Pedro Sánchez è diventato capo del governo spagnolo nel 2018. In questi anni, i risultati economici del paese sono stati invidiabili. Ma alle amministrative di maggio gli spagnoli hanno virato a destra. Probabilmente faranno altrettanto il 23 luglio.

Le elezioni del 23 luglio

Domenica 23 luglio in Spagna si terranno le elezioni generali, convocate in via anticipata dall’attuale presidente del governo, Pedro Sánchez, leader del Partito socialista operaio spagnolo (Psoe). Inizialmente erano previste per dicembre 2023, ma dopo il voto amministrativo del 28 maggio, che ha visto la destra primeggiare nelle più grandi città (Madrid, Valencia, Siviglia), il primo ministro ha deciso di non aspettare la naturale scadenza del suo mandato. Gli elettori spagnoli, dunque, tornano alle urne.

È nel 2018 che il leader dello Psoe è diventato capo di governo, dopo una mozione di sfiducia mossa contro l’esecutivo di Mariano Rajoy, a seguito del suo coinvolgimento in alcuni scandali legati alla corruzione. Rajoy era a capo del Partito popolare (Pp), la principale forza politica della destra spagnola. Lo Psoe è così riuscito a insediarsi, anche grazie all’appoggio dell’altro partito di sinistra Unidas podemos (Up); i due alleati potevano contare in parlamento su 155 seggi su 360 totali, contro i 165 delle opposizioni. Il governo è riuscito a reggere fino a ora solo grazie all’appoggio esterno o all’astensione di alcune formazioni nazionaliste, tra cui i due partiti baschi. Ma già da un sondaggio di febbraio 2023, la situazione sembrava peggiorare per lo Psoe e, in generale, per la sinistra. Anche le ultime stime accertano un miglioramento più evidente e marcato per la destra (sia per il Pp sia per Vox, un partito di estrema destra), che potrebbero raggiungere una maggioranza di ben 172 seggi in parlamento.

Lo slittamento di preferenze verso la destra emerge anche da un’altra parte del sondaggio, che mirava a indagare le preferenze elettorali dei cittadini, chiamati a rispondere alla domanda: “Ri-voteresti oggi lo stesso partito che hai votato nel 2019?”. Gli elettori di Psoe e Up sono più propensi a cambiare, con solo un 66 per cento che ri-voterebbe lo Psoe, avendolo votato in passato, e un 70 per cento che ri-voterebbe Up. La tendenza è amplificata per i partiti di destra. Uno dei dati che fa più riflettere – e porta a chiedersi perché nonostante il buon operato di Sánchez si sia arrivati a un ribaltamento verso destra – è quello che riguarda gli ex elettori dello Psoe che adesso voterebbero il Pp: il 7,3 per cento. La vittoria della destra, però, non stupirebbe: l’alternanza tra partiti di diverso colore non è nuova nel panorama politico spagnolo.

Una storia di trasformazioni epocali

Negli ultimi cinquant’anni, la storia politica della Spagna ha subito trasformazioni di proporzioni epocali. Dopo la morte del dittatore Francisco Franco, il paese ha intrapreso una transizione graduale e pacifica verso la democrazia. Nel 1977, i cittadini spagnoli hanno partecipato alle prime elezioni democratiche dopo oltre quattro decenni di regime autoritario. La vittoria è andata all’Unione del centro democratico (Ucd), un partito di centro guidato da Adolfo Suárez.

Negli anni Ottanta e Novanta, la scena politica è stata dominata da due partiti principali: Psoe e Pp. Ancora oggi, le due formazioni dominanti si alternano al potere, ma a causa del sistema elettorale sono spesso costrette a formare coalizioni con i partiti minori. I governi di diverso colore che si sono succeduti hanno promosso varie riforme a livello economico e sociale, accompagnando il paese nella crescita economica, ma non solo. Tuttavia, non sono mancate le difficoltà, con due delle sfide più significative rappresentate dalla crisi del 2008 e dalla questione dell’indipendenza della Catalogna.

