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Alle Europee vince chi convince gli scoraggiati*

Nelle grandi città l’affluenza alle urne è superiore nelle zone dove il reddito è più alto. E l’astensione, che i sondaggi danno in aumento, colpisce in modo diverso le varie forze politiche. È a questo bacino di voti che i partiti dovrebbero guardare.

Voto e reddito

Il gradimento elettorale dei partiti viene normalmente misurato in termini percentuali, un numero di immediata comprensione. Ma per arrivare alla percentuale bisogna prima vedere i voti complessivamente raccolti e come si sono distribuiti tra le diverse compagini. In un contesto come quello attuale, in cui si registra una progressiva diminuzione del numero di votanti, un partito può vedere crescere la propria percentuale a parità di voti rispetto al passato, o addirittura davanti a una loro riduzione.

Alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, le previsioni dicono che andrà a votare non più di un elettore su due. Nell’ultima tornata, ne 2019, i votanti furono il 54,5 per cento, peraltro con un’ampia differenza tra il 62,7 per cento nel Nord Ovest e il 34,9 per cento nelle Isole.

L’analisi del voto alle Europee del 2019, confermata dalle più recenti elezioni politiche del 2022, mostra che in tutte le grandi città l’affluenza è più alta al crescere del reddito (retta inclinata verso l’alto), con una tendenza ancora più accentuata per le città a minor reddito.

Figura 1 – Elezioni europee del 26 maggio 2019 – Affluenza nelle grandi città rispetto al reddito

Nota: elaborazione su redditi medi Irpef 2019 per codice di avviamento postale (ministero dell’Economia – Dipartimento delle Finanze

Alle Europee del 2019 la più alta partecipazione al voto fu registrata a Firenze e Bari, dove si votava contemporaneamente anche per il rinnovo del sindaco (come avverrà anche quest’anno), peraltro sono le uniche due città in cui il rapporto tra voti e redditi – in particolare nel capoluogo toscano – è invertito. A Napoli e Palermo non si andò oltre il 40 per cento. Le grandi città nel loro complesso fecero registrare una percentuale di circa due punti inferiore alla media nazionale, anche per la maggiore presenza di residenti all’estero iscritti nelle liste anagrafiche.

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La disaffezione al voto da parte dei meno abbienti è aumentata alle più recenti elezioni politiche e a giugno potrebbe crescere ancora.

Sotto un profilo sociologico la motivazione potrebbe derivare da una dissonanza tra le proposte politiche e le esigenze dell’elettore. Chi ha bisogni primari da soddisfare, perché le risorse economiche di cui dispone sono insufficienti, non è interessato ad ascoltare dibattiti e proposte su tematiche di più ampio respiro. Questo vale ancora di più per il rinnovo del Parlamento europeo, un’entità percepita come troppo lontana e non in grado di incidere sulla quotidianità delle persone. Non meraviglia, quindi, che molti alla fine decidano di non votare.

Chi ha più da perdere

Se l’affluenza alle urne ha una relazione di proporzionalità con il reddito, non tutti gli schieramenti politici sono ugualmente colpiti da una minore partecipazione nelle zone periferiche e più popolari delle grandi città.

Una misura approssimativa del reddito degli elettori di ciascuna lista, che chiameremo reddito «caratteristico», si può ottenere pesando il valore medio di ciascuna zona cap per i voti ricevuti.

Figura 2 – Elezioni europee del 26 maggio 2019 – Reddito «caratteristico» 2019 degli elettori nelle grandi città per le principali forze politiche

Nota: elaborazione su redditi medi Irpef 2019 per codice di avviamento postale (Ministero dell’Economia – Dipartimento delle Finanze

Il Movimento 5 stelle potrebbe pagare il prezzo più alto di un ulteriore calo dell’affluenza, considerando che i suoi elettori hanno un reddito «caratteristico» di gran lunga inferiore a quello degli altri schieramenti.

Viceversa, i partiti del centrosinistra, che nelle grandi città riescono a conseguire risultati superiori alla media nazionale, anche grazie al loro elettorato a più alto reddito, potrebbero limitare i danni in senso assoluto e guadagnare in termini percentuali.

