Il Venezuela è nel mezzo di una crisi economica e istituzionale drammatica. Le origini si ritrovano in politiche assistenziali finanziate prima con gli introiti del petrolio e poi con la monetizzazione del deficit. Ora il popolo chiede un cambio di rotta.
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La cosiddetta “flat tax” del governo prevede Iva forfettaria estesa ai ricavi fino a 65 mila euro con aliquota unica al 15 per cento e – fino a 100 mila – imposta sostitutiva del regime ordinario. Incentivi all’elusione che riducono le entrate dello stato e sono ingiusti verso chi non è lavoratore autonomo. Parlando di iniquità, ne crea anche il reddito di cittadinanza. Uguale per tutti malgrado il diverso costo della vita tra metropoli e provincia oltre che tra Nord e Sud. E poi c’è la contabilizzazione della pensione civile per disabili come reddito ai fini Isee, l’indicatore usato per determinare il nuovo sussidio.
Tra le opposte fazioni contro o pro immigrazione andrebbe sperimentata una via di mezzo nei confronti sia dei richiedenti asilo che dei migranti economici. Tra l’altro, programmando flussi di lavoratori stranieri da determinati paesi e investendo di più sull’integrazione (corsi di italiano e mediatori culturali).
È una vera rivoluzione – non una semplice evoluzione tecnologica – quella che si preannuncia con la rete mobile 5G, piattaforma per il nuovo ecosistema digitale costituito da servizi innovativi nella “data economy”: trasporti, industria, media, entertainment, energia, sanità, agricoltura. E in un futuro vicino, la 5G tv.
All’esame del Parlamento la riforma di gestione e regolazione del settore idrico. Con un forte ridimensionamento del ruolo dell’autorità indipendente (Arera), si rischia di tornare agli anni Ottanta, fermando un faticoso processo di modernizzazione. A danno di cittadini e casse dello stato. Un’authority quasi sconosciuta è invece l’Ispettorato nazionale del lavoro nato quattro anni fa. Ha concentrato funzioni di vigilanza del ministero del Lavoro, dell’Inps e dell’Inail. Ma non è mai decollato. Le previste nuove assunzioni e risorse economiche aiuteranno ma c’è ancora molto da fare, a partire da una riforma del sistema sanzionatorio. Sullo sfondo, i dati sugli infortuni sul lavoro sono peggiorati nell’ultimo anno.
I dati Inail del 2018 sulla sicurezza sul lavoro non sono buoni: crescono incidenti, morti bianche e malattie professionali. E i miglioramenti dei primi anni Duemila sono solo un vago ricordo. Un passo indietro che ci fa arrancare anche rispetto all’Europa.
Il calo del Pil è colpa degli altri: dei precedenti governi, della Cina e della Germania. Così si auto-assolvono il premier Conte e la maggioranza Lega-M5s di fronte all’aumento del pessimismo delle imprese e al calo degli investimenti di fine 2018 che hanno fatto cadere l’Italia in recessione. A conferma dello scarso clima di fiducia delle scorse settimane, i dati sui flussi di capitale da e per il nostro paese mostrano che i tanti fondi disinvestiti dai Btp non sono finiti in borsa ma parcheggiati in depositi bancari a breve, facilmente liquidabili. Merito del governo – secondo il vicepremier Di Maio – lo 0,1 per cento di occupati in più del mese di dicembre. Un’ardita pretesa, di fronte a un più zero virgola di dati mensili. I più stabili dati trimestrali dicono semmai che l’occupazione totale è ferma dopo aver raggiunto il livello massimo nel secondo trimestre 2018.
Il reddito di cittadinanza è previsto uguale per tutti, da Nord a Sud. Eppure la soglia di povertà assoluta varia nelle diverse aree da 826 euro mensili a 560. Il sussidio avrà così effetti iniqui sul territorio. Tra le varie componenti, si potrebbe differenziare almeno l’importo dell’integrazione per l’affitto.
L’autorità francese per la privacy ha multato Google per 50 milioni di euro, prima applicazione delle nuove regole Ue sulla protezione dei dati personali. In nome di tre principi: trasparenza, informazione chiara e consenso. Contro l’invadenza della pubblicità indesiderata.
Per regolare i flussi migratori dall’Africa occorre capirne le cause. A partire dalla crescita demografica (oggi si contano oltre 1,2 miliardi di abitanti, il doppio della Ue) e da processi di sviluppo lunghi e complessi. Per ora il contributo dell’Italia vale solo lo 0,2 per cento del nostro Pil invece dello 0,7 a cui ci eravamo impegnati.
L’austerità basata sulla riduzione della spesa pubblica costa meno in termini di crescita di quella fondata sull’aumento delle entrate. Lo spiega, con un’analisi rigorosa, il libro di Alberto Alesina, Carlo Favero e Francesco Giavazzi in uscita per Rizzoli.
