La modifica del Pnrr ha ridotto il numero di nuovi posti negli asili nido da realizzare, ma il governo ha confermato gli obiettivi di copertura per il 2026 e il 2030. Nel perseguirli, andrebbe tenuto conto delle lezioni del Pnrr e dei divari territoriali.
La riduzione del numero di nuovi posti disponibili
Il 24 novembre la Commissione europea ha espresso una valutazione positiva del Piano nazionale di ripresa e resilienza modificato dell’Italia. Tra le modifiche, rientra la riduzione da 264.480 a 150.480 dei nuovi posti da creare per servizi di educazione e cura a favore della prima infanzia.
La riduzione di questo obiettivo trae origine da due motivi. Il primo, di carattere esogeno, è legato, come indicato nella decisione, all’incremento dei costi delle materie prime, che ha ridotto il numero di nuovi posti realizzabili con le risorse a disposizione dei singoli progetti.
Il secondo motivo va ricercato nella modalità con cui sono state selezionate le proposte progettuali.
Come già evidenziato su questo sito, l’avviso pubblico per il finanziamento dei nuovi progetti relativi agli asili nido perseguiva non solo l’obiettivo quantitativo della creazione di nuovi posti, ma anche quello del miglioramento qualitativo dei posti esistenti (ininfluente ai fini del raggiungimento del target europeo).
L’avviso, difatti, prevedeva l’ammissibilità delle proposte progettuali per ristrutturazioni e messe in sicurezza anche nei casi in cui avessero previsto incrementi del livello di copertura del servizio particolarmente contenuti.
Di conseguenza, non era in alcun modo possibile prevedere a priori l’effettivo numero di nuovi posti che si sarebbero finanziati con le risorse messe a bando, dal momento che dipendeva dalle tipologie e dal contenuto delle proposte che sarebbero pervenute dai comuni.
Anche la leva del maggior punteggio riservato alle proposte caratterizzate da un più elevato incremento di nuovi posti si è rivelata vana. Il decreto finale di assegnazione delle risorse ha infatti finanziato tutti i progetti ammissibili, dato che il loro valore complessivo risultava inferiore allo stanziamento previsto.
Le differenze fra territori
Nonostante la riduzione del target, il governo ha comunicato l’intenzione di investire ulteriori risorse per aumentare il numero dei posti negli asili nido, con l’obiettivo di assicurare, in coerenza con il pertinente Lep (livello essenziale delle prestazioni), la copertura dei servizi di educazione e cura al 33 per cento dei bambini di età inferiore ai tre anni entro il 2026, per poi arrivare al 45 per cento entro il 2030, come previsto dalla Raccomandazione del Consiglio europeo.
Si tratta di un impegno importante e opportuno, considerato il ruolo centrale degli asili nido nel favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro (vedi qui e anche qui) e la fecondità.
Al 31 dicembre 2021 in Italia erano disponibili 350.307 posti autorizzati per servizi educativi alla prima infanzia, con un tasso di copertura di circa il 28 per cento. Se i posti del 2021 rimanessero invariati, la realizzazione di tutti quelli indicati nel nuovo obiettivo del Pnrr consentirebbe di portare al 42 per cento il tasso di copertura rispetto alla popolazione al di sotto dei 3 anni prevista per gli anni 2026 e 2030.
Il superamento della soglia del 33 per cento sottenderebbe comunque divari di copertura ancora significativi fra Centro-Nord e Mezzogiorno, con la concreta possibilità che alcune regioni meridionali, in particolare Sicilia e Campania, rimangano al di sotto del Lep anche dopo la realizzazione degli interventi del Pnrr. Il rischio era già stato paventato dall’Ufficio parlamentare di bilancio e su questo sito, e diventa ancor più concreto ed esteso alla luce della recente riduzione del target del Piano.
Proprio per questo motivo, vanno considerate con attenzione non solo le risorse, ma anche le modalità attuative con cui assicurare l’omogenea realizzazione in tutto il territorio nazionale degli obiettivi di copertura.
Al riguardo, sarebbe auspicabile che il ministero per l’Istruzione e il merito assumesse un ruolo più centrale e proattivo, superando la logica delle procedure a bando che ha caratterizzato il Pnrr e che ha fortemente indebolito l’obiettivo di offrire il servizio del nido a tutti i bambini italiani indipendentemente da dove risiedano.
In particolare, il ministero dovrebbe partire da una mappatura dei fabbisogni che tenga conto dei nuovi posti creati con il Pnrr, per poi procedere all’assegnazione diretta delle risorse, in primo luogo ai comuni che si caratterizzino per un tasso di copertura inferiore al Lep e, successivamente, a quelli che si trovano al di sotto della nuova soglia del 45 per cento, sostenendoli nell’azione amministrativa, anche attraverso l’attivazione di appositi programmi di assistenza tecnica.
Per quel che riguarda gli aspetti finanziari, partendo dalle stime formulate lo scorso anno dall’Ufficio parlamentare di bilancio in merito al costo medio di realizzazione di un nuovo posto asilo (circa 14.300 euro) e ipotizzando che lo shock inflazionistico degli ultimi 18 mesi abbia comportato un aumento del 12 per cento, si arriverebbe attorno ai 16 mila euro per posto.
Per raggiungere la soglia del 45 per cento al 2030 occorrerebbe creare circa 37 mila posti in aggiunta a quelli in corso di realizzazione con il Pnrr, dunque il fabbisogno finanziario sarebbe di 600 milioni di euro.
La riforma introdotta nella nuova versione del Pnrr, relativa all’integrazione delle politiche europee di coesione con quelle del Piano, lascia presumere che il fabbisogno venga coperto innanzitutto attraverso il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fesr), che si caratterizza per una concentrazione delle disponibilità nelle regioni che più necessiteranno della realizzazione di ulteriori posti e i cui programmi già dispongono di una dotazione di 245 milioni a favore delle infrastrutture per la prima infanzia.
Tabella 1 – Risorse Fesr destinate alle infrastrutture per la prima infanzia
Tale dotazione andrebbe ulteriormente rafforzata soprattutto attraverso il Programma nazionale scuole e competenze gestito dal ministero dell’Istruzione.
Ulteriori risorse potrebbero essere infine assegnate al ministero a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc), nell’ambito degli Accordi per la coesione introdotti dal decreto legge Sud.
La nuova dotazione di 600 milioni di euro, se destinata esclusivamente alla realizzazione di nuovi posti e ai comuni con i maggiori fabbisogni, potrebbe consentire una copertura omogenea su tutto il territorio nazionale dei servizi di educazione e cura a favore della prima infanzia, in linea con gli obiettivi fissati a livello europeo.
* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autore e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza.
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