Finalmente sono state pubblicate le relazioni dei venti gruppi di lavoro sulla spending review del commissario Cottarelli. Sono documenti molto diversi fra loro per impianto e stesura. Ma per ridurre davvero la spesa pubblica va prima risolta la questione dei rapporti tra politica e tecnici.
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Il Governo vuole ottenere dall’Europa la clausola di flessibilità sugli investimenti pubblici, indipendentemente dalla qualità dei progetti e dei loro effetti per il paese. È un errore, tanto più in tempi di spending review. Le norme mai applicate sulla valutazione economica degli interventi.
Dalla versione presentata ad ottobre a quella approvata a dicembre la manovra è rimasta sostanzialmente immutata e con essa anche il giudizio: una manovra poco incisiva che dà l’impressione di una navigazione a vista. E le previsioni sull’aumento di Pil e avanzo primario vanno riviste al ribasso.
Il regolamento sulla revisione dell’Isee rischia lo stallo. Eppure, l’indicatore è utilizzato da un terzo delle famiglie italiane. E le correzioni e integrazioni apportate lo rendono uno strumento più efficace e certamente più equo. Sarebbe uno spreco se l’iter di approvazione non proseguisse.
La riforma del Patto di stabilità interno è da anni in cima all’agenda politica. Finora, tuttavia, i correttivi introdotti hanno seguito la logica della toppa, senza risolverne le criticità strutturali. Ora la palla passa al prossimo Governo. E le promesse da campagna elettorale si sprecano.
L’Open Budget Index classifica i paesi sulla base della quantità e qualità delle informazioni rese pubbliche su vari aspetti dei conti pubblici e del bilancio dello Stato. L’Italia vi compare per la prima volta e ottiene un punteggio non esaltante. Sono soprattutto i ritardi nella pubblicazione dei documenti a limitare la capacità della società civile, dei mezzi di comunicazione e talvolta del Parlamento stesso di influenzare e controllare l’operato del governo nella gestione delle finanze pubbliche. I miglioramenti già previsti.