Il nuovo segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha tante sfide da affrontare. Peso dei contratti nazionali e aziendali, rappresentanza dei lavoratori precari, riequilibrio tra legge e contrattazione collettiva. Il sindacato del XXI secolo è al bivio tra pragmatismo e arrocco a difesa di un esistente che sta scomparendo.
L’austerità è una medicina necessaria al malato (l’economia) con effetti collaterali (recessivi) da ridurre al minimo. La malattia, nel nostro caso, è l’alto debito pubblico. La cura – dice un libro fresco di stampa – funziona meglio con riduzioni della spesa pubblica che con aumenti di entrate.
Per dare più risorse economiche – e autonomia – a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna si è trovato l’accordo che ammette di offrire ai cittadini maggiori e migliori servizi essenziali come scuola e salute in regioni dove il reddito regionale è più alto. Sarà a prova di Corte costituzionale?
Sperando che la situazione non degeneri e in attesa di una presa di posizione italiana, ci vorrà una cura da cavallo nel Venezuela stremato dalle politiche di Chavez prima e di Maduro poi. Dove – potere della moneta sovrana – la nuova valuta è passata dal cambio di 60 a 2084 per 1 dollaro Usa, mentre l’inflazione è a 2,5 milioni per cento (!). Proprio per stabilizzare economicamente aree in via di sviluppo, alcuni paesi africani hanno adottato il franco Cfa, prima ancorato alla moneta francese e oggi all’euro. Nel tempo ha garantito stabilità e afflusso di capitali. Ora si pone il problema dei modi e dei tempi di un suo eventuale abbandono.
I Cara – Centri di accoglienza per richiedenti asilo – sono inadeguati e superati come tipo di struttura ma ciò non significa che sia giusto deportare i rifugiati verso destinazioni sconosciute e lontane. Perché comunque possono esserci forme di integrazione nelle comunità locali, come a Castelnuovo di Porto. Ecco i numeri che aiutano a capire il problema.
Paolo Beria, Alfredo Drufuca, Marco Ponti, Riccardo Parolin e Francesco Ramella – membri della commissione per le analisi costi-benefici presso il ministero delle Infrastrutture e Trasporti – commentano l’articolo di Massimo Tavoni e Marco Percoco “Costi e benefici delle nuove linee ferroviarie: che ha ragione?”. Con la la replica degli autori.
Il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo è molto complesso. Con il “decreto sicurezza” sono state ridotte le risorse, senza ottimizzare i processi esistenti. A discapito di una vera integrazione.
Sono sempre poche le donne al World economic forum (Wef) di Davos: quest’anno solo il 22 per cento dei partecipanti. Un riflesso della loro assenza dalle stanze dei bottoni del mondo. Vale anche in Italia, dove aumenta la percentuale di donne nei Cda delle quotate ma meno gli amministratori delegati. Al Wef si è parlato anche di disuguaglianza economica: 3,8 miliardi dei più poveri al mondo hanno tutti insieme un patrimonio pari alle 26 persone più ricche. Si può discutere dei numeri precisi ma il quadro è quello.
Tim soffre di una governance instabile, incapace di esprimere una visione. In realtà la società è paralizzata da poco trasparenti lotte tra azionisti sul tema dello scorporo della rete. E così il titolo soffre in borsa mentre si ricomincia a sentire odore di intervento statale.
Il suo presidente Mario Draghi – ammettendo il rallentamento dell’economia Ue – ha confermato che la Bce non toccherà i tassi fino a dopo l’estate e che continuerà a reinvestire i titoli pubblici in scadenza. Da Francoforte una politica “accomodante” ma anche un atteggiamento severo verso le banche che dovrebbero disfarsi dei loro crediti in sofferenza. Lo stesso rigore, accompagnato da richieste di trasparenza, andrebbe applicato agli strumenti finanziari illiquidi che riempiono i conti delle banche, specie francesi e tedesche.
Arriva la stagione delle analisi costi-benefici delle grandi opere pubbliche. Vediamo come è stata fatta quella del Terzo valico ferroviario (verso la Liguria), risultata negativa. Con valutazioni discutibili, a partire dalla riduzione delle accise sul carburante (meno trasporto su gomma) considerata stranamente un costo.
Le rotte migratorie si aprono e si chiudono secondo le politiche dei paesi di transito e di arrivo. Come mostra la storia dei nostri rapporti con la Libia. Ci sarà sempre qualche percorso verso l’Europa e nessun paese può illudersi di contrastare da solo gli ingressi irregolari. Serve istituire vie legali e corridoi umanitari.
Il rapporto Oxfam sulle disuguaglianze certifica una sempre maggiore concentrazione della ricchezza. Eppure, alcuni risultati nella lotta alla povertà ci sono stati. L’arma migliore è l’accesso universale a servizi pubblici come educazione e sanità.
Perché facciamo così l’analisi costi-benefici*
Di Desk
il 29/01/2019
in Commenti e repliche
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