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Così l’intelligenza artificiale rivoluziona le politiche attive del lavoro

Il “decreto coesione” contiene una norma che permette di utilizzare l’intelligenza artificiale nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Se non sarà depotenziata, potrà portare cambiamenti radicali.

Le novità nel “decreto coesione”

Qualcosa si muove nel panorama asfittico delle politiche attive del lavoro italiano. Dopo l’abolizione dell’Agenzia nazionale sulle politiche attive (Anpal) e la creazione di un sistema informativo unico, realizzato dall’Inps, che per la prima volta mette in comunicazione le politiche attive e le politiche passive del lavoro (Siisl), il governo si preoccupa di ammodernare finalmente i servizi per il lavoro. E lo fa con una norma del “decreto coesione” (Dl n. 60 del 7 maggio 2024, articolo 26) che, se non verrà stravolta dagli apparati amministrativi con le indicazioni di dettaglio e l’alibi della privacy, può segnare l’inizio della fine dei centri per l’impiego regionali così come li abbiamo conosciuti finora, ridotti oggi a meri passacarte nella maggior parte delle regioni italiane, soprattutto quelle del Mezzogiorno, e della formazione professionale inutile e autoreferenziale.

La norma consente ai datori di lavoro di pubblicare sul Siisl le posizioni vacanti dei loro organici. E consente a tutti gli utenti, e non solo ai percettori di politiche passive o di sussidi, di accedere al sistema per cercare le occasioni di lavoro. Ma non basta: il Siisl sarà in grado di pubblicare anche tutti gli annunci di lavoro presenti su bacheche on line, divenendo, nei fatti, un efficace motore di ricerca. E l’intelligenza artificiale potrà essere finalmente utilizzata nel servizio per l’incontro tra domanda e offerta.

L’intelligenza artificiale al servizio del mercato del lavoro

La piattaforma Siisl permette l’interoperabilità di tutte le piattaforme digitali dei soggetti che erogano servizi in ambito sociale e del lavoro. Oggi sono obbligati a iscriversi al Siisl tutti i percettori dell’Assegno d’inclusione (che da settembre 2023 ha sostituito il Reddito di cittadinanza) e tutti i soggetti occupabili. Ma il “decreto coesione” prevede (articolo 25) che saranno iscritti d’ufficio alla piattaforma Siisl anche tutti i percettori dell’indennità di disoccupazione e i lavoratori che hanno cessato un rapporto di collaborazione (co.co.co). 

Attraverso la registrazione sulla piattaforma, tutti i percettori di un’indennità o un sussidio accedono a informazioni e proposte su offerte di lavoro, corsi di formazione, tirocini di orientamento e formazione, progetti utili alla collettività e altri strumenti di politica attiva del lavoro adeguati alle proprie caratteristiche e competenze, nonché a informazioni sullo stato di erogazione del beneficio e sulle attività previste dal patto di servizio personalizzato e dal patto per l’inclusione. La piattaforma agevola la ricerca di lavoro, l’individuazione di attività di formazione e rafforzamento delle competenze e la partecipazione a progetti utili alla collettività.

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Finora però nessuno era in grado di dire quante di queste persone avessero accettato e, soprattutto, quanti avessero rifiutato un’offerta congrua di lavoro: il controllo è affidato ai servizi per l’impiego, ma quasi mai effettivamente eseguito. Anche perché, talvolta, si avvalgono ancora del servizio postale.

Adesso tutto potrebbe cambiare. Perché la norma prevede anche l’utilizzo dell’IA per l’abbinamento ottimale delle offerte e delle domande di lavoro. In altre parole, sarà l’intelligenza artificiale a esaminare tutte le offerte di lavoro e tutti i curricula che i percettori sono obbligati a caricare al momento della iscrizione sul Siisl.

