La decisione di prorogare i poteri di intervento statali in settori strategici appare difficilmente giustificabile. L’area di azione e di monitoraggio andrebbe invece delimitata per emancipare i settori regolamentati da un costoso “occhio” pubblico.
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Cambi fissi, deindicizzazione dei salari e riduzione dell’intensità energetica della produzione dovrebbero diminuire l’impatto dei rincari di gas e petrolio. Qualsiasi politica di ristori comporta costi attuali o futuri simili a quelli dell’inflazione.
Il dibattito sui tamponi ha evidenziato la dicotomia tra i farmacisti di farmacia e di parafarmacia, che non è legata alle competenze, ma al luogo di lavoro del professionista. È necessario riprendere il processo di liberalizzazione iniziato nel 2006.
L’idea di proteggere i consumatori da professionisti di scarsa qualità è la ragione che giustifica la regolamentazione di professioni come quella di farmacista. Ma in alcuni casi rivedere le norme porterebbe benefici certi con rischi molto bassi, specie in pandemia.
Il miliardo di multa ad Amazon deciso dalla nostra Agcm è un ulteriore esempio dell’approccio europeo all’antitrust e alla privacy. È un modello efficace che fa leva sul lavoro congiunto delle autorità nazionali.
Ridurre al minimo il ruolo dello stato e lasciar fare al mercato: è il credo dei liberisti. Ma i fallimenti del mercato esistono e lo stato li deve correggere. Per l’Italia il problema non è la “dimensione” dello stato, quanto il modo in cui interviene.
Con l’operazione Kkr, Tim potrebbe archiviare la prospettiva di una rete unica e ottenere nuove risorse per la convergenza tra telecomunicazioni e contenuti e per un ruolo da protagonista nel 5G. Ma quali sono invece gli interessi dell’Italia?
Il Ddl concorrenza introduce una presunzione di abuso dipendenza economica mirata in particolare alle piattaforme digitali. Il provvedimento ha suscitato varie critiche, forse eccessive. Queste tematiche andrebbero però lasciate al legislatore europeo.
Il Consiglio di stato ha chiuso la storia infinita delle proroghe automatiche delle concessioni balneari. Ha infatti affermato l’obbligo di non applicare le leggi che le concedevano. Gli attuali rapporti concessori restano fino al 31 dicembre 2023.