose importanti della vita, Salute Amore e Lavoro, per uno di destra il Lavoro viene prima dell’Amore, per uno di sinistra è il contrario. Purtroppo la mia opinione qui ed ora è quella che ho espressa nell’articolo. Perché se non si comincia col sapere l’Italiano tutto il resto non arriva.

I DISASTRI DELLA SCUOLA CHE PROMUOVE TUTTI

Se descrivessimo il sistema dell’istruzione in Italia con la terminologia della finanza, apparirebbe evidente che almeno al Sud avviene ogni anno un indiscriminato salvataggio dell’impresa-scuola, con una sopravvalutazione dell’attivo, ovvero delle competenze degli studenti diplomati. La conseguenza ・una universit・fortemente sovradimensionata. Mentre sarebbe necessario ricominciare a investire nella scuola dell’obbligo, con risorse progettuali oltre che finanziarie. Per esempio, si potrebbero misurare i progressi non solo per anno, ma anche per materia.

IL SUD E LA SPESA IN RICERCA E INNOVAZIONE

Entro il 2013 arriveranno nel Mezzogiorno ingenti finanziamenti per attività di ricerca e sviluppo. Per evitare il disimpegno delle risorse a fine 2009 previsto dalle regole comunitarie, il ministero della Ricerca ha fatto proprie le priorità indicate dalle Regioni. Ma senza un filtro a livello nazionale che imponga criteri di selezione trasparenti e condivisi, gli aspetti politici finiscono per contare più di quelli tecnologici o produttivi. Un punto di partenza è l’analisi fattuale che ha esaminato le prospettive a medio termine di sette aree tecnologiche.

QUEL CAPITALE CHE MANCA AL SUD ITALIA

Perché la Spagna ha ridotto nel tempo le ampie differenze regionali che la caratterizzavano, mentre in Italia non ci siamo riusciti? Se invece che al Pil procapite, guardiamo alla nozione di capitale sociale, scopriamo che il Sud e il Nord della Spagna sono sempre stati più omogenei. Ed è proprio la maggiore omogeneità che ha probabilmente consentito il recupero. Ha creato le condizioni perché potessero dispiegare i loro effetti gli altri fattori di convergenza: istruzione, investimenti in infrastrutture e tasso di criminalità.

LA RIVOLUZIONE SICILIANA

Gentile Sindaco di Vittoria, Giuseppe Nicosia,

voglio esprimere tutto il mio sostegno all’iniziativa promossa dal suo Comune che prevede sgravi d’imposte comunali, per chi denuncia i tentativi di estorsione subiti. Questa scelta si somma ad altre – dello stesso segno civile – realizzate dal Comune di Gela, dall’emittente locale Telejato e dalla Confindustria regionale guidata Ivan Lobello e tutte insieme fanno sperare a tanti cittadini come noi, che amano la vostre splendida terra – che una stagione di cambiamento si stia lentamente avviando.

Lei e la sua Giunta onorate la splendida Sicilia. Complimenti e continuate così.
Un caro saluto

Massimo Marnetto – Roma

***

Il provvedimento del sindaco di Vittoria si ricollega idealmente all’iniziativa lanciata da lavoce.info per chiedere alle forze politiche di prendere impegni concreti contro la criminalità organizzata. E’ un’iniziativa lodevole quella di Giuseppe Nicosia. In una società malfuzionante, è questo  il miglior uso che si possa fare del denaro pubblico: offrire un premio per indurre un cittadino a fare qualcosa che beneficia enormemente centinaia di persone. Ma vi è un secondo effetto, forse anche piu’ importate di questo incentivo meccanico: l’uso dei soldi pubblici come premio per i siciliani che aiutano la giustizia denunciando le estorsioni mafiose legittima quella azione, legittima la gente a parlare, a denunciare, contrapponendosi direttamente alla cultura dell’omertà.
Mettendo a disposizione di chi parla risorse della comunità, la comunità stessa, guidata da chi ha responsabilità di governo, segnala ai suoi membri ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Di questo bisogna, come fa il nostro lettore, essere molto grati al Sindaco di Vittoria che assume su di sé la responsabilità della decisione: ci vuole coraggio per fare una cosa del genere in Sicilia dove il rischio che corre quest’uomo è alto, molto alto. E’ questo si spera l’inizio di una rivoluzione, una rivoluzione siciliana
.

