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2015: FUGA DAL DOLLARO

Entro dieci anni l’euro potrebbe sorpassare il dollaro quale valuta internazionale di riferimento. La moneta europea è uno sfidante credibile perché ha dimostrato di essere una migliore riserva di valore rispetto a quella americana e perché Eurolandia è grande pressappoco come gli Stati Uniti. Ma il cambiamento non avrebbe conseguenze solo economiche. Rilevanti sono anche le implicazioni geopolitiche. E fanno pensare alle vicende della sterlina nel corso della crisi di Suez.

UNA GIUSTIZIA DOUBLE FACE

Solo attraverso obiettivi realizzabili e un richiamo alla responsabilità si pongono le premesse perché le valutazioni di professionalità e le sanzioni abbiano possibilità di essere giuste, effettive ed efficaci: puntare tutto sulla frusta e sul conflitto permanente non ha funzionato con nessuna categoria professionale. E non funzionerà con i magistrati. A meno che l’obiettivo non sia una giustizia al ribasso, che assicuri alla classe politica la tranquillità, intesa come sicurezza e impunità.

IL NODO DI MALPENSA

Ostacoli insormontabili nella trattativa per la vendita di Alitalia non sono né la salvaguardia degli occupati né il prestito-ponte. E in fin dei conti neanche la richiesta di indennizzo della Sea. Il vero conflitto riguarda il futuro assetto del mercato fra Fiumicino, Malpensa e gli hub di riferimento di Air France-Klm. E’ qui che deve intervenire il ruolo negoziale del governo. Perché una soluzione di mercato non può prevedere condizioni protezionistiche a vantaggio di qualcuno.

ALITALIA AL TERMINAL

L’ultima offerta di Spinetta – CEO di Air France – sembra chiudere il caso Alitalia, lasciando poche speranze a chi ancora pensa o per convinzione ideologica o per opportunismo politico che sia possibile far assorbire manodopera in eccesso a prescindere dal vincolo di bilancio. Puo’ essere vero per una azienda pubblica (e Alitalia lo e’ solo a meta’) ma non per una azienda privata (come Air France con l’ 80% di capitale in mani private). I 2100 esuberi indicati da Spinetta sono probabilmente una delle stime piu’ basse che un acquirente di Alitalia puo’ permettersi di offrire. Questo per due ragioni. In primo luogo perche’ Air France ha un forte interesse per il mercato Italiano e per Alitalia ed e’ disposta – come dimostra l’insistenza in questa trattattiva – a prendersi il rischio di una ristrutturazione complessa e onerosa, e quindi anche ad accollarsi qualche adetto in eccesso in cambio di consenso sindacale. In secondo luogo perche’ la dimensione del gruppo e le sue prospettive di crescita consentono la riallocazione all’interno dello stesso in modo indolore di parte degli esuberi veri che eccedono di gran lunga i 2100 dichiarati. Prima di rifiutare l’offerta di Air France e’ bene quindi riflettere attentamente. L’alternativa potrebbe essere molto peggiore.

CONSOB E LA CORDATA FANTASMA

Il caso Alitalia tiene ancora banco. Ma nella ridda di dichiarazioni degli ultimi giorni molti sembrano aver dimenticato che la compagnia aerea è una società quotata. E che la Consob, dopo l’attuazione della direttiva Opa, ha in tali situazioni i poteri per garantire la trasparenza e la correttezza delle informazioni. Possiamo quindi sperare che il mistero della cordata fantasma sia tra breve svelato grazie all’intervento dell’Autorità di vigilanza.

PISA AMARA PER MERIDIONALI E IMMIGRATI

I risultati dell’indagine Pisa sono sconfortanti per l’Italia. E i punteggi sono significativamente inferiori alla media italiana sia per gli studenti meridionali che per quelli figli di immigrati. Proprio le due componenti destinate a pesare di più nella composizione della popolazione scolastica del prossimo futuro. In prospettiva, dunque, la situazione peggiorerà ancora. Intervenire è necessario. Ma ogni euro investito per migliorare l’offerta scolastica darà potenzialmente maggiori ritorni se indirizzato al Mezzogiorno o agli immigrati.

