Per tutelare la concorrenza nei mercati digitali, gli Usa confidano nelle autorità antitrust, mentre la Ue ha varato una regolamentazione specifica. Nessuno dei due approcci è del tutto soddisfacente. Poi ci sono decisioni che competono solo alla politica.
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Lavoce in mezz’ora è il format di divulgazione di lavoce.info. Due volte al mese, in mezz’ora di conversazione, affrontiamo temi centrali per il dibattito pubblico insieme a esperte ed esperti del settore. In questa puntata parliamo con Raffaella Sadun, professoressa di gestione aziendale alla Harvard Business School, di una peculiarità italiana: il nanismo d’impresa.
L’Italia si distingue infatti per una struttura imprenditoriale fortemente frammentata, con il 77 per cento delle imprese che non supera i cinque dipendenti. Una caratteristica storica che oggi pone limiti alla crescita, alla produttività e alla capacità di innovazione del Paese. Ma quali sono le cause di questa frammentazione e quale ruolo possono avere le politiche pubbliche e i cambiamenti organizzativi nel favorire lo sviluppo di imprese più solide e competitive?
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La diffusione di internet ha effetti sulla salute mentale dei più giovani, non su quella degli adulti. E la responsabilità non è solo dei social. Conoscere il problema permette di capire quali interventi adottare per bilanciare opportunità e rischi.
Il consenso verso le politiche contro il cambiamento climatico dipende anche dalla professione svolta. Chi rischia di perdere il posto di lavoro si opporrà più spesso a queste misure. Programmi di compensazione possono aiutare l’attenzione per l’ambiente.
Il ruolo assunto dal governo nella gestione del Pnrr rafforza quello di Parlamento ed enti locali nei compiti di indirizzo e controllo. Potrebbero svolgere una parte importante nei processi di mediazione e integrazione tra programmi o obiettivi del Piano.
Ormai si è fatta strada un’idea della povertà come demerito, che non contempla attenuanti. Si spendono così risorse pubbliche per curare e non per prevenire, per reprimere e non per integrare. È un welfare del dolore lontano dalla nostra Costituzione.
Attraverso le politiche pubbliche non si possono ottenere contemporaneamente tutti gli obiettivi auspicabili. Si deve quindi cercare il migliore bilanciamento possibile tra le diverse alternative, con decisioni che andrebbero comunicate in modo chiaro.
Il modello italiano di contrattazione centralizzata dei salari fatica ad adattarsi alle diverse esigenze di una popolazione di imprese alquanto eterogenea. Lo dimostrano due recenti studi empirici. Il salario minimo potrebbe dare maggiore flessibilità.
Sono varie le posizioni e le proposte sulla “riforma del capitalismo”. Da una parte l’idea di coinvolgere tutti gli attori nelle decisioni produttive, anche per creare buoni posti di lavoro. Dall’altra, si punta a privilegiare politiche pro-mercato.
L’analisi empirica rigorosa migliora le politiche pubbliche e dunque rende il paese più ricco e più giusto. Un libro recente lo riafferma con esempi concreti. Ma su questo fronte l’Italia è in clamoroso ritardo. È arrivato il momento di recuperarlo.