Questo vuol dire che nel prossimo futuro la congruità dell’eventuale offerta di una occupazione – ovvero la coerenza tra la proposta di lavoro e le esperienze e competenze maturate dalla persona interessata; la distanza del luogo di lavoro dal domicilio e i tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico; la durata della fruizione del sussidio economico  –non sarà più valutata dall’addetto al centro per l’impiego, ma dal sistema automatizzato, l’unico in grado di gestire l’immenso serbatoio dei dati contenuti nel Siisl.

Il tutto non dovrebbe entrare in collisione con il regolamento privacy n. 2016/679, la norma attualmente applicabile per l’utilizzo dell’IA fuori dal contratto di lavoro. Per i sistemi che trattano dati personali, il regolamento richiede infatti il consenso dell’interessato, che è esplicitato nel patto di servizio personalizzato o nel patto di attivazione digitale sottoscritto da chiunque intenda beneficiare di un trattamento di disoccupazione o di un sussidio.

Il monitoraggio della formazione

Nella stessa norma è inserita una disposizione che, se abbiamo ben capito, consente di procedere con sistemi di IA all’analisi e alla verifica degli esiti della formazione. La stessa norma dice che, a supporto del monitoraggio sui dati occupazionali finalizzato alla pianificazione e alla programmazione delle politiche di inclusione attiva, i dati del Siisl sono utilizzati, in forma anonima e aggregata, per la verifica dell’efficacia formativa dei corsi di formazione svolti dagli enti formativi accreditati. La norma non specifica esattamente di quali enti si tratti, ma è facile pensare agli enti accreditati per i servizi formativi finanziati con risorse pubbliche. E c’è da sperare che verranno assoggettati allo stesso monitoraggio permanente anche i corsi degli enti interprofessionali per la formazione continua dei lavoratori finanziati dall’Inps attraverso un contributo pagato dalle imprese.

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La norma dispone che a ciascun ente formatore sia assegnato un punteggio commisurato alla percentuale di iscritti assunti entro sei mesi della conclusione del corso, secondo modalità che saranno decise con un decreto ministeriale: una sorta di tasso di coerenza tra formazione impartita e sbocchi occupazionali effettivi. La norma prevede che i dati posseduti dalle singole amministrazioni o dagli enti pubblici saranno acquisiti dal ministero del Lavoro nella propria banca dati per la valutazione della efficacia formativa dei singoli corsi nel rispetto del regolamento n. 2016/679. Ma non dice quali siano le conseguenze di un esito negativo del monitoraggio.

Sarebbe opportuno che il ministro del Lavoro assegnasse ai ricercatori dell’Inapp (l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) il compito di disaggregare i dati, rendendoli noti a chi si accinge a scegliere un corso di formazione dal quale potrebbe dipendere il suo destino occupazionale. Ma, soprattutto, il ministro dovrà vigilare affinché la parte meno riformatrice del suo dicastero non trovi il modo di disinnescare il potenziale impatto dell’applicazione dell’IA ai servizi per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. I modi per sterilizzare la potenziale innovazione tecnologica sono molti, a cominciare dalle pratiche dilatorie nella emanazione dei decreti attuativi della norma; ammesso che riesca a entrare in vigore senza essere stravolta in sede di conversione del decreto.

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Il Punto

  1. Savino

    Se c’è una guerra giusta è quella contro l’uso smodato della tecnologia per generare un immeritato extra profitto, per una mancanza totale di etica d’impresa che predilige un robot anzichè formare un ragazzo. La misura è colma.

  2. Francesco

    Ci sarà sicuramente un problema di gestione del consenso. Come fa a qualificarsi come consenso liberamente prestato quello di colui che è obbligato ad iscriversi alla piattaforma o addirittura è iscritto d’ufficio? Poi mi chiedo come tutto ciò sia compatibile con il principi della minimizzazione dell’uso dei dati personali.

  3. Cristina Rogna Manassero

    A parte il solito rifiuto per le nuove tecnologie non vedo ulteriori problemi. In Svizzera i cantoni gestiscono tutte le persone in assistenza nel metodo qui descritto, mi sembra funzioni bene.