MA IL GUARDIANO DOV’E’?

Molti risparmiatori hanno sicuramente perso soldi e qualche speculatore ha guadagnato sul titolo Alitalia negli ultimi dieci giorni. Presentiamo un grafico dell’andamento dell’azione in borsa, con improvvisi “strappi” al rialzo e al ribasso in corrispondenza di prese di posizione dell’offerente ufficiale Air France-Klm e dei “rumors” su ipotetiche offerte rilanciati da Berlusconi. La Consob può fare di più?

SALARI, NON DOVEVA ESSERE LA PRIORITA’?

Il 2008, nelle intenzioni di Prodi, doveva essere l’anno della questione salariale. Priorità numero uno del suo Governo. Poi il suo esecutivo è caduto e, in questa campagna elettorale, i contendenti non fanno che ripetere un clichet vecchio: bisogna abbattere le tasse sul lavoro. Sanno, in cuor loro, che non lo faranno, una volta eletti. A fianco dei tagli alle tasse promettono tante nuove spese.  E senza bloccare la crescita della spesa pubblica non si potranno ridurre in modo significato le tasse sui redditi. Inoltre parte del cosiddetto cuneo fiscale rappresenta contributi previdenziali. Se tagliamo quelli, nel nuovo regime contributivo, condanneremo i lavoratori ad avere domani pensioni più basse. Ma è proprio vero che per avere salari più alti bisogna tagliare le tasse sul lavoro? Se però guardiamo a paesi, come Francia e Germania, dove i salari sono aumentati negli ultimi anni, notiamo che hanno un cuneo fiscale superiore al nostro. In Italia, inoltre, il cuneo si è pur marginalmente ridotto nell’ultima legislatura.  Ma i nostri salari sono rimasti piatti al netto dell’inflazione. Il problema non è tanto il cuneo fiscale, quanto il fatto che in Italia la produttività del lavoro non è cresciuta. E, in un mondo globalizzato, se non aumenta la produttività non è possibile aumentare le retribuzioni. Come dunque aumentare sia salari che produttività? Bisogna legare, azienda per azienda, salari e produttività. Questo incentiverebbe a un miglioramento nella produttività del lavoro. Ma qui devono essere le parti sociali, sindacato, Confindustria, associazioni di categoria, a mettersi d’accordo. Purtroppo non lo stanno facendo Non è quindi solo colpa della politica, ma il continuo rinvio della questione salariale è soprattutto colpa delle parti sociali: le organizzazioni dei lavoratori e quelle dei datori di lavoro da anni parlano di riformare la contrattazione e da anni continuano a rinviare ogni riforma. Nel frattempo un crescente numero di lavoratori ha un contratto da tempo scaduto.

