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RINNOVABILI SENZA SUSSIDI AD OGNI COSTO

La riforma dei meccanismi di sostegno alle energie rinnovabili regge sul presupposto di rendere il sistema di incentivi più efficiente e meno costoso per famiglie e imprese. Ma così non sembra, almeno nella transizione. La strada per ridurre i costi del sussidio è un vero riordino delle politiche di promozione della crescita. Che consideri la relazione tra energia primaria e applicazioni d’uso e la relazione tra energia rinnovabile prodotta e consumata. Oltre a rendere evidente il costo del sussidio.

SENZA UN’INTESA NIENTE ITALIANITÀ

Sono entrambe aziende quotate alla Borsa di Milano. Sono entrambe possibili bersagli di un’acquisizione da parte di gruppi stranieri. Ma in un caso si mobilitano il governo e una banca per dire che non deve passare lo straniero. Nell’altro caso lo straniero non solo non viene contestato, ma se ne va in giro per la capitale osannato dalla metà dei romani. Stiamo parlando di Parmalat e AS Roma ovviamente, il cui controllo potrebbe essere acquisito nelle prossime settimane rispettivamente dal gruppo francese Lactalis e da una cordata di investitori americani capitanata da Thomas R. Di Benedetto. La differenza di trattamento riservata ai due casi, anche sui media, è piuttosto curiosa. Certo, Lactalis non pubblica un bilancio da tanti anni, come ama ricordarci il Corriere della Sera. Ma non è che si sappia molto di più di Di Benedetto. Proprio ieri  il Sole 24 ore scriveva che “mancano indicazioni sulla solidità patrimoniale e finanziaria di Di Benedetto”. Aggiungendo “Tom è sconosciuto nella sua città (Boston) e negli Stati Uniti. Possibile che abbia le credenziali per comprare la 18esima squadra di calcio d’Europa per fatturato?”. La differenza pare sia un’altra: Parmalat è un’azienda “strategica” mentre la Roma no. Certo,  Parmalat è più grande di AS Roma e ha anche un indotto più significativo. E poi volete mettere l’importanza del latte con quella del calcio? Tutto chiaro, allora? Non proprio. Telecom Italia è più grande di Parmalat e le telecomunicazioni non sono certo meno “strategiche” del comparto alimentare (che, in ogni caso, nella famigerata lista dei settori strategici per la Francia non c’è). Ma Telecom è controllata da Telco, il cui azionista principale è Telefonica, azienda spagnola. Il quadro degli interventi ispirati al patriottismo economico sembra proprio un guazzabuglio senza coerenza. Ma ricordiamo che, con Telefonica, in Telco c’è una banca. La stessa che adesso difende l’italianità di Parmalat, dopo avere salvaguardato quella di Alitalia. Ecco, forse abbiamo finalmente trovato un punto d’Intesa su cosa sia veramente strategico in Italia.

IL PASTICCIO DI BRUXELLES

Da giugno 2013 il ruolo ora coperto dall’Efsf e dall’Efsm sarà assunto da un nuovo fondo, l’Esm, European Stability Mechanism. Avrà il compito di fornire assistenza finanziaria ai paesi dell’euro. Ma le decisioni prese a Bruxelles a fine marzo potrebbero addirittura aggravare l’instabilità dell’area. Perché la nuova architettura finanziaria non sembra in grado reggere l’onda d’urto di una crisi finanziaria seria, che coinvolga Portogallo e Spagna. Rischia di propagare la crisi ai paesi ad alto debito. E di lasciare l’Europa in balia di paralizzanti veti incrociati.

MERCATO INTERNO AL PALO. COME LE RIFORME

Il mercato interno che stenta a riprendersi dalla crisi è l’ostacolo più rilevante per l’adozione delle riforme per crescere di cui tanto si parla. In un’economia debole diventa salato il costo di ricompensare i perdenti. Che sono numericamente molto maggiori rispetto a tre anni fa. Se non si condivide questa consapevolezza, si finisce per non capire perché le riforme rimangano sempre al palo.