  4. andrea naldini

    Non è chiaro dal suo interessante contributo se anche i soggetti non percettori di sussidi, ma disoccupati, potranno accedere al sistema e ai suoi strumenti.
    Mi ero occupato di una questione simile (matching tra domanda e offerta di formazione in Spagna) per una proposta Horizon purtroppo non andata a buon fine; il processo di introduzione dell’IA non va demonizzato ma andrebbe seguito da una attenta valutazione pubblica degli aspetti tecnici (che divengono sostanziali in questo caso) e di quelli sociali, cioè come reagiscono i diversi soggetti coinvolti. Se vuole la organizziamo insieme.
    Infine, c’è un aspetto politico. Perchè l’IA nelle politiche del lavoro e per la verifica dei sussidi, mentre ci si scandalizza degli studi di settore nella lotta all’evasione? Senza voler entrare nella polemica politica, bisogna imparare a usare la tecnologia e farne un bene comune.

  5. stefano

    Invece che spendere 12miliardi per un ponte (che magari diventeranno 15) sarebbe opportuno investire quei soldi in tecnologia e A.I. di proprietà al fine di costruire un asset interno che crei valore e benefici a più livelli per l’intera popolazione

    • Giuditta

      Se le infrastrutture concrete non hanno valore, non si è capito niente.

  6. Puonzio

    Menomale che si diceva che l’AI non entrerà mai nelle cose dello Stato, che è rischioso in termini di spionaggio, ecc., qui siamo già al passo successivo, nemmeno una riflessione sull’eventualità e convenienza di poter integrare l’AI negli apparati statali, qua si è già stabilito cosa farà l’AI. Si parte dalle politiche attive del lavoro e di questo passo si arriverà a controllare i conti corrente dei cittadini e i loro diritti, con buona pace di libertà e privacy. Alla grande.

    Entrando nel merito, ovviamente chi scrive l’articolo non ha idea di quanto le politiche attive promosse dai governi siano tuttora scollegate dal mondo del lavoro, da iscritto al programma “GOL” posso solo testimoniare l’ennesima valanga di chiacchiere vuote, tempi biblici per attivare i percorsi di formazione, e quest’ultimi nemmeno lontanamente prevedono un contatto diretto con aziende interessate ai profili formati, nemmeno l’ombra di un tirocinio o di uno stage, della serie, finito il corso di formazione, sei punto e a capo, cavoli tuoi, veditela tu e il mese di marzo. Miliardi investiti nel nulla, perché se formi una persona e poi la parcheggi per mesi e anni senza darle l’opportunità di mettere in pratica le nozioni apprese, sei di nuovo a zero. Se si pensa di risolvere questo problema con l’AI senza aver capito che bisogna coinvolgere direttamente le aziende, state freschi, è solo l’ennesimo tentativo di deresponsabilizzare qualche dirigente. Solo in Italia si può accettare tutta questa incompetenza, uno schifo.

  7. Luca Milanetto

    La storia delle piattaforme di incontro domanda offerta di lavoro è lunga e piena di molti insuccessi. Per svariati motivi e per differenti ragioni in passato non si è mai riusciti a farli funzionare. Ad oggi i problemi sono soprattutto sul lato della domanda di lavoro più che sull’offerta. Sono infatti carenti le richieste delle aziende sul portale (dirette o mediate tramite agenzie) e lo saranno anche in futuro fintanto che questo costituisce un mercato retribuito per le agenzie che lo fanno di mestiere.
    Gli inserimenti saranno pertanto solo residuali come attualmente in piattaforma.
    Lo stesso vale e a maggior ragione sull’offerta di formazione dove il principio di legge si scontra con quanto definisce la competenza costituzionale in materia di formazione professionale e di conseguenza i sistemi regionali costruiti per la formazione regionale, che non si incastrano perfettamente con la normativa attualmente in vigore. Anche in questo caso pochi corsi tra cui scegliere in piattaforma.
    Se non si risolvono questi nodi l’AI rimarrà solo una scelta di principio e un altro motore di incontro domanda offerta da consegnare alla storia.

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