TANTE NUOVE PROMESSE E UN’IDEA INNOVATIVA

Dopo la pausa pasquale e nonostante il visibile rallentamento della nostra economia, la campagna elettorale è ripresa a pieno ritmo all’insegna di nuove promesse, onerose per la finanza pubblica. Riusciranno mai i nostri politici a formulare proposte a costo zero per le casse dello Stato? La settimana scorsa l’Ocse ci aveva detto che, nel 2008, l’economia italiana crescerà dello 0,6 per cento circa; Questo significherebbe arrivare, senza toccare nulla, a bocce ferme, ad un rapporto deficit pil intorno al 2,5 per cento e quindi vicino a quella soglia del 3 per cento, parametro che non dobbiamo superare. Malgrado questi sviluppi, ecco immediatamente arrivare promesse di nuovi piani di spesa. Ieri Veltroni ha annunciato l’incremento delle pensioni, che peraltro non era nel programma del Partito Democratico; gli ha fatto subito eco Berlusconi anche lui promettendo aumenti delle pensioni. Bisognerebbe stare molto di più con i piedi per terra e quando si fanno delle promesse spiegare come verranno finanziate. C’è comunque un aspetto innovativo nella proposta del Pd, vale a dire l’idea di legare l’andamento delle pensioni, che oggi sono indicizzate al costo della vita, al rapporto tra monte salari e spesa pensionistica. E’ un’idea innovativa perché vuol dire che d’ora in poi i pensionati non si interesseranno soltanto di come vanno i prezzi, ma cercheranno anche di sostenere quelle riforme che dovessero aumentare l’occupazione e la produttività nel nostro paese.  E si potranno pagare pensioni più alte in termini reali solo nella misura in cui aumenta la produttività o il numero degli occupati o gli italiani lavorano più a lungo. Saranno incrementi, in altre parole, sostenibili, coerenti con l’equilibrio di lungo periodo dei nostri conti previdenziali.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Prima di tutto ringrazio gli autori dei singoli commenti. Molte delle questioni sollevate sono trattate in dettaglio nel paper completo disponibile dal 28/2/2008 su http://www.isfol/Studi_Isfol, tuttavia alcune sollecitazioni meritano almeno un accenno di risposta.
I dati citati durante la trasmissione “Ballarò” non tornano neanche a me. Il panel PLUS, su 24.000 interviste, di cui a breve avrete una sintesi su questo sito, indica che in 12 mesi (tra la metà del 2005 e  la metà del 2006) il 58 % degli atipici permane nella condizione di atipico (inteso come OSA123) e il 42% transita verso un lavoro stabile (c.d. esiti positivi). Tuttavia il lasso di tempo in cui l’esito avviene  è assai rilevante, infatti una cosa è impiegarci 5 mesi o 5 anni e altra cosa ancora  è dire che chi entra nel mercato del lavoro con un contratto flessibile prima o poi diventerà un occupato stabile.
Nell’articolo sono state presentata tutte, o quasi, le segmentazioni del mercato del lavoro attuale proprio per la presenza di letture diverse dei medesimi fenomeni, che possono essere – ribadisco- simultaneamente corrette. Come ho tentato di chiarire, finché non si convergerà su definizioni condivise (e sarà un processo lungo) e si utilizzerà indifferentemente ogni tipo di informazione, tutti potranno interpretare i dati come vogliono: si potrà citare ora dati della statistica ufficiale ora altri dati; riferirsi a dati di stock e poi a dati di flusso, contemplare o meno singole voci contrattuali, ecc. Proprio il disordine dellÂ’attuale mercato del lavoro si presta a molteplici interpretazioni, alcune, semmai, più maliziose o provocatorie di altre.
I dati Isfol PLUS sono sostanzialmente allineati ai dati ISTAT RCFL per i totali occupati di-pendenti e autonomi mentre divergono, ovviamente, per le loro composizioni. Tuttavia il dato comparato dei fixed term contract è costituito solo dalla parte atipica del lavoro dipendente, invece dovrebbe comprendere anche la – non trascurabile – quota atipica  nel lavoro autonomo (i c.d. parasubordinati).
A proposito del lavoro nero non è stimabile, a mio avviso, con rilevazioni campionarie di questo tipo. Infine i redditi: molto si può dire sulla natura dell’occupazione e sul reale status di un occupato relativamente alla sua remunerazione. E’ del tutto evidente che, sebbene statisticamente una persona possa (o meglio debba, poiché  gli Istituti di Statistica Nazionale recepiscono i regolamenti Eurostat) essere considerato occupato  potrebbe avere una remunerazione tale da non renderlo un soggetto economicamente indipendente e come tale risultare formalmente ma non sostanzialmente occupato. Ciò introduce un ulteriore livello di soggettività nella stima degli aggre-gati, a dimostrazione di come si sia ancora lontani da definizioni condivise sull’occupazione atipica.

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