In media per ogni 100 euro in più guadagnati in un anno, 40 se ne vanno in imposte e contributi, disincentivando spesso l’offerta di lavoro. A parità di reddito si registrano poi grandi differenze. Regime forfettario e bonus Irpef i primi responsabili.
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Il governo si è impegnato a realizzare una riforma dell’Irpef, senza però indicarne per il momento i tratti salienti. Dall’analisi dei punti di forza e di debolezza dell’imposta emergono in modo chiaro quali dovrebbero essere le priorità da cui partire.
Un intervento temporaneo sulle aliquote Iva potrebbe contribuire a sostenere i consumi nel breve periodo, senza penalizzare troppo le casse dello stato. Non va però trasformato in una misura permanente. Ed è meglio evitare annunci a cui non seguono fatti.
La regolarizzazione dei lavoratori stranieri può contribuire ad aumentare le entrate tributarie, Iva compresa. Ma i benefici maggiori si avrebbero se il provvedimento riguardasse tutti i settori e comprendesse anche gli italiani che lavorano in nero.
Ai comuni dovrebbe essere garantita la discrezionalità di finanza in deficit che il governo centrale si è già assicurato. L’ammontare complessivo andrebbe fissato come obbiettivo nella legge di bilancio. E andrebbe previsto un fondo straordinario verticale.
Si può pensare di fare arrivare liquidità alle piccole e medie imprese sotto forma di capitale di rischio anziché di debito. Se abbinate a vantaggi fiscali, queste azioni potrebbero diventare appetibili per il mercato, con vari vantaggi diffusi.
Non è vero che in Italia la tassazione dei redditi personali è progressiva. L’aliquota marginale cresce soprattutto nelle fasce dove si concentrano i redditi da lavoro, scoraggiando investimenti in istruzione e riqualificazione. Si può fare molto meglio
Si torna a parlare di una revisione complessiva del sistema fiscale che modifichi il ruolo di imposte dirette e indirette. Ma sembra difficile arrivare a un diverso mix fiscale, che permetta di sostenere la crescita senza penalizzare troppo l’equità.
Per la riduzione del cuneo fiscale, il governo ha scelto per ora un sistema misto: estensione del bonus Renzi e ulteriore detrazione Irpef per i dipendenti. Il potenziamento del bonus rischia però di rendere più ardua la riforma organica dell’imposta.
Se le condizioni fiscali sono le stesse, gli italiani sono propensi a pagare le tasse tanto quanto i danesi, se non di più. L’evasione non è una questione di volontà individuale o di cultura. È una questione di possibilità, come dimostra la Danimarca.