Nonostante l’astensione dei parlamentari europei italiani, è stato approvato dal Parlamento europeo il nuovo Patto di stabilità e crescita: non semplifica le regole e prevede vincoli più rigidi e uniformi.
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Pubblichiamo in esclusiva un estratto dall’intervista a Romano Prodi contenuta nel libro “L’Italia al bivio. Classi dirigenti alla prova del cambiamento 1992 – 2022” (Franco Angeli), curato da da Franco Amatori, Pietro Modiano e Edoardo Reviglio, e in uscita il prossimo 29 aprile.
Il governo ha presentato un Def con il solo quadro tendenziale. Non offre, come invece dovrebbe, un quadro programmatico di finanza pubblica per i prossimi tre anni. Le dichiarazioni sulle misure da confermare sono anch’esse indice di idee poco chiare.
La riforma del Patto di Stabilità e Crescita era stata invocata per semplificare il quadro delle regole fiscali europee e rimuovere i difetti di “prociclicità” del vecchio impianto. L’accordo trovato a dicembre rischia di fallire entrambi gli obiettivi.
Rispetto alla proposta originaria della Commissione, l’accordo sul nuovo Patto di stabilità non semplifica le regole e prevede vincoli più rigidi e uniformi, con il rischio di generare una spinta deflattiva per l’intera area. Le conseguenze per l’Italia.
Con il no del Parlamento alla ratifica delle modifiche al Mes, l’Italia resta isolata in Europa e il nostro sistema bancario privo di un’assicurazione. La via d’uscita potrebbe essere una proposta sul vero punto critico del Meccanismo: la sua governance.
La Corte costituzionale tedesca ha dichiarato nullo il secondo bilancio suppletivo del paese per il 2021. Ora, la necessità di risparmi e tagli di spesa può essere l’occasione per un dibattito sulle priorità politiche che la Germania vuole perseguire.
Una possibile soluzione alle problematiche del Superbonus è emettere un’obbligazione del debito pubblico da scambiare con i crediti d’imposta maturati. Il titolo, con durata decennale, sarebbe offerto a privati e imprese che hanno diritto alle detrazioni.
Alla luce dei fatti la legge di bilancio 2024 non si rivela così prudente come si sostiene: molte misure valgono per un solo anno né si intravedono provvedimenti capaci di stimolare la crescita. Le implicazioni per la riforma delle regole fiscali europee.