Non tutte le multinazionali sono di ostacolo alla transizione ecologica. Se investono nelle tecnologie verdi, la loro capacità di innovazione può dare un impulso alla riduzione delle emissioni di carbonio, con nuove soluzioni da diffondere nel mondo.
Tag: transizione ecologica Pagina 3 di 4
Sugli scarti tessili, il vero salto di qualità si misurerà nella capacità di incanalare i flussi verso percorsi di riciclo. Le filiere di distretto, concentrate geograficamente, rappresentano un contesto ideale per sperimentare una produzione circolare.
Le vendite di auto elettriche aumentano. Ma il settore non dà segni di ripresa. Con la legge di bilancio si riproporrà la questione degli incentivi per veicoli nuovi e usati. Possono contribuire a diminuire l’inquinamento e migliorare la sicurezza.
Il cambiamento climatico e l’impatto antropico sull’ambiente costringono a ripensare modelli di consumo e di produzione. Se il primo passo è misurare la relazione tra i fenomeni, occorre poi dare significato al concetto di transizione ecologica.
Il confronto tra ricoveri e decessi di oggi e quelli di un anno fa è spesso utilizzato dai no-vax per sminuire l’effetto del vaccino. Ma la comparazione va fatta sull’evoluzione del fenomeno, non sul livello in un dato momento. Di certo la campagna vaccinale ha contribuito a rendere decisamente meno rischiosa la tornata elettorale appena terminata, rispetto a quella di settembre 2020. Anche se i pericoli rimangono.
Difficilmente assisteremo a una stagflazione grave e duratura come quella degli anni Settanta ma la moderata inflazione potrebbe essere accompagnata da un rallentamento dell’economia mondiale. La multa comminata a Whatsapp dal garante irlandese della privacy ha rimesso in discussione il principio del “one stop shop”. Di cosa si tratta? E come risolvere il collo di bottiglia che si viene a creare?
I cambiamenti climatici impongono un ripensamento dei modelli di produzione e consumo. Ma l’innovazione tecnologica non basta: alle istituzioni il compito di coordinare l’impegno di cittadini e imprese.
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Il cambiamento climatico va affrontato. Ma i governi hanno difficoltà a trovare stime affidabili su cui costruire le politiche. Ora dall’America si propone un nuovo approccio, concentrato sul breve termine. Il suo vantaggio principale è la flessibilità.
Dai vaccini ai rapporti con la Russia, è stato un Consiglio europeo ricco di temi. Ma per l’Ue l’esame Covid non può ancora dirsi superato: dal debito pubblico all’inflazione, non mancano i pericoli. Tra le questioni affrontate a Bruxelles anche quella spinosa dell’immigrazione. Con l’Europa che, sotto la spinta di Angela Merkel, si appresta a rinnovare il discusso accordo con la Turchia.
Intanto la Commissione sta promuovendo a pieni voti i piani nazionali di ripresa presentati dai diversi stati membri. In tutti un ruolo cruciale è affidato all’istruzione e alla transizione digitale ed ecologica. E, nel valutare gli interventi previsti per contrastare il cambiamento climatico, un indicatore prezioso è il cosiddetto social cost of carbon, ovvero il costo marginale dell’impatto causato dall’emissione di gas serra.
La risposta alla crisi sanitaria ha dimostrato che, di fronte alle emergenze, gli strumenti per accentrare le decisioni non mancano. Anche se continuano a pesare le notevoli asimmetrie tra regioni. Dopo gli effetti sulle famiglie, analizziamo le ricadute della chiusura delle scuole sulla perdita di apprendimenti. A farne le spese soprattutto i figli di genitori non laureati, come dimostra il primo studio in materia condotto in Italia.
Da giovedì 1° luglio sarà limitato solo ad alcuni settori il blocco dei licenziamenti introdotto lo scorso anno per attenuare gli effetti della crisi da Covid. Una misura efficace? Ce lo eravamo chiesti in una puntata del nostro podcast “lavoce in capitolo”.
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Il social cost of carbon quantifica i danni globali futuri provocati da un’unità addizionale di gas serra rilasciata nell’atmosfera. Un indicatore molto utile, quindi, per misurare gli effetti delle politiche climatiche. Il Pnrr va nella giusta direzione.