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Semplificazione: le regole ci sono, basta applicarle

Gli adempimenti burocratici costano al sistema produttivo e alla finanza pubblica circa 150 miliardi. Non servono nuove leggi, già solo la “semplice” applicazione di quelle vigenti renderebbe il sistema amministrativo molto più efficiente e competitivo.

Una burocrazia troppo complicata

Per fronteggiare le drammatiche conseguenze dell’emergenza sanitaria, le politiche pubbliche si sono sinora incentrate sull’immissione di liquidità nel sistema economico sociale. La loro attuazione richiede, però, il completamento di iter procedurali lunghi e articolati: per esempio, la distribuzione delle risorse tra gli enti interessati, l’adozione dei provvedimenti attuativi o la definizione delle istruttorie. Le difficoltà riscontrate nell’erogazione dei fondi relativi alla cassa integrazione e delle agevolazioni per l’accesso al credito delle imprese dimostrano che la complessità del sistema burocratico rischia di pregiudicarne la tempestività.

Si rivela pertanto indispensabile alleggerire il pesante fardello di adempimenti burocratici che costa al sistema produttivo e alla finanza pubblica nazionale circa 150 miliardi di euro in termini di debiti non pagati nei confronti delle imprese, sprechi di risorse che non consentono di ricondurre la pressione fiscale nella media Ue e costi del deficit logistico-infrastrutturale. Sono “oneri di transazione” che, secondo una recente ricerca dell’Istituto Ambrosetti, sottraggono alle imprese 57 miliardi di euro in costi organizzativi e di consulenza e assistenza tecnica amministrativa, legale e finanziaria, spese procedurali e oneri per il contenzioso e così via.

Come semplificare il sistema

Per far fronte alla insostenibile situazione e semplificare un sistema troppo complicato e “ricco” di regole si invocano nuove leggi. Ma l’iter legislativo è lungo e articolato, la prima applicazione delle nuove norme spesso genera incertezza e contenzioso e occorre aspettare decine di sentenze e circolari interpretative per risolvere i contrasti tra le diverse disposizioni, stabilire quali applicare e con quali modalità. In più, le amministrazioni che acquisiscono nuovi compiti hanno bisogno di tempo per metabolizzarli, talvolta vengono creati nuovi uffici, enti, autorità che sostituiscono quelli esistenti, cambiano gli adempimenti e la modulistica, i cittadini si trovano di fronte a numerosi disagi.

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Senza dimenticare che le leggi, per produrre effetti concreti, devono essere correttamente attuate, mentre spesso i provvedimenti attuativi non vengono adottati o vengono emanati con anni di ritardo: basti pensare che non sono ancora stati pubblicati 251 dei 257 atti necessari per dare attuazione alle leggi varate dall’attuale governo (il 98 per cento del totale).

D’altronde, l’esperienza ultradecennale dimostra che la “semplice” applicazione delle norme vigenti renderebbe il sistema italiano molto più efficiente, produrrebbe notevoli riduzioni di costi e di adempimenti per i cittadini e consistenti risparmi per i bilanci pubblici.

Basti pensare che se le regole esistenti venissero correttamente applicate i procedimenti amministrativi si concluderebbero entro 30 giorni (quelli più complessi entro 180 giorni), non verrebbero richiesti pareri inutili o documenti già in possesso di amministrazioni pubbliche, i provvedimenti illegittimi verrebbero annullati spontaneamente, molte procedure lunghe e complesse sarebbero sostituite da accordi con i privati o tra amministrazioni, quelle che richiedono l’acquisizione di atti di diverse amministrazioni verrebbero concluse in conferenza di servizi entro un massimo di 90 giorni, numerosi adempimenti sarebbero sostituiti da autocertificazioni, comunicazioni, dichiarazioni e segnalazioni, il silenzio assenso e il sistema degli sportelli unici renderebbero certi i tempi e ridurrebbero i passaggi burocratici, le imprese verrebbero pagate entro termini ragionevoli.

Sarebbe sufficiente l’attuazione di strumenti ampiamente conosciuti: misurazione degli oneri amministrativi ed eliminazione di quelli non necessari, controlli efficaci sul rispetto dei termini procedimentali, concreta attività di sfoltimento di enti e strutture pubbliche, “partendo dai casi in cui più evidente è la duplicazione delle competenze e la sostanziale mancanza di un interesse pubblico attuale alla loro sopravvivenza”, informatizzazione dei procedimenti, condivisione delle basi informative.

L’analisi degli effetti delle regole pubbliche e la misurazione dei costi sopportati da cittadini e imprese nel rapporto con la pubblica amministrazione, previste da oltre 10 anni, non sono mai entrate pienamente a regime, ma le rilevazioni statistiche e le prime applicazioni hanno rivelato che il loro corretto utilizzo consentirebbe di eliminare una ingente mole di oneri e costi di transazione, sino a 30 miliardi. Secondo le stime del Politecnico di Milano, la trasformazione digitale nella pubblica amministrazione produrrebbe un beneficio di 35 miliardi di euro per la stessa Pa e di 25 per le imprese, mentre il riassetto delle strutture burocratiche e il coordinamento tra amministrazioni statali, regionali e locali consentirebbe di eliminare le sovrapposizioni e duplicazioni di competenze che rallentano l’azione amministrativa, favoriscono la proliferazione di adempimenti e inquinano le responsabilità.