LIBERI DALLA MUNNEZZA? NON PROPRIO

Sono state ripulite le strade del centro di Napoli, non ancora la periferia e l’hinterland partenopeo. Si sono adottate misure tampone mentre resta irrisolto il problema di prendere provvedimenti strutturali, che rappresentino una soluzione duratura. Bisogna decidere fino a che puntosi può e si deve sostenere il principio dell’autosuficienza dei territori nello smaltimento dei rifiuti. Distinguendo le varie categorie ed evitando i giochi sporchi sulla munnezza.

QUALCHE DATO IN PIU’

Come accadde negli anni ’90, il Governo ha previsto di ridurre l’indebitamento pubblico anche attraverso una significativa flessione delle spese in conto capitale sia in percentuale del PIL che in valore assoluto.
La tabella 1 sintetizza questa strategia esposta nell’ultimo DPEF.
Il DPEF riformula le previsioni a legislazione vigente contenute nella Relazione Unificata sull’Economia e la Finanza (RUEF) del marzo scorso, riducendone i valori per effetto di alcune misure già intraprese (decreto legge 93/2008, abolizione ICI) e di nuove ipotesi sull’effettivo utilizzo delle risorse. Tali effetti sono visibili nel rigo D e confermano un abbassamento omogeneo di tali previsioni tendenziali tra marzo e luglio di 3-4 miliardi per ciascun anno.
Più significativa comunque è la flessione tra programmatico e tendenziale relativo alla stesso DPEF (rigo E). A regime, nel 2011, nel quadro programmatico si avrebbero minori spese in conto capitale per circa 11 miliardi di cui la metà relativi ad investimenti pubblici.
Se poi si considerano gli effetti totali (misure già avviate e successive alla pubblicazione della RUEF più misure da attivare con l’approvazione del DPEF, rigo F) si osserva che la caduta di tali spese raggiunge livelli molto elevati, con riflessi in termini di PIL dell’ordine di quasi 1 punto percentuale tra il 2008 e il 2013.

Tab. 1 – Spesa in conto capitale e investimenti fissi lordi della PA: previsioni a legislazione vigente e previsioni programmatiche (milioni di euro)

APRI TABELLA

Fonte: Relazione Unificata sull’Economia e la Finanza (RUEF) per il 2008; DPEF 2009-2013

Può essere inoltre utile confrontare il rigo C della tab. 1 con le ultime previsioni formulate dal Dipartimento per le Politiche di Sviluppo (DPS) del Ministero dello sviluppo, predisposte al fine di approntare la programmazione delle risorse per l’intero periodo 2007-2013 e di costruire un Quadro Finanziario Unico di cassa che funzionasse come una sorta di “obiettivo di spesa” annuale.

  2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
QFU(*) programmatico
Spese in conto capitale
63.200 66.500 68.500 71.500 74.400 76.500 79.500

(*) Quadro Finanziario Unico stimato dal Dipartimento per le politiche di sviluppo del Ministero dello sviluppo economico al fine delle allocazione delle risorse ordinarie  straordinarie tra Mezzogiorno e Centro-Nord. Tale stima è al netto di eurotassa, cartolarizzazioni, sentenza IVA, debito ex Ispa, ecc.

Fonte: Rapporto 2007 del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo (DPS)

La differenza, come si vede, è piuttosto impressionante: il DPS (nel mese di marzo 2008) aveva infatti stimato per il 2013 una spesa in conto capitale di circa 22 miliardi superiore a quanto poi riportato nell’ultimo DPEF.
Ugualmente, sembra che la flessione della spesa debba passare per una riduzione delle dotazioni finanziarie destinate al riequilibrio territoriale (leggi: Mezzogiorno) come risulta dalla tab. 2 tratta dalla manovra in atto con decreto legge 112/2008.

Tab. 2 – Riduzioni delle dotazioni finanziarie della missione di spesa “Sviluppo e riequilibrio territoriale” (2009-2011) (milioni di euro)

  2009 2010 2011 Totale
Missione 28:
Sviluppo e riequilibrio territoriale
1.747 2.111 3.862 7.720
% su riduzioni dotazioni
tutte le missioni ministeriali
21,5 24,8 25,4 24,2

