Durante la pandemia è aumentato il risparmio delle famiglie. Il fenomeno è legato ad aspetti precauzionali e coinvolge non solo i giovani, ma anche i loro genitori. Politiche di sostegno al reddito possono però stimolare i consumi dei più anziani.
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Le moltissime persone che si sono dimesse dal lavoro negli ultimi mesi negli Stati Uniti sembrerebbero alla ricerca di impieghi con salari più alti e maggiore flessibilità. L’aumento del tasso di dimissioni in Italia potrebbe essere legato alle stesse ragioni.
Quota 102 è un provvedimento sbagliato, così come Quota 100. La questione della flessibilità in uscita dal mercato del lavoro andrebbe risolta attraverso il calcolo contributivo, per equità e chiarezza intergenerazionale. C’è comunque un costo da pagare.
Il modello italiano di contrattazione centralizzata dei salari fatica ad adattarsi alle diverse esigenze di una popolazione di imprese alquanto eterogenea. Lo dimostrano due recenti studi empirici. Il salario minimo potrebbe dare maggiore flessibilità.
Quando le imprese hanno potere di mercato, riescono a pagare un salario inferiore al valore di quanto prodotto dai lavoratori. È un fenomeno diffuso specialmente al Sud e in alcuni settori. L’introduzione di un salario minimo aiuterebbe ad attenuarlo.
Anche il Senato ha approvato la proposta di legge di modifica del Codice delle pari opportunità. Al centro ci sono le misure sulla promozione della parità salariale. Ma l’uguaglianza di genere continua a essere vista come un costo per le imprese.
I dati delle comunicazioni obbligatorie registrano anche in Italia un notevole aumento del numero di dimissioni nel secondo trimestre 2021. Sono gli strascichi della pandemia o segnali di un nuovo mercato del lavoro? È comunque un fenomeno da seguire.
Il dibattito sul reddito di cittadinanza si è concentrato sulla scarsa capacità della misura di avviare i beneficiari al lavoro. L’analisi dovrebbe riguardare invece i percettori che un lavoro ce l’hanno, ma ben poco stabile e scarsamente pagato.
L’Italia si è impegnata, nell’ambito del Pnrr, ad adeguare le misure per l’occupazione agli standard europei e a renderle uniformi sul territorio. Le prime scadenze sono alle porte. Ma le amministrazioni non sembrano percepire l’urgenza del cambiamento.
Il governo prepara la riforma delle politiche attive e degli ammortizzatori sociali. C’è però una domanda da farsi: la pandemia produce una riallocazione tra settori dei lavoratori italiani? Cosa emerge dall’analisi delle comunicazioni obbligatorie.