Sempre più spesso l’Opa è utilizzata in Italia per abbandonare la quotazione, riguarda grandi imprese ed è spesso associata a un cambio di controllo societario. Tutto ciò ha riflessi sulla struttura e la dimensione del nostro mercato dei capitali.
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Tante polemiche ha suscitato la consulenza di McKinsey al ministero dell’Economia ma l’assistenza tecnica alla Pa è una prassi comune. La soluzione? Una riforma profonda del pubblico impiego. In Italia si premia ancora troppo poco la ricerca universitaria d’eccellenza e l’assegnazione dei fondi pubblici è ancora troppo poco selettiva. L’innalzamento dell’età pensionabile non ha visto aumentare l’offerta di lavoro solo per chi è prossimo alla pensione. Una crescita che interessa soprattutto le donne, con conseguenze anche sulle scelte dei partner.
L’offerta pubblica di acquisto è associata sempre più spesso in Italia a un cambio di controllo societario e a un abbandono della quotazione. A risentirne è l’intera struttura del nostro mercato dei capitali. Le Spac sono società quotate in borsa create unicamente per acquistare aziende private e nell’ultimo anno hanno permesso di raccogliere ingenti risorse in modo rapido. Non senza ombre. I nuovi requisiti stabiliti dal ministero dell’Economia mirano a un aumento della qualità media degli amministratori bancari. Ma si tratta pur sempre di un intervento esterno in dinamiche societarie.
L’aumento nel 2020 del flusso delle rimesse degli stranieri si deve certamente al maggior ricorso a canali formali di trasferimento di denaro. Ma i numeri potrebbero anche nascondere progetti di rimpatrio.
Prosegue la terza stagione de lavoce in capitolo, il podcast de lavoce.info. Ci potete ascoltare ogni venerdì sul nostro sito e su tutte le app di podcast. Nel terzo episodio “Abbiamo bisogno del blocco dei licenziamenti?”, ospiti Andrea Garnero, Pietro Ichino e Lucia Valente.
Spesso un grafico vale più di tante parole: seguite la nostra rubrica “La parola ai grafici”. Quanto guadagnano gli italiani? Uno slideshow sui dati Istat della retribuzione media oraria nel 2018.
Finalmente Renzi ha dato la delega sulle pari opportunità a una ministra, Maria Elena Boschi. Un’agenda politica per l’uguaglianza di genere è fatta di tre parole: lavoro, istruzione, politica. Cioè di aiuti alla condivisione e alla conciliazione di lavoro e impegni familiari e di indirizzi scolastici che liberino le studentesse dalla schiavitù dei ruoli. Per approdare a carriere di maggiore soddisfazione, anche in politica.
Anche gli italiani hanno il loro Freedom of information act (in Usa da 50 anni, nel Regno Unito da 16) che consente loro di accedere alle informazioni detenute dalla Pubblica amministrazione e dintorni, senza motivarne la richiesta. Punto debole: mancano vere sanzioni in caso di inadempienza.
Chiunque vinca la battaglia a colpi di Opa per il controllo del Corriere della Sera subito dopo dovrà ingaggiarne un’altra per non perdere colpi nel consolidamento in corso nell’industria dei media. Un processo che Rcs affronterà in ritardo rispetto al concorrente numero uno Espresso-Stampa.
Per il Parlamento europeo la Cina non è un’economia di mercato. Ciò permette – per le regole del Wto, Organizzazione del commercio mondiale – di applicare dazi antidumping in caso di concorrenza sleale. Sullo sfondo di questa storia, una guerra fredda commerciale e tensioni tra Commissione Ue e Parlamento.
Arriva in Gran Bretagna la “soda tax”, una tassa sulle bibite zuccherate, considerate tra i grandi responsabili della diffusione dell’obesità e del costo sociale per curarla. Una misura controversa e paternalistica che colpisce i redditi più bassi e grava sulle bevande ma non su tutto il junk food.
Chi vuole comprare casa può farlo in vari modi ma con benefici fiscali molto diversi. Grazie all’ultima legge di Stabilità risulta ampiamente favorito il leasing abitativo. Una formula in più, che si aggiunge alle altre, senza il disegno di una coerente strategia per il settore immobiliare.
Dal 2 al 5 giugno il Festival dell’Economia di Trento che include una serie di incontri con gli economisti de lavoce.info. Tema di questa undicesima edizione: “I luoghi della crescita”.
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Il consiglio di amministrazione deve gestire una società nell’interesse di questa o degli azionisti? Perché talvolta divergono parecchio, in particolare nelle Opa. Il Cda deve essere una sorta di tutore con il compito di agire a vantaggio dell’impresa che non può decidere in proprio.
La vendita di Italcementi ai tedeschi HeidelbergCement è una operazione corretta dal punto di vista economico e finanziario. Ma di fronte al progressivo disimpegno delle famiglie imprenditoriali, è necessario che il paese si doti di strutture alternative di proprietà e controllo.
Dal punto di vista industriale, il matrimonio tra Pirelli e ChemChina ha una logica chiara. E l’obbligo di Opa è una buona notizia per il funzionamento del mercato azionario e per i piccoli azionisti. “Italianità” garantita nel breve periodo, ma poi tutto dipende dalla competitività del paese.
L’Opas lanciata da Mediaset su Rai Way ha suscitato una ridda di ipotesi e speculazioni. Lo statuto della società e i decreti sulla sua privatizzazione impediscono al socio pubblico di perdere il controllo. In ogni caso, è sufficiente che l’azionista di maggioranza non aderisca all’offerta.
Finalmente abbiamo un testo e i numeri della legge di Stabilità. Rispetto alle variopinte slides renziane, parecchie sorprese. A partire dal disavanzo aggiuntivo, appena sopra 7 miliardi anziché 11 miliardi. La decontribuzione per i nuovi assunti, poi, ci sarà soltanto per il 2015. Altra sorpresa: le entrate arrivano a 10 miliardi grazie alla previsione di 2,5 miliardi in arrivo dalla tassazione del Tfr in busta paga. Infine, i comuni, a differenza di Regioni e Province, hanno un saldo solo leggermente negativo con lo sblocco di 3,3 miliardi del Patto di stabilità interno.
Meglio investire sui nidi per l’infanzia -che sono frequentati solo dal 17 per cento dei bambini- piuttosto che distribuire sussidi come il bonus bebè. Per molti buoni motivi. Spiegati in un nuovo Dossier sul tema.
Demandare allo statuto delle piccole-medie imprese quotate la fissazione delle soglie dell’Opa obbligatoria -come stabilito nel decreto “Competitività”- ha varie controindicazioni. Prima fra tutte: ve li immaginate gli investitori stranieri che setacciano gli statuti per capire dove conviene investire?
Va nella direzione giusta il decreto sulla giustizia civile che vuole diffondere forme alternative di risoluzione delle controversie come mediazione e arbitrato. Improbabili, però, gli effetti positivi nell’alleggerire i tribunali perché mancano incentivi e stimoli a ricorrere a questi istituti.
Stiamo per fare enormi regali alle concessionarie autostradali con le proroghe fino a oltre il 2043 previste dal decreto “Sblocca Italia” su cui si chiede il voto di fiducia. Nella pressoché totale indifferenza di opinione pubblica e Parlamento. Sarebbe il caso di fare una seria analisi costi-benefici e di sentire il parere degli utenti.
Il “decreto competitività” prevede per le piccole imprese quotate una soglia modulabile per l’obbligo di Opa. Ma la riforma dà a Consob una discrezionalità non voluta. Ed è un nuovo freno all’ingresso di investitori istituzionali nelle Pmi quotate. Il vero problema è la dimensione delle aziende.
Soglie Opa e trasparenza
Di Renzo Costi e Francesco Vella
il 27/10/2014
in Commenti e repliche
Grazie a Salvatore Bragantini per le osservazioni che consentono di approfondire e sviluppare le ragioni della nostra proposta.
Prima però alcuni rapidi chiarimenti sul quadro regolamentare. Innanzitutto per le imprese “grandi” il superamento del 25 per cento non comporta l’obbligo di lanciare l’Opa se un altro azionista ha il 25,1 per cento e non necessariamente, come sostiene Bragantini , il 30 per cento. La direttiva comunitaria non impone una soglia fissata dalla legge, ma consente anche allo statuto di determinarla, così come, e rinviamo al nostro articolo, già oggi per tutte le società, la disciplina vigente prevede ampi rinvii allo statuto.
In altri termini, chiunque voglia lanciare un Opa in Italia comunque lo statuto se lo deve guardare e non ci sembra che leggere una clausola in più rappresenti un insormontabile costo, capace di terrorizzare nuovi investitori. Nelle ipotesi, comunque, che il potenziale investitore riesca a fare il biblico sforzo, conoscerà con precisione lo scenario che lo aspetta e non sarà esposto agli inconvenienti finora riscontrarti nella rigidità della soglia fissata per legge e , forse, il mercato funzionerà meglio. Può darsi che questo significhi “vezzeggiare” le Pmi, ma se il problema, come giustamente dice Bragantini, è quello della crescita dimensionale, vogliamo cercare tutte le possibili strade che realisticamente possano aiutare a raggiungere questo obiettivo, oppure continuiamo a tenerci regole che non sono state capaci finora di favorire la fuoriuscita dal “ghetto dimensionale”? Ci fa più comodo un’impresa piccola e familiare che se ne sta ai margini del mercato, oppure un’impresa sempre piccola e sempre familiare, ma meno spaventata perché lei stessa può decidere le modalità di accesso alla quotazione e che si apre alla raccolta di risorse esterne e al vaglio di investitori e analisti? La trasparenza e il mercato guadagnano di più con la prima o con la seconda tipologia di impresa?
E poi, tranquillizziamo Bragantini, se una Pmi quotata supera le soglie dimensionali non dovrà nuovamente cambiare lo statuto, semplicemente le si applicheranno le regole che valgono per tutte le altre società e gli investitori non saranno costretti a trascorrere le loro serate rileggendosi gli statuti.