Fonte: Decreto legge 112/2008

Ridurre il deficit attraverso le spese in conto capitale e in particolare comprimendo gli investimenti nel Mezzogiorno può sembrare poco accettabile. Ma è proprio così?
Certo, qualcuno dovrebbe informare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che ha rilanciato il programma delle grandi opere richiedendo nuovi finanziamenti per importi non coerenti con quelli del DPEF. Ma, a parte questo, non vi è nulla di veramente scandaloso nella riduzione delle spese in conto capitale soprattutto se esse contengono sprechi e inefficienze in misura equivalente a quelle relative alla spesa corrente. In altri termini, se tale spesa non contribuisce nella maniera dovuta a ridurre i costi per le imprese e/o ad aumentare i servizi per i cittadini essa non può essere considerata spesa “buona” rispetto a quella corrente. Non conosciamo analiticamente gli effetti della spesa per investimenti pubblici; tuttavia molti segnali (e analisi parziali) ci informano che essa non raggiunge gli obiettivi desiderati o non lo fa a costi accettabili.
Cosa dunque dovrebbe cambiare? Questo o un altro Governo potrebbe senza problemi ridurre la spesa in conto capitale anche in maniera consistente, a condizione che decreti contestualmente la fine della spesa non selettiva, ossia quella spesa prevista e realizzata senza una preventiva (e successiva) misurazione dei risultati.
Se la riduzione di spesa colpisce programmi e progetti che proseguono stancamente nel tempo con continui rifinanziamenti senza offrire un effettivo contributo a una maggiore dotazione infrastrutturale (dove peraltro ve n’è realmente bisogno), ben venga.
Ma per dar seguito allo scambio minore spesa = maggiore efficienza occorre dichiarare esplicitamente questa intenzione e lavorarci molto su.
Occorre un attento lavoro di misurazione e valutazione, che non è mai stato fatto nel nostro paese e che ancor oggi viene visto con diffidenza (siamo ormai gli ultimi in Europa).
Oggi è possibile (anche con l’aiuto dell’informatica) fare ricorso a metodi di valutazione sufficientemente rigorosi ma di facile applicazione. Perché non lanciare una vasta campagna governativa sulla necessità della valutazione degli effetti degli investimenti pubblici in presenza di risorse molto e sempre più scarse?

SPESA PER IL SUD, SI CAMBIA

La manovra economica del governo dà un giudizio implicito, ma impietoso delle politiche di riequilibrio territoriale finora adottate. E infatti i risultati conseguiti nel Mezzogiorno nel ciclo di programmazione 2000-2006 sono sconfortanti. Ora, la manovra centralizza le risorse, proponendo di concentrarle su un limitato numero di interventi di rilevanza strategica nazionale. Il disegno governativo sarebbe più comprensibile, tuttavia, se indicasse precisi criteri di valutazione per selezionare i progetti, come vogliono anche le regole europee. Qualche dato in più.

DISCARICA IN CASA CUPIELLO

Il piano appena varato dal governo propone quello che tutte le persone serie auspicano da anni, ma che il sistema napoletano non è stato finora capace di realizzare: raccolta differenziata per quanto possibile e termovalorizzatori per ciò che resta. Nella fase intermedia, uso degli impianti di selezione meccanica per stabilizzare il rifiuto e metterlo in discarica. Con gli incentivi giusti affinché questo periodo duri il meno possibile. Ma il vero problema non è nello schema tecnologico e logistico, è piuttosto nella capacità di metterlo in atto, organizzarlo e farlo funzionare.