PROVE DI NUOVA GOVERNANCE EUROPEA

L’ultimo Consiglio Europeo potrebbe segnare una svolta importante nella riforma della governance economica europea, sebbene rimangano ancora rilevanti questioni da chiarire. Il nuovo Patto di stabilità richiederà un aggiustamento impegnativo all’Italia. Auspicabile una maggiore trasparenza sugli “altri fattori rilevanti” da considerare nel valutare il debito pubblico, coinvolgendo organismi tecnici indipendenti. Positiva l’estensione della vigilanza europea agli squilibri macroeconomici. Il futuro Esm avrà una governance politica e procedure onerose.

IL CAPITALISMO DI DON RODRIGO

Se il modello è la legge francese sugli investimenti esteri nei settori strategici, quella che Tremonti si accinge a proporre non servirà a fermare la scalata di Lactalis a Parmalat. E d’altra parte talvolta non c’è neanche bisogno di una legge. Se ogni impresa ha bisogno giornalmente di autorizzazioni complesse, date in modo non sempre trasparente, e se le commesse pubbliche sono una fonte importante di ricavi, allora lo Stato di fatto può ricattare le aziende.

SE È AUTOMATICO NON È EFFICACE

Lo scorso mese, il Consiglio dei ministri ha discusso il decreto legislativo per la riforma degli incentivi alle imprese. Il massiccio ricorso a provvedimenti automatici, in un contesto di risorse scarse quale quello italiano, desta notevoli perplessità. Meglio sarebbe puntare su strumenti selettivi che, se ben gestiti, segnalano a investitori privati la bontà dei progetti delle imprese finanziate. Recenti studi svolti presso il Politecnico di Milano sulle giovani imprese italiane operanti nei settori ad alta tecnologia confermano questa tesi.

Che ci azzecca la benzina con la cultura?

Per compensare la rinuncia ai tagli alla cultura, il governo ha deciso di inasprire la tassazione sui carburanti. Tre le principali obiezioni al provvedimento: si introducono nuove tasse senza tener conto del grado complessivo di distorsione del nostro sistema fiscale. Si tassano benzina e gasolio solo per fare cassa. L’aggravio e il guadagno d’entrata per lo Stato è superiore a quello indicato, perché l’aumento riguarda la componente di accisa, che va ad aggiungersi al prezzo industriale, e su questa somma si calcola l’Iva per arrivare al prezzo alla pompa.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

