A tre anni dal default Parmalat, le misure introdotte per evitare il ripetersi delle crisi e ridare fiducia ai risparmiatori ci rimandano un bilancio di luci e ombre. La legge sul risparmio aumenta il grado di tutela del risparmiatore. Rimane però la questione di come attivare strumenti di vigilanza pubblica in grado di verificare tempestivamente situazioni di allarme e realizzare adeguati interventi preventivi. Non è soltanto un problema di regole. L’educazione all’investimento è altrettanto importante di un efficace apparato di protezione.
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La risposta agli scandali finanziari è stata tardiva e non ha corretto i maggiori limiti del nuovo diritto societario. E’ intervenuta sul malfunzionamento del sistema di governance mediante il ricorso a norme di tipo imperativo a tutela della minoranza. Eppure anche in Parmalat vigeva il rispetto formale delle migliori regole di governo societario. Dietro il quale, però, l’azionista di controllo esercitava un potere assoluto. Bisogna favorire il disegno di adeguati incentivi microeconomici capaci di tenere sotto controllo il pervasivo conflitto di interesse.
Fino al dicembre del 2003, l’Italia aveva un apparato di regole sufficientemente moderno per le imprese che, pagando regolarmente i creditori, erano governate dai loro azionisti. Per un eventuale crisi, scattavano però regole la cui origine era rintracciabile nel medioevo. Un panorama sconfortante, cambiato sotto i colpi di maglio del caso Parmalat. Ora occorre fare tesoro di quest’esperienza, unica e che tale deve restare, e razionalizzare la normativa per tutte le imprese, grandi, piccole e medie.
L’Unione Europea è in crisi profonda. Perché l’equilibrio originale è stato profondamente alterato dai successivi allargamenti, paralizzando le decisioni sulle grandi questioni. E perché è sceso il sostegno pubblico alle istituzioni comunitarie, a causa di politiche nazionali inadeguate ad affrontare le sfide dell’integrazione e della globalizzazione. Occorre una nuova iniziativa in tre settori critici: un disegno credibile di politiche economiche coordinate; un accordo sulla riforma del bilancio; una discussione aperta sulle questioni istituzionali. Una sintesi e, in allegato, il documento integrale.
I due candidati all’Eliseo parlano della necessità di ridiscutere lo statuto della Bce e di sottometterla alle decisioni politiche. Eppure, la banca centrale ha giocato un ruolo stabilizzatore. Mentre l’Eurogruppo non è riuscito a coordinare le politiche di bilancio degli Stati membri. Ma se si dà l’impressione di non aderire ai principi fondatori dell’Unione economica e monetaria, si creano le condizioni perché ogni proposta del governo francese venga guardata con diffidenza. Proprio quando la zona euro rischia di dover affrontare periodi difficili.
Una lettura integrata dei dati dei conti nazionali, per settore economico e per settore istituzionale, consente di confrontare le retribuzioni di fatto del settore pubblico con quelle di industria e servizi privati. Dal 1992 questi ultimi hanno avuto incrementi complessivi nominali pari, rispettivamente, al 52,4 e al 50,2 per cento. Nel settore pubblico, la crescita è inferiore fino al 2001, ma nel 2005 è del 60,3 per cento. Se si guarda ai differenziali retributivi, al netto dell’occupazione operaia lo svantaggio del settore pubblico resta ancora consistente.
Il recente rialzo dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea è stato molto criticato, soprattutto dai politici. Ma l’aspetto cruciale è capire come la banca centrale gestisce le aspettative di inflazione. Se la Bce avesse affrontato lo shock petrolifero annunciando già nel dicembre 2005 che da lì in poi si sarebbero rialzati i tassi per un certo periodo di tempo, i vantaggi sotto questo profilo sarebbero stati significativi. E non avrebbe finito per danneggiare di fatto le prospettive di crescita. Il confronto con la Fed.
Al tavolo delle trattative per il pre-accordo tra Governo e sindacati sui rinnovi dei contratti collettivi degli statali, che si riapre questa mattina, si discuterà anche del progetto di istituzione di una Authority per la valutazione dell’efficienza e produttività delle strutture pubbliche e dei loro dipendenti, elaborato da un gruppo di giuristi coordinato da Pietro Ichino e Bernardo G. Mattarella, che è stato presentato ieri al Governo e ai Segretari generali delle confederazioni sindacali maggiori. Ne pubblichiamo una sintesi e il testo integrale.
Anche se la Commissione europea ha deciso di non avviare la procedura di infrazione nei confronti delle banche popolari, una riforma resta comunque necessaria. Per evitare i rischi di autoreferenzialità del management e gli ostacoli al rafforzamento patrimoniale derivanti dal modello cooperativo. Conservare il voto capitario e rendere più trasparenti e controllabili gli assetti di governo è possibile consentendo una effettiva partecipazione dei soci, attraverso strumenti che garantiscano realistiche possibilità di organizzare il voto.
La decisione del governo di cedere il 30,1 per cento del capitale di Alitalia mette fine alle infinite chiacchiere sulla crisi della compagnia di bandiera e sulle mille ricette per uscirne. Anche se elimina dal novero dei potenziali acquirenti i soggetti non comunitari. I dubbi però restano e riguardano i paletti imposti al compratore: dal falso problema della copertura territoriale al rischio che la cessione avvenga a spese dei consumatori. Soprattutto, lascia perplessi il destino di quel 20 per cento dell’impresa che sembra rimarrà in mano pubblica.