Il governo si è impegnato a realizzare una riforma dell’Irpef, senza però indicarne per il momento i tratti salienti. Dall’analisi dei punti di forza e di debolezza dell’imposta emergono in modo chiaro quali dovrebbero essere le priorità da cui partire.
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Un intervento temporaneo sulle aliquote Iva potrebbe contribuire a sostenere i consumi nel breve periodo, senza penalizzare troppo le casse dello stato. Non va però trasformato in una misura permanente. Ed è meglio evitare annunci a cui non seguono fatti.
La regolarizzazione dei lavoratori stranieri può contribuire ad aumentare le entrate tributarie, Iva compresa. Ma i benefici maggiori si avrebbero se il provvedimento riguardasse tutti i settori e comprendesse anche gli italiani che lavorano in nero.
Ai comuni dovrebbe essere garantita la discrezionalità di finanza in deficit che il governo centrale si è già assicurato. L’ammontare complessivo andrebbe fissato come obbiettivo nella legge di bilancio. E andrebbe previsto un fondo straordinario verticale.
Si può pensare di fare arrivare liquidità alle piccole e medie imprese sotto forma di capitale di rischio anziché di debito. Se abbinate a vantaggi fiscali, queste azioni potrebbero diventare appetibili per il mercato, con vari vantaggi diffusi.
Non è vero che in Italia la tassazione dei redditi personali è progressiva. L’aliquota marginale cresce soprattutto nelle fasce dove si concentrano i redditi da lavoro, scoraggiando investimenti in istruzione e riqualificazione. Si può fare molto meglio
Si torna a parlare di una revisione complessiva del sistema fiscale che modifichi il ruolo di imposte dirette e indirette. Ma sembra difficile arrivare a un diverso mix fiscale, che permetta di sostenere la crescita senza penalizzare troppo l’equità.
Per la riduzione del cuneo fiscale, il governo ha scelto per ora un sistema misto: estensione del bonus Renzi e ulteriore detrazione Irpef per i dipendenti. Il potenziamento del bonus rischia però di rendere più ardua la riforma organica dell’imposta.
Se le condizioni fiscali sono le stesse, gli italiani sono propensi a pagare le tasse tanto quanto i danesi, se non di più. L’evasione non è una questione di volontà individuale o di cultura. È una questione di possibilità, come dimostra la Danimarca.
La legge di bilancio 2020 prevede una tassa sulle bevande zuccherate. Dà anche tempo alle aziende produttrici di rivedere le loro strategie. Gli obiettivi sembrano chiari, ma la possibilità di raggiungerli dipende dal modo in cui si disegna la norma.