L’esclusione dal Pnrr di investimenti degli enti locali è dovuta anche ai target stringenti fissati dalla Commissione europea. Che sembra invece disponibile a prevedere obiettivi più facili da raggiungere per le misure che prevedono sussidi alle imprese.

Le difficoltà degli investimenti pubblici

Gran parte delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza definanziate con la decisione di modificazione del Consiglio europeo riguardano investimenti pubblici a livello locale. Lo ha evidenziato un recente contributo pubblicato su lavoce.info, segnalando tra le possibili motivazioni della scelta la destinazione delle risorse a sussidi al mondo delle imprese, caratterizzati da target e milestone più facilmente raggiungibili.

In un altro articolo ho cercato di evidenziare le difficoltà tecniche che possono aver portato il governo a propendere per l’esclusione di questi investimenti. A tali difficoltà se ne aggiungeva sicuramente un’altra: gli stringenti target quantitativi previsti. Si tratta di una caratteristica che accomuna gli investimenti infrastrutturali presenti nel Pnrr, per i quali i target finali richiedono una evidenza della “messa a terra” o degli effetti prodotti dagli interventi.

I target per le opere dei comuni in materia di efficienza energetica e sicurezza sismica e idrogeologica – le due misure di più ampie dimensioni che sono state definanziate – prevedevano il completamento entro il primo semestre del 2026, rispettivamente, di 30 mila e 5 mila interventi, mentre per gli investimenti di rigenerazione urbana il target consisteva nella conclusione di tutti gli interventi.

Si trattava quindi di obiettivi estremamente impegnativi, considerata la mole di investimenti sinora gestita dagli enti locali e le loro difficoltà e lentezze nello svolgimento delle procedure amministrative per la realizzazione degli interventi. Lentezze ben note anche alla Commissione europea e che l’hanno indotta a richiedere la loro conclusione entro la durata del Pnrr.

Più fiducia nella realizzazione degli investimenti privati

La stessa Commissione, tuttavia, si è mostrata meno perentoria sui tempi di conclusione degli investimenti nei casi in cui siano realizzati attraverso sussidi alle imprese, soprattutto se assegnati attraverso procedure a bando o negoziate.

Per quanto riguarda una delle misure introdotte con la decisione del Consiglio Ue in sostituzione delle opere comunali, il Fondo rotativo per i contratti di filiera, l’allegato alla decisione prevede come obiettivo finale la stipula di convenzioni di sovvenzione giuridicamente vincolanti con i beneficiari finali entro il primo semestre del 2026 per un importo pari al 100 per cento delle risorse del Pnrr. La stipula di accordi giuridici con i beneficiari, ai fini della concessione dei sussidi, rappresenta altresì l’obiettivo finale della misura inserita nella nuova Missione relativa a RePowerEU per il sostegno all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nelle Pmi.

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Anche nella versione originaria del Piano sono presenti numerose misure di incentivo alle imprese per le quali l’obiettivo finale non richiede la realizzazione e la conclusione degli investimenti sussidiati. Nell’ambito delle misure in capo al ministero delle Imprese e del made in Italy, l’obiettivo finale dei contratti di sviluppo relativi alle filiere strategiche consiste nella firma di 40 contratti entro il 2023, mentre per le misure “Partenariati per la ricerca e l’innovazione -Orizzonte Europa” e “Ipcei”, il target finale è rappresentato dal numero di progetti e di imprese a cui è stato assegnato il sostegno. Per i contratti di sviluppo relativi alla produzione di autobus elettrici, invece, è prevista solo una Milestone che consiste nell’emanazione di un decreto ministeriale che individui le risorse necessarie per rinnovare la filiera. 

La Commissione, pertanto, sembra mostrare una maggiore fiducia sull’effettiva e rapida attuazione degli investimenti privati. Difatti, in luogo della conclusione degli interventi prevista per le misure relative a infrastrutture pubbliche, per gli investimenti privati è stata considerata sufficiente, come condizione per il raggiungimento del target finale, una fase (l’individuazione delle imprese o il contratto fra ente erogatore pubblico e beneficiario privato) che, per gli investimenti pubblici, può essere equiparata alla conclusione della procedura per l’affidamento dei lavori. L’affidamento dei lavori, al pari dell’individuazione o stipula del contratto con il beneficiario, non danno ancora alcuna certezza sui tempi e sull’effettiva conclusione dell’investimento.

Inoltre, mentre i bandi di gara per gli investimenti pubblici prevedono penali in caso di ritardi o mancata esecuzione dell’affidatario, tali clausole non sono presenti nelle procedure di selezione delle imprese. Per esempio, dall’ultimo bando dei contratti di filiera, finanziato con le risorse del Piano nazionale complementare, si evince come non sia prevista alcuna penale in caso di mancata effettuazione degli investimenti da parte dei beneficiari firmatari, i quali possono anche chiedere, successivamente alla stipula, una variazione degli interventi originariamente previsti attraverso un addendum al contratto (possibilità ampiamente utilizzata dai beneficiari dei contratti del precedente bando). Anche la data entro la quale devono essere realizzati gli interventi può essere oggetto di richiesta di proroga da parte dei beneficiari e in ogni caso, nell’ipotesi di parziale realizzazione degli investimenti, l’agevolazione è comunque erogata in misura delle spese sostenute.

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Nel caso in cui fossero replicate anche nei nuovi bandi per l’assegnazione dei due miliardi del Pnrr, queste clausole non renderebbero possibile prevedere quali e quanti interventi saranno effettivamente realizzati entro il 2026, né definire con certezza, al primo semestre 2025, la percentuale degli interventi che contribuisce al raggiungimento degli obiettivi climatici.

In conclusione, con l’avvicinarsi della conclusione del Pnrr, è ben comprensibile la scelta del governo di optare per il dirottamento delle risorse verso misure, come i sussidi, per le quali la Commissione, anche in sede di revisione, si è mostrata disponibile a concordare target di più facile realizzazione.

La disponibilità della Commissione può essere presumibilmente collegata al ruolo attribuito alle misure di politica industriale inserite nel Pnrr ai fini della ristrutturazione e transizione sostenibile dei processi produttivi.

Vi è da augurarsi che un’analoga flessibilità sia dimostrata, ove necessario, anche nei confronti di investimenti infrastrutturali presenti nel Piano, di cui beneficerebbero numerose comunità e territori e che sicuramente aiuterebbero ad avvicinare l’Europa ai cittadini.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autore e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza.

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