Non sarà la direttiva europea sul salario minimo a risolvere i problemi della contrattazione collettiva italiana, in particolare quello dei contratti pirata. Il lavoro di monitoraggio e raccolta dati potrebbe però aiutare a fare qualche passo avanti.
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Il carbone è stato per molto tempo la prima fonte di energia in Europa. Le politiche per il clima spingono però verso un suo graduale abbandono. Ma le emissioni da attività carbonifere restano ancora molto alte in Germania e nei paesi dell’Est.
La politica monetaria “verde” muove i suoi primi passi concreti nella zona euro. La Banca centrale europea si allinea così alla strategia dell’Unione europea, che assegna alla finanza un ruolo importante nella transizione verso un’economia sostenibile.
Contro il caro energia la soluzione sembra essere il “disaccoppiamento” tra prezzo del gas naturale e quello dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Le tre proposte avanzate hanno pregi e difetti. Ma nessuna è a costo zero.
L’attuale crisi energetica è essenzialmente una crisi europea. La risposta deve quindi essere europea. E deve agire sia sul fronte industriale sia su quello fiscale. Per abbassare i prezