Il sito Italia Domani dovrebbe riportare lo stato di avanzamento dell’attuazione del Pnrr, ma mancano aggiornamenti sul primo semestre 2023. Forse perché molti progetti hanno accumulato ritardi. Il timore è che derivino da limiti di gestione strutturali.
Come procede la realizzazione delle misure
I nodi sulla realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e del Piano nazionale complementare (Pnc) iniziano a venire al pettine. Le prime avvisaglie si sono avute a giugno con la relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr, in cui sono evidenziate diverse criticità. Il rischio è che le difficoltà riscontrate nella fase di realizzazione dei progetti denotino una impreparazione strutturale dei soggetti titolari e attuatori a portare a termine gli interventi nei tempi prestabiliti. La Commissione europea già intravede per l’Italia un crescente rischio di ritardi: se continuassero ad accumularsi, i progetti non potrebbero essere completati entro la data prevista del 2026.
Nella prima fase, hanno prevalso i traguardi che consistevano nell’approvazione di norme primarie e secondarie utili a creare le condizioni per la realizzazione degli interventi entro la fine del 2026, anche sotto forma di semplificazioni delle procedure ordinarie.
Successivamente, sono arrivate le scadenze sugli obiettivi quantitativi, in alcuni casi intermedi rispetto a quello finale da raggiungere successivamente.
La terza rata, legata alle scadenze di dicembre 2022, dopo lunghi mesi di trattativa, ha avuto finalmente il via libera dalla Commissione europea, ma è stata decurtata di oltre mezzo miliardo di euro (da recuperare in seguito) per il mancato raggiungimento dell’obiettivo sul numero degli alloggi per studenti universitari.
Tabella 1 – Stato di avanzamento dei lavori del Pnrr e del Pnc al 30 giugno 2023
Le scadenze Pnrr al 30 giugno 2023
la quarta rata da 16 miliardi potrà essere pagata dopo l’approvazione della richiesta di revisione del Piano e la verifica dei 20 traguardi (milestone) e 7 obiettivi (target) previsti nel primo semestre 2023.
Esistono fondati dubbi sul conseguimento di alcuni di questi traguardi e obiettivi, sui quali manca un riscontro sul sito ufficiale Italia Domani, fermo al 2022. Vediamoli.
La riforma del pubblico impiego prevedeva l’entrata in vigore degli atti giuridici. Sono state approvate una serie di modifiche, tra cui il regolamento sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi (Dpr 82/2023 del 16 giugno 2023). Non per questo, però, si può affermare che il quadro di riforma sia stato completato.
Completare l’adozione di tutti i regolamenti e delle fonti di diritto derivato necessari per l’effettiva applicazione delle leggi attuative per le riforme della giustizia richiede il varo di oltre venti atti attuativi. Nella terza relazione al Parlamento di fine maggio 2023 il governo ha dichiarato di voler mantenere l’impegno, anche se non è facile comprendere se tutti gli atti siano stati effettivamente emanati.
Per quanto riguarda la riforma sulla semplificazione amministrativa e la riduzione degli ostacoli normativi alla diffusione dell’idrogeno sembra manchino alcuni decreti attuativi.
Sugli investimenti, il governo ha chiesto di stralciare il target intermedio di 1,4 milioni di metri quadri del Sismabonus, non essendo chiaro il contributo che apporterebbe alla transizione verde (probabilmente non è stato conseguito). Per compensare, l’obiettivo dell’Ecobonus viene aumentato da 12 milioni a 13,4 milioni di metri quadri.
La rinaturazione del Po prevedeva la revisione del quadro giuridico. Secondo Irpimedia, il progetto si è impantanato ancora prima di iniziare, con i due soggetti proponenti – Wwf e Anepla – esclusi dal gruppo di lavoro e alcuni dipendenti della stazione appaltante Aipo coinvolti in episodi di corruzione.
Sulla installazione di infrastrutture di ricarica elettrica si registrano ritardi nell’aggiudicazione degli appalti pubblici.
L’accordo per promuovere la transizione dal metano all’idrogeno verde in settori hard-to-abate si caratterizza per due elementi di debolezza riconducibili a “eventi e circostanze oggettive” e a difficoltà amministrativo-normative. Per questo motivo, secondo quanto riportato sulla piattaforma ReGiS al 19 giugno, il traguardo non è stato raggiunto.
Per l’installazione di stazioni di rifornimento a idrogeno è stato chiesto di ridurre l’obiettivo previsto da 40 a 35 colonnine.
Il rinnovo del parco ferroviario regionale sconta forti ritardi nell’aggiudicazione degli appalti, per l’insorgere di maggiori costi e caro prezzi di energia e materiali, ritardi nella consegna, oltre a possibili ritardi legati alle procedure.