UNA NUOVA RISPOSTA DEGLI AUTORI

Desideriamo ringraziare i lettori dei commenti ricevuti che ci hanno sollecitato nuove riflessioni.
A differenza dei fiaccherai che dovevano far riposare il cavallo (e il cocchiere) per un certo numero di ore al giorno, i tassisti (che sono i loro successori per quanto riguarda gli assetti regolatori) hanno  tutto l’interesse a sfruttare il loro bene capitale (l’auto) 24 ore al giorno (o per lo meno tanto quanto trovano conveniente). Il problema è che  il valore dell’auto decresce col chilometraggio e con l’età. Vincolarne l’uso a un numero prefissato di ore giornaliere tende ad aumentare i prezzi per gli utenti dei servizi di taxi, dovendo i costi fissi essere spalmati su un fatturato più basso. 
Il superamento della licenza individuale separa la proprietà dell’auto dall’autista e favorisce un più intenso sfruttamento del bene capitale costoso (suddividendo la giornata di guida tra una pluralità di autisti). Tali evoluzioni non hanno effetti sulla qualità del servizio che dipende dal controllo esercitato dai Comuni sulle caratteristiche e sulle conoscenze (stradali) degli autisti. Peraltro eliminare l’obbligo della licenza individuale, non conduce alla sua scomparsa, ma, come avviene per esempio nella distribuzione commerciale, consente la coesistenza di strutture organizzative diversificate e in grado di servire clientele di tipologie diverse.
In ogni caso, anche con assetti di mercato meno irrigiditi dovrebbe essere mantenuto a tutela degli utenti il controllo sulle tariffe massime, lasciando liberi i tassisti di abbassare le tariffe se lo desiderano. Relativamente agli altri obblighi di servizio pubblico (servizio notturno o festivo per esempio), essi potrebbero essere gestiti attraverso opportuni sventagliamenti tariffari.
In relazione al numero ottimale di licenze, la teoria economica sostiene che, non essendoci un costo (né privato né sociale) associato all’emissione  della licenza, il suo valore di mercato dovrebbe essere prossimo allo zero. Ne consegue che un valore della licenza di centinaia di migliaia di euro è una misura dell’inefficienza del mercato innescata dalla regolazione. In Irlanda, per esempio, a seguito della liberalizzazione, una licenza di taxi a Dublino era passata da circa 150000 EUR a 30000.
In Irlanda la liberalizzazione ha condotto a vantaggio degli utenti a riduzioni delle tariffe e, soprattutto, dei tempi di attesa. Tuttavia i tassisti esistenti rischiavano di subire perdite considerevoli come conseguenza della riduzione di valore della licenza, indebolendo la “protezione assicurativa” che il possesso della licenza garantiva loro. Per evitarlo, l’aumento del numero delle licenze, ottenuto concedendo gratuitamente a ciascun tassista una licenza in più e poi liberalizzando il mercato, è stato  accompagnato da interventi di sostegno per rimborsare  i tassisti più anziani delle perdite in conto capitale subite. Si è trattato di provvedimenti essenziali per il successo e l’accettazione della riforma.
In questo senso, la famosa lenzuolata di Bersani aveva permesso che i Comuni mettessero all’asta le nuove licenze, con ristorno di parte del ricavato a favore dei tassisti esistenti per compensarli della riduzione del valore delle loro vecchie licenze. Ricordiamo la fiera opposizione delle organizzazioni dei tassisti e il mancato utilizzo della possibilità offerta dalla norma da parte delle amministrazioni comunali.

 

LA RISPOSTA DEGLI AUTORI – 1 MARZO

I tassisti forniscono un servizio pubblico. Non sono un’associazione a delinquere. Il termine non doveva essere usato. Si tratta di una categoria in difficoltà che, al calare dei ricavi e del chilometraggio, cerca di difendere il proprio reddito reclamando un aumento delle tariffe. L’articolo sostiene che in tali circostanze l’aumento dei prezzi è una risposta miope che rischia di ridurre ulteriormente ricavi e profitti. All’aumentare dei prezzi infatti il chilometraggio diminuirà  ancora ed è un’illusione ritenere che esso abbia raggiunto il fondo. Una riduzione dei prezzi, peraltro la risposta di mercato agli eccessi di offerta,  potrebbe risolvere il problema, rendendo il servizio taxi  più attraente per tanti utenti, già oggi scoraggiati dalle tariffe elevate. L’articolo intendeva essere a favore dei tassisti romani, non contro di loro.
Molti commenti ricevuti riguardano la  liberalizzazione del servizio taxi, questione che non è stata affrontata nel nostro scritto. E’ utile ricordare al riguardo che ogni liberalizzazione del servizio taxi deve quanto meno:  1) condurre al superamento dell’individualità della licenza e consentire la nascita e la crescita di società di taxi; 2)  considerare l’importanza sociale di rimborsare i tassisti, per lo meno in parte e probabilmente solo i più anziani, della corrispondente riduzione di valore delle licenze. Le caratteristiche del servizio richiedono in ogni caso e a beneficio degli utenti una qualche forma di controllo amministrativo sulle tariffe.

NUOVE AUTO DA TERMINI IMERESE

La decisione di Fiat di interrompere la produzione di autovetture nello stabilimento di Termini Imerese pone un’importante questione: quale sarà il destino del polo industriale siciliano? Non tutto è perduto per i lavoratori: esistono tre concrete alternative che prevedono la prosecuzione della produzione di automobili. Una ipotesi è in continuità con l’attività Fiat, una seconda punta su una luxury car e la terza è decisamente innovativa, con la realizzazione di auto elettriche. Ma è prioritario risolvere le inefficienze che hanno portato all’abbandono del gruppo torinese.

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