Sotto la guida di Sánchez l’andamento dell’economia spagnola è stato invidiabile. Il Pil del paese continua a crescere a un ritmo superiore alla media dell’Unione europea: nel primo trimestre del 2023, l’economia è cresciuta dello 0,6 per cento, portando la variazione su base annua al 4,2 per cento. Anche sul fronte della disoccupazione si è ottenuto un segnale piuttosto positivo, con il valore più basso mai più registrato dopo la grande crisi del 2008. L’inflazione è scesa all’1,9 per cento, consacrando la Spagna come la sola economia nell’Unione a rispettare, oggi, l’obiettivo del 2 per cento. Per affrontare la crisi energetica, Madrid sembra aver adottato una ricetta efficace, scollegando il prezzo del gas da quello dell’elettricità e limitando i potenziali effetti negativi sulla popolazione, a cui gli altri paesi del Vecchio Continente potrebbero ispirarsi.

Alla vigilia delle nuove elezioni, il clima che si respira è quello di un’inedita campagna elettorale, che vede il paese spaccato in due. La destra sta cercando di accaparrarsi il consenso di un numero crescente di elettori, conducendo una campagna volta semplicemente a distruggere l’avversario. Lo slogan di Feijóo, per esempio, è “derogare il sanchismo”: non solo schiacciare lo Psoe alle elezioni del 23 luglio, ma annullare tutte le leggi approvate nel corso degli ultimi anni. Alla fine, il risultato dipenderà dall’elettorato di sinistra, perché non ci sono dubbi sul fatto che quello di destra, sia quello di Pp sia quello di Vox, sia assolutamente iper-mobilitato.

L’endorsement di Giorgia Meloni all’estrema destra spagnola

Le elezioni anticipate hanno ampia risonanza anche fuori dai confini spagnoli. Il 13 luglio scorso, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è intervenuta in collegamento video al comizio elettorale organizzato da Vox a Valencia per esprimere il proprio appoggio al partito e ribadire  “la grande amicizia che accomuna i patrioti italiani di Fratelli d’Italia e quelli spagnoli di Vox”. Non è la prima volta che Meloni si schiera a favore di questo partito. A giugno del 2022, la leader di FdI si era recata in Andalusia per sostenere Macarena Olona, candidata di Vox alle elezioni regionali, e il suo intervento in difesa della “famiglia tradizionale” e dei confini nazionali era diventato virale. Pochi mesi dopo, all’inizio di ottobre, Meloni ha riaffermato le proprie convinzioni, seppur con toni più moderati, al raduno dei principali esponenti della destra conservatrice europea, organizzato a Madrid dal leader di Vox, Santiago Abascal.

La presa di posizione di Meloni non stupisce; infatti, FdI è politicamente molto vicino a Vox e, se confrontati, i programmi elettorali dei due partiti (qui e qui) hanno diversi punti in comune. Il partito di Abascal, fortemente critico nei confronti dell’attuale esecutivo, ha intenzione di modificare, o in alcuni casi abrogare, le leggi a tutela dei diritti delle comunità Lgbtq+ e trans, la legge sull’aborto e quella sulle aggressioni sessuali – la cosiddetta legge del “Sólo sí es sí” sul consenso nei rapporti sessuali. In aggiunta, nonostante il tema del lavoro dignitoso sia presente nel suo programma elettorale, Vox vuole cancellare la riforma del mercato del lavoro della ministra Yolanda Diaz, che aveva ridato centralità alla contrattazione collettiva e ridotto la precarietà (ne avevamo parlato in questo articolo). Tra le altre grandi tematiche c’è anche quella dell’immigrazione: come FdI, Vox intende difendere i confini nazionali e contrastare l’immigrazione illegale, adottando un approccio poco tollerante nei confronti di coloro che entrano nel paese clandestinamente. Il desiderio è quindi quello di affermare la sovranità della Spagna, così come anche la sua identità attraverso la promozione della lingua nazionale, della cultura e degli usi e costumi spagnoli − si ricordi la proposta di legge sulla lingua italiana, promossa da FdI.

Se Vox dovesse far parte della coalizione vincente, per la prima volta dopo la fine del regime franchista, il governo centrale spagnolo avrebbe al suo interno componenti di un partito apertamente di estrema destra. La Spagna ricopre attualmente la presidenza del Consiglio dell’Unione europea, ruolo che le permetterà di definire l’agenda politica europea fino alla fine dell’anno. Un eventuale successo del partito di Abascal potrebbe dunque ostacolare la transizione verso un’Europa più sostenibile e inclusiva e avere ripercussioni oltre i confini nazionali.

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