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Bisogna inoltre garantire l’attuazione effettiva delle norme taglia oneri da parte delle strutture burocratiche, rendendo dirigenti e dipendenti responsabili dei risultati raggiunti dalla propria struttura in relazione a obiettivi concreti e misurabili. Invece, in diverse occasioni, la Corte dei conti ha rilevato che la retribuzione di risultato (che impegna consistenti risorse) viene riconosciuta anche ai responsabili di strutture amministrative che accumulano ritardi e contenzioso; e in alcune circostanze sono stati premiati con il trattamento accessorio e progressi di carriera dirigenti e dipendenti condannati per gravi episodi di spreco di risorse pubbliche.

Ciò dimostra che il nodo cruciale consiste nella capacità di calibrare l’attribuzione degli incarichi e il trattamento economico dei dipendenti pubblici in relazione a parametri concreti: rispetto dei termini procedimentali e delle disposizioni di semplificazione, condotta in conferenza di servizi, contenzioso provocato e relativi esiti, tempi di pagamento dei debiti verso le imprese.

Se la permanenza nell’incarico e l’entità della retribuzione dipendono dai risultati ottenuti, si mette in opera un potente incentivo all’efficienza.

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  1. carlo giulio lorenzetti settimanni

    Sono diverse le misure che potrebbero essere adottate per rendere più efficiente e solerte una macchina amministrativa che sembra concepita non tanto per produrre risultati e attuare progetti, ma per compiere atti formali conformi alle leggi .La prima di queste riguarda lo sfoltimento di una giungla legislativa che rende quanto mai complicato districarsi tra una infinità di norme spesso mal scritte, contraddittorie o addirittura inapplicabili. Basti pensare che il nostro apparato legislativo, tra leggi statali e regionali conta circa 200.000 atti. La seconda, come suggerisce l’autore, nel limitare il ricorso a nuove leggi ed agire per quanto possibile in via amministrativa. Ciò che però presuppone si valorizzino la competenza, l’autonomia e le motivazioni dei vertici della pubblica amministrazione, smantellando il sistema dello spoil system, che li ha reso sempre più dipendenti dalla politica e dall’alternarsi dei governi, mettendo in ombra la distinzione che dovrebbe correre tra governo e Stato e la lealtà dovuta a quest’ultimo. Andrebbe poi evitata la pratica di distaccare centinaia di magistrati ordinari presso i gabinetti e gli uffici legislativi dei ministeri, con l’effetto di depauperare la giurisdizione e creare un intreccio politica-magistratura che non giova alla divisione dei poteri e nemmeno all’affermarsi di una moderna organizzazione della P.A. In fine andrebbe curata la formazione di una classe di civil servant nutriti non solo di cultura giuridica.

  2. Aldo Mariconda

    Non mi convince, da uomo della strada, quanto affermato. Giavazzi/Barbieri e ora Nordio scrivono di eccesso normativo. e ler troppo norme dono anche di difficile interpretazione. Tutti hanno tentato di riformare la PA con più leggi, più stato, più repressione. Occorre semplificare, sfrondare, + liberalizzazioni, +concorrenza, MENO LEGGI e regole. E l’abuso d’ufficio e il danno erariale sono reati che spaventano il burocrate. Giavazzi parlava anche di errore nella esclusione del politico nelle scelte per l’implementazione di lavori. Il funzionaruio non ha limiti di tempo, non risponde a nessuno. Abbiamo bisogno di efficenza/efficacia, non genericamente affidarci alle leggi esistente: ma ridurle di 10 violte!

    • Giovanni

      Tagliare le leggi non è esattamente come tagliare una fetta di torta, come qualcuno crede.
      Bisogna emanare delle leggi che tagliano quelle precedenti e dispongono quali regole biogna applicare nei casi disciplinati dalle leggi tagliate. Poi sono necessari provvedimenti di attuazione, sistemi di controllo per verificare che le regole vengano rispettate ecc.
      Se non si fa così il taglio delle leggi resta solo un annuncio.
      Qualcuno ricorderà di certo il “falò” dell’ex Ministro Calderoli, che annunciò enfaticamente di avere tagliato migliaia di leggi. Oggi siamo in grado di affermare che si trattava di una speranza più che di un fatto.
      Applicare le disposizioni positive delle leggi vigenti senza crearne altre inutilmente sarebbe già un grande passo avanti…
      Soprttutto se si tratta di disposizioni che impongono efficienza, tempi stretti dei procedimenti amministrativi ecc

      • Henri Schmit

        Giustissimo! Ma rimane il dato di fatto: le leggi sono troppe, troppo erratiche, inconstanti, e scritte male, incomprensibili, difficili da applicare, fonte di litigi gidiziari e di ingiustizia. Forse è “lo spirito delle leggi” che è sbagliato. Chi raddrizzerà la barra? Sicuramente non quelli che oggi le scrivono.

  3. Alessio Franzoni

    Sono tante le misure che sarebbero essere necessarie per neutralizzare secoli di stratificazione di norme burocratiche improduttive…forse troppe.
    Una su tutte…una vera ed autentica rifondazione etica di tutti coloro che sono chiamati a ruoli pubblici, siano essi politici, amministratori o funzionari. Temo sia piuttosto utopistico!…

  4. Henri Schmit

    “Se il metodo per semplificare non è semplice, non semplificherà nulla e tutto rimarrà come prima”(Epimenide).

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