Standard & Poors ha nuovamente declassato il debito greco. Una decisione dovuta al fatto che non sono stati centrati gli obiettivi fiscali. Ma riflette anche il giudizio che il debito greco sia difficilmente sostenibile. Un nuovo prestito da Unione Europea e Fondo monetario servirebbe forse a guadagnare un po’ di tempo, ma non cambierebbe la sostanza delle cose. L’unica alternativa alla ristrutturazione del debito sembra essere una forte ripresa della crescita. I mercati, però, non ci credono.
Categoria: Argomenti Pagina 736 di 1105
- Banche e finanza
- Concorrenza e mercati
- Conti Pubblici
- Disuguaglianze
- Energia e ambiente
- Famiglia
- Fisco
- Gender gap
- Giustizia
- Immigrazione
- Imprese
- Informazione
- Infrastrutture e trasporti
- Internazionale
- Investimenti e innovazione
- Lavoro
- Mezzogiorno
- Moneta e inflazione
- Pensioni
- PovertÃ
- SanitÃ
- Scuola, università e ricerca
- Società e cultura
- Stato e istituzioni
- Turismo
- Unione europea


Pil a prezzi costanti. Â Dati destagionalizzati. Variazione percentuale sul trimestre precedente. Â I trimestre 2008 = 100. Fonte Eurostat
Il decreto sviluppo interviene sui controlli amministrativi, non solo fiscali, operati da qualsiasi amministrazione, centrale e locale. Il tema della semplificazione dei controlli è molto caro alle imprese e l’intento del governo è ovviamente condivisibile, purché non vada a detrimento del rispetto delle regole. La norma però presenta difficoltà sia interpretative che di attuazione, affronta più la coda che la testa del problema e il suo impatto sulla crescita rischia di essere così incerto da sollevare dubbi sulla sua collocazione in un decreto con carattere di urgenza.
C’è molta confusione in Italia intorno al settore turismo. Non esiste un capitolo di contabilità nazionale che lo comprenda per intero e comunque mai in modo corretto. Così le categorie economiche organizzate fanno il bello e il cattivo tempo. Lo dimostrano una volta di più le misure previste nel decreto sviluppo e nel Codice del turismo sulla proroga delle concessioni demaniali alle imprese balneari e sulla creazione dei distretti marittimi.
La crisi economica mondiale ha avuto effetti importanti sulle migrazioni internazionali. Perché la forza lavoro straniera risulta più sensibile al ciclo economico e quindi più penalizzata nelle fasi di recessione. E in Italia? Il forte peggioramento della situazione occupazionale, con una crescita della disoccupazione e una maggior difficoltà a reinserirsi nel mondo del lavoro riguarda nello stesso modo lavoratori italiani e stranieri. Sostanzialmente inalterati gli svantaggi di fondo che caratterizzano la condizione degli immigrati nel nostro mercato del lavoro.
Nel decreto sviluppo si ricorre opportunamente al credito d’imposta per creare nuovi posti di lavoro stabili al Sud. L’obiettivo è di crearne soprattutto nelle nuove imprese. C’è però il rischio che dell’incentivo facciano uso soprattutto le grandi aziende. E il bonus dimentica i lavoratori precari del Nord. Dovrebbe essere solo un tassello di una strategia nazionale per il rilancio dell’occupazione. Strategia oggi più che mai urgente, dati i numeri allarmanti anche sulle vendite dei beni essenziali.
L’Opa è stata al centro della relazione del presidente Consob al mercato finanziario. Preoccupa il rischio di distruzione di valore e di inefficienze nella governance post-Opa. Preoccupazione certamente condivisibile, ma è rivolta solo agli investitori stranieri o anche agli italiani? Alcune soluzioni sono già nelle modifiche al regolamento emittenti. E se la maggiore tutela delle minoranze non ha dato i frutti sperati, non si capisce perché aumentare gli ostacoli a chi voglia lanciare un’Opa dovrebbe indurre i risparmiatori italiani a investire nella Borsa.
Confindustria ha proposto di privatizzare l’Ice. Una utile provocazione perché il bilancio post-riforma dell’Istituto lascia molti dubbi sulle strategie e sulle inefficienze. Dovute alla rigidità nella selezione e nel governo del personale e alla sproporzione fra gli addetti della rete estera e quelli insediati in Italia. Paradossale poi la dispersione delle scarse risorse tra centinaia di iniziative prive di massa critica e grandi missioni di sistema, spesso inutili. Da moltiplicare invece gli sforzi di presenza sui medi e grandi mercati fuori dall’Europa.
Come tre anni fa, il ministro Tremonti estrae dal cappello una regola per rinegoziare i mutui a tasso variabile. Dovrebbe servire a proteggere i mutuatari più deboli dal preannunciato rialzo dei tassi, che inevitabilmente farà salire le rate da pagare. Ma in realtà il provvedimento non porta alcun vero vantaggio per chi ha sottoscritto il mutuo. Semmai ne porta alle banche. Inoltre, si sancisce per legge la morte della concorrenza.
Il decreto sviluppo modifica pesantemente il codice dei contratti. Non è la prima volta. Sempre alla ricerca di una semplificazione delle gare con aperture ancora più ampie a procedure negoziate senza bando, ma mai ottenuta finora. Altre fasi del processo sono ben più lunghe e complesse: dalla programmazione e progettazione alla realizzazione dell’opera. Nel decreto, poi, ci sono misure che sono solo imposizioni normative finalizzate al contenimento dei costi.