I più recenti sondaggi sulle intenzioni di voto mostrano una situazione tutto sommato cristallizzata rispetto alle elezioni politiche del 2022, con una percentuale di indecisi intorno al 40 per cento. Ma, poiché quelli che non andranno a votare saranno molti di più, i rapporti tra le forze politiche saranno sicuramente diversi e il fattore astensionismo potrebbe risultare determinante, in negativo o in positivo, soprattutto per coloro che ballano intorno alla soglia di sbarramento del 4 per cento (Alleanza verdi e sinistra; Stati uniti d’Europa; Azione).

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Tutti gli schieramenti in campo, anziché adoperarsi per sottrarre voti agli altri partiti, farebbero meglio a provare a convincere, con serie argomentazioni, la metà degli italiani che alla fine diserteranno le urne. La scarsa affluenza elettorale è una sconfitta per l’intera democrazia, ma in particolare per coloro che vedranno ridursi i loro consensi in misura maggiore degli altri.

* Le opinioni espresse dall’autore in questo articolo sono personali e non coinvolgono l’istituzione di appartenenza.

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  1. Paolo Bartoli

    Ricordo a lor signori un bel documentario con testimonianze dirette di chi ha appunto “convinto gli indecisi” titolo “The Great Hack” durante il quale si mostra una cartina mondiale dei Paesi in cui sono state “hackerate” le Elezioni o per dirla diretta, ove sono state manipolate le persone elettrici attraverso tecniche di ultima generazione. Nella cartina è presente l’Italia…

    Cambridge Analitica non è stato il primo ne sarà l’ultimo caso/azienda che manipolerà gli elettori o i risultati. Ricordo sempre a lor signori, l’hackeraggio delle Elezioni Presidenziali in Florida 2001 quando fu decisivo per l’elezione dell’uomo e della gang criminale che ci ha distrutto il Nuovo Millennio, tal Bush Jr.

    Trovo puerile , disinformativo e storicamente errato, parlare di Democrazia nella EU. Quando non esiste una Costituzione comune, non esiste quel bilanciamento di pesi e controlli incrociati che garantiscono i Cittadini da frange eversive o pupazzetti controllati da altri Stati o Loby.
    Prova ne siano le sanzioni alla Russia nostro ottimo partner economico e distributore di energia a buon prezzo per tutti noi Cittadini italiani e non solo, prova ne sia il silenzio complice e criminale sul sabotaggio del Nord Stream.

    Definire Elezioni Democratiche quelle della EU vuol dire approvare un sistema che ha un solo ed unico scopo: quello di difendere gli interessi economici e geopolitici, nonché di controllo degli USA sull’Europa.
    Votare a Giugno significa eleggere dei pupazzi e yesman agli ordini dell’Impero del Male altrimenti detto USA!

  2. mauro zannarini

    L’indifferenza generale dei vari politici, verso la “maggioranza silenziosa” che non vota, è l’ espressione e dimostrazione della scarsa qualità dell’intera classe politica ( con la P minuscola ).

    Sono troppi anni che la percentuale di voto s’abbassa costantemente, spero che una volta raggiunta la percentuale del 10% , l’elezione non venga ritenuta VALIDA.

  3. Enrico

    Temo che l’aumento dell’astensione faccia parte del “programma nascosto” (e inconfessabile) di tutti i grandi partiti. Per recuperare gli astenuti, infatti, i partiti dovrebbero probabilmente spostarsi su posizioni più estreme (e per questo riconoscibili ed attrattive per chi non vota), ma questo farebbe perdere molti più voti al centro, che invece è il serbatoio elettoralmente più “produttivo”, su cui si giocano le maggioranze (soprattutto nei sistemi di voto maggioritari). Questa strategia sembra confermata dal trend crescente della partecipazione quasi solo nelle grandi città, dove si concentrano i “centristi” e dove è meno costoso fare campagna elettorale.

  4. Niccolò

    Le elezioni, come il poker, sono ormai un gioco ad esclusione: meno sono i partiti in gioco, grazie a maggioritario, soglie e astensione, e più alta è la probabilità di vittoria di ciascuno dei pochi che restano. Quindi commuove l’invito generoso ma ingenuo dell’autore a pescare tra gli esclusi per vincere.

