Siamo arrivati alla quinta revisione del Pnrr e già se ne preannuncia un’altra per l’autunno. Riguarderà misure cruciali, come “Transizione 5.0” e gli interventi nei settori del turismo, lavoro e inclusione sociale. Sarà dunque una rimodulazione decisiva.
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Il Rapporto Istat 2025 conferma che il grado di istruzione e cultura è cruciale per la qualità della vita, come mostrano gli indicatori su reddito e salute. In Italia, però, si investe poco e spesso male in entrambi i settori. I rischi per la democrazia
Una comunicazione della Commissione europea consente di finanziare gli interventi in ritardo di attuazione dei Pnrr attraverso le risorse della coesione. Per il nostro paese si tratta di un’opportunità che porterebbe vantaggi anche per i programmi Fesr.
Servono risorse adeguate per garantire l’enorme mole di investimenti di cui l’Europa ha bisogno per assicurarsi l’indipendenza in molte aree, dalla difesa alla tecnologia. Ma come costruire un mercato unico dei capitali superando le ritrosie degli stati?
Si avvicina la scadenza del Pnrr ed è sempre più chiaro che alcune misure non saranno attuate in tempo. Più che una revisione generale del Piano servono modalità e strategie alternative, che permettano di salvaguardare gli obiettivi. Il legame con il Psb.
Una mega-costellazione di satelliti che porti ovunque la connettività può colmare il divario digitale che oggi penalizza vaste aree del pianeta. Il problema è che a svilupparla è Elon Musk. Altri, Europa in testa, sono in ritardo sulla space-economy.
Due documenti ufficiali fanno il punto sullo stato di avanzamento del Pnrr. La relazione del governo evidenzia lo sforzo fin qui fatto e la speranza di una proroga. La Corte dei conti è preoccupata per la capacità di spesa e la rendicontazione.
In tre anni, Transizione 4.0 ha garantito alle imprese diversi miliardi in crediti d’imposta per investimenti nella digitalizzazione. Nel complesso restano però varie perplessità su un piano che sembra più che altro risolvere difficoltà contingenti.
La “società europea” è una proposta promettente per agevolare il finanziamento di start-up innovative. Dovrebbe però essere realmente un “ventottesimo regime”, svincolato dalle norme degli stati nazionali, e con ampi margini di autonomia contrattuale.
La spesa Pnrr del 2024 sembra ridursi drasticamente. Circa 20 miliardi sono rinviati agli anni successivi. I ritardi incidono anche sugli effetti sul Pil. E crescono gli interrogativi sulla capacità di rispettare le scadenze. Occorre maggiore chiarezza.