Per ciò che riguarda la space economy, non è chiaro se siano stati aggiudicati tutti gli appalti pubblici, anche per la sovrapposizione e duplicazione con i progetti previsti dal Pnc.
Il sostegno finanziario previsto dal Fondo impresa donna alle imprese femminili è stato attivato attraverso uno sportello per la presentazione delle domande relative alle agevolazioni. Al 30 giugno 2023, sulla base dei requisiti di ammissibilità erano state individuate 743 beneficiarie, ma l’obiettivo dell’effettiva erogazione a 700 imprese non sembra essere stato conseguito.
La costruzione, riqualificazione e messa in sicurezza di asili nido, scuole dell’infanzia e servizi di educazione e cura della prima infanzia si è scontrata con l’aumento dei costi o la scarsità materiali, oltre a difficoltà normative, amministrative, gestionali. Il numero insufficiente di progetti presentati, in particolare al Sud, risente della cronica incapacità progettuale degli enti locali.
Il Piano nazionale complementare
Le cose non vanno meglio per il Piano nazionale complementare da 30,6 miliardi di euro, formato da 24 programmi di investimento aggiuntivi (per un importo di 19,369 miliardi) e 6 programmi “cofinanziati” Pnrr-Pnc, per 11,254 miliardi.
Non avendo gli stessi vincoli di rendiconto alla Commissione europea, il Pnc viaggia a ritmi ancor più rallentati. Il monitoraggio sullo stato di avanzamento dei lavori al 30 giugno 2023, affidato alla Ragioneria generale dello stato, evidenzia che su ventitré obiettivi del secondo trimestre ne erano stati conseguiti appena quattro (17 per cento), altri dieci erano in ritardo (44 per cento) e nove non conseguiti affatto (39 per cento).
Cosa va fatto entro il 2023
Il governo italiano ha presentato alla Commissione europea una proposta di revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Oltre al definanziamento di 9 investimenti per quasi 16 miliardi di euro, le modifiche comporteranno anche la rimodulazione (generalmente al ribasso) di obiettivi e traguardi che interessano 144 tra investimenti e riforme, nonché l’aggiunta di nuovi obiettivi di politica energetica previsti da RePowerEU.
Le modifiche richieste non appaiono marginali e la Banca d’Italia ha osservato che la rimodulazione di fondi già assegnati rischia di rallentare la realizzazione dei progetti.
La revisione comporterà anche lo slittamento dell’iter di validazione e pagamento della quarta rata.
Nel frattempo, dovranno essere portati a compimento 24 traguardi e 45 obiettivi del Pnrr entro il 31 dicembre 2023, tra cui quelli riguardanti la realizzazione di nuovi impianti di gestione rifiuti e l’ammodernamento di quelli esistenti. Ad essi si aggiungono altri 35 obiettivi del fondo nazionale complementare. I ritardi fin qui accumulati non consentono distrazioni sul conseguimento delle misure già concordate con la Commissione europea, a prescindere dall’esito della revisione in corso. La strada è tutta in salita.
* L’articolo riflette solo l’opinione degli autori e non impegna in alcun modo l’Istituto di appartenenza.
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Firmin
Cosa potevamo aspettarci quando un piano subisce una revisione maggiore nel passaggio dai governi Conte I a quello Draghi e poi un trasferimento completo di competenze dal MEF alla Presidenza del consiglio durante il governo Meloni? E cosa potevamo aspettarci da una PA strutturata intenzionalmnete per seguire procedure piuttosto che raggiungere risultatiu concreti? E cosa prevedere dopo la fuga di una buona parte degli esperti assunti per seguire i vari progetti? Fino a quando si è trattato di produrre solo atti legislatvi (produzione di carta a mezzo di carta) non ci sono stati troppi problemi a rispettare le scadenze (facendo passare anche provvedimneti molto discutibili come la riforma Cartabia), ma ora è arrivato il momento di realizzare delle opere e i nodi vengono al pettine. Solo l’accondiscendenza della CE ha permesso finora di incassare le quote di prestiti e contributi a fondo perduto. Vedremo se questo atteggiamento continuerà fino al 2026.
Savino
Senza idee se non si lascia fare a quei giovani che hanno studiato, gli unici a poter sbloccare una situazione di immobilismo.
Firmin
Non condivido questa fiducia nei giovani competenti. Se non si modificano profondamente diritto e pratiche amministrative anche i funzionari più motivati non potranno fare nulla, anzi il loro entusiasmo potrebbe risultare controproducente. Sarebbe come far guidare i mezzi pubblici a piloti di formula uno: invece di migliorare il servizio, si sfascerebbero gli autobus e si terrorizzerebbero i passeggeri.