TESTIMONIANZA DI ETTORE ARTIOLI

Vice Presidente di Confindustria per il Mezzogiorno

Qualche giorno fa Confindustria ha presentato insieme a CGIL CISL UIL un documento comune di proposte sul Mezzogiorno in vista delle prossime elezioni politiche. E’ una iniziativa inusuale: abbiamo cercato, infatti, di capire l’orientamento degli schieramenti politici su questioni che riteniamo determinanti a partire dall’idea che le forze socio economiche si sono fatte della situazione meridionale.
Siamo partiti dalla sconfortante constatazione della sostanziale assenza di questo tema tra quelli discussi nell’ambito della campagna elettorale. Nonostante le forze politiche abbiano dedicato un punto del loro programma allo sviluppo del Sud, lo stesso è considerato quasi un atto dovuto: non è dibattuto, non se ne discute, non è oggetto di proposte concrete.
Invece, il Mezzogiorno rimane il principale problema di sviluppo del Paese, in cui le difficoltà economiche si sommano al disagio sociale ed all’emergenza civile.
Rispetto all’enormità del problema, non esiste un’unica risposta, ma tante risposte parziali: se sono molti, infatti, i problemi che affliggono questo territorio, altrettante devono essere le soluzioni da mettere sul tappeto, e diversi i soggetti che devono farsene carico, a partire dagli imprenditori e dalle altre forze sociali.
Ci troviamo in un passaggio molto stretto per gli imprenditori meridionali.
Progressivamente, ci siamo lasciati alle spalle un’idea dello sviluppo basata su sostegni intermediati dalla politica e dalla pubblica amministrazione, che non garantiscono trasparenza delle procedure e non riescono ad impedire tentativi di infiltrazione della criminalità, e che generano effetti distorsivi nell’assegnazione delle risorse pubbliche.
Abbiamo sposato pienamente l’idea che il mercato debba essere il nostro principale punto di riferimento, essendo ormai chiuso il periodo delle commesse della Pubblica Amministrazione, dei mercati protetti e delle aziende che si illudono di poter sopravvivere grazie agli incentivi pubblici.
Ma questo rende molto più urgente la necessità di fare del Mezzogiorno un luogo dove è conveniente fare impresa.
Se possiamo rinunciare agli incentivi a pioggia, non possiamo fare a meno di una pubblica amministrazione moderna e trasparente, rapida nelle risposte ed efficiente nelle procedure, che faccia propria la missione dello sviluppo e della competitività delle imprese, tante volte viste, ancora oggi, con sospetto più che con benevola attenzione.
Non possiamo fare a meno di infrastrutture moderne e funzionanti, di un sistema fiscale amico di chi investe ed equo nel prelievo, di condizioni di sicurezza non lontane dal livello dei concorrenti europei, di mercati liberi da una presenza ingombrante dell’attore pubblico
Su queste condizioni si deve incidere in profondità per ridurre le diseconomie ed i maggiori costi di cui i beni ed i servizi prodotti nel Mezzogiorno sono gravati: e su ciascuno di questi fattori abbiamo provato a snidare le forze politiche che si candidano a guidare il Paese, mettendo sul tappeto proposte concrete.
Voglio ricordarne alcune.
Cosa pensano i partiti dell’opportunità di aumentare la convenienza fiscale ad investire nel Mezzogiorno, utilizzando tutti gli spazi offerti dalla normativa comunitaria, come principale canale di promozione degli investimenti privati?
Si sentono in grado di garantire la stabilita e la certezza degli strumenti fiscali automatici che favoriscono gli investimenti e l’occupazione?
Condividono l’idea di porre un argine alla proliferazione delle società pubbliche che gestiscono servizi locali, limitando la loro possibilità di accedere a risorse pubbliche fino a quando non si perviene ad una reale liberalizzazione del settore?
Come pensano di sostenere la rivolta contro il racket e contro la criminalità organizzata che ampie fasce della popolazione meridionali stanno sostenendo? Come giudicano l’idea di destinare la gran parte delle risorse del PON Sicurezza al controllo del territorio ed alla tutela degli investimenti delle imprese? Più in generale, come pensano di ripristinare nei territori più a rischio la presenza dello Stato in tutti gli aspetti della vita civile, dalla trasparenza della Pubblica Amministrazione al funzionamento della giustizia, dalla prestazione di servizi degni di un paese civile al rispetto delle regole?
Che idea si sono fatti di una scuola che produce una formazione di base largamente insufficiente e non incontra le esigenze delle imprese?
Sono d’accordo nell’identificazione di pochi grandi progetti infrastrutturali su cui concentrare le risorse, che scontenteranno qualcuno, ma daranno (forse) una prospettiva più concreta alle ambizioni meridionali sulla logistica? Come pensano di andare al di là di un assetto istituzionale sulle politiche di sviluppo che spezzetta il processo decisionale in mille passaggi dal centro alla periferia?
E infine, sono disposti a rinunciare ad un inutile Ministro o Vice Ministro per il Mezzogiorno per fare in modo che il Sud diventi finalmente problema di tutto il Governo?  Riteniamo, infatti, che ben altra efficacia avrebbe un rafforzamento della capacità di indirizzo e di coordinamento affidata allo stesso Presidente del Consiglio, se del caso coadiuvato da un sottosegretario che possa fare da regista e da player nei confronti di tutti i provvedimenti attraverso i quali i singoli  ministeri intendono correggere gli squilibri territoriali del Paese.
La sensazione che abbiamo ricavato dalla giornata di confronto è che la diagnosi dei problemi sia in buona parte condivisa, ma che le proposte delle forze politiche siano ancora troppo generiche per poter configurare interventi precisi ed impegni vincolanti. Tuttavia, il sasso nello stagno è stato lanciato: è auspicabile che su questi temi si apra un fertile dibattito tra politica e società civile da qui al voto, su cui costruire le basi per un impegno condiviso qualunque sia l’esito della consultazione elettorale.

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