  5. Marco Spampinato

    L’analisi del voto rispetto a variabili come il reddito e – quello che qui non c’è – il livello di istruzione (e anche l’età, il gruppo etnico o culturale, etc.) è un interessante. Il New York Times, ad esempio, fa resoconti straordinariamente accurati perfino sulle primarie – disponendo di dati di cui forse non disponiamo in Italia. Tuttavia, le interpretazioni non mi sembrano così pacifiche. Lei dice, ad esempio, che “sotto un profilo sociologico la motivazione potrebbe derivare da una dissonanza tra le proposte politiche e le esigenze dell’elettore. Chi ha bisogni primari da soddisfare (…) non è interessato ad ascoltare dibattiti e proposte su tematiche di più ampio respiro.” Le obietto che non lo sappiamo: una rigida “gerarchia dei bisogni” è uno strumento non sempre convincente con cui spiegarsi i comportamenti umani (Maslow stesso, non a caso, non disegnò alcuna ‘piramide dei bisogni’). Il 50% o più di non votanti, peraltro, non vota perché ha bisogni primari insoddisfatti? Mi convince poco. Inoltre il dibattito politico attuale sulle Europee più che mostrare “ampio respiro” appare smaccatamente “fuori tema”. Il voto è ridotto ad un sondaggio sul governo nazionale (le prove per elezioni nazionali), mentre i grandi temi delle politiche europee – regolazioni e investimenti ambientali, politiche migratorie, politiche di coesione, liberalizzazioni di servizi, etc. – non sono presi in considerazione. Spiegare come la vita quotidiana possa essere interessata dalle politiche europee richiederebbe di organizzare discussioni e dibattiti, per avvicinare le persone ai contenuti della politica, senza riguardo per il livello del reddito – peraltro la difficoltà nasce talvolta per un livello di istruzione molto basso e non per il reddito. Il marketing politico non aiuta, mentre l’attività che manca dovrebbe essere svolta (mia opinione) su scala locale, da candidati credibili, non in una trasmissione televisiva dove un ex-giornalista, oggi strapagato come ‘artista’, mette in scena uno ‘scontro tra titani’. La distanza tra la politica e il quotidiano più che ideologica o economica oggi a me sembra esperienziale. Rispetto alla motivazione del non-voto non credo manchi tanto il “che cosa me ne viene a me, economicamente” quanto un “che cosa conto io oggi qui, su decisioni che non conosco o non immagino nemmeno; e perché dovrei dare un voto a X o a Y: per quale futuro, per quali decisioni collettive?” A quel punto ci si accorgerebbe che ci possono essere modi molto diversi di disegnare quel futuro, senza polarizzare il quadro su messaggi ultra-semplificati.

  6. nn

    Picchiatori comunisti in azione a Rivoli, Piemonte.
    Hanno bastonato padre e figlio mentre distribuivano volantini della Lega. Tutto nello stesso stile fascio-comunista degli amici di Ilaria Salis in Ungheria. Viviamo tempi molto pericolosi in cui la sinistra aizza all’odio. Pretendono di non perdere le elezioni, non gli basta nemmeno la magistratura connivente.

  7. Francesco

    Mi pare che un dato più di ogni altro giustifichi l’astenzione di massa delle fasce più povere della popolazione: queste hanno scarsissima rappresentanza politica, sia a livello nazionale che a livello europeo. Entro alcuni limiti hanno trovato “asilo” in FdI e M5* ma si tratta di una rappresentanza destrutturata e in qualche modo opportunistica, mentre è chiaro che il PD (partito più votato ai Parioli) guardi agli interessi delle fasce borghesi e che in generale i partiti di sinistra abbiano perso interesse a propugnare le ragioni di quella parte dell’elettorato. Questi ultimi preferiscono concentrarsi sulle questioni più proficue dal punto di vista della attrattività del “brand” (ambiente, sostenibilità, pacifismo, diritti delle minoranze e degli animali, mangiare sano, etc.) e partecipano alla generale censura delle tematiche di classe e del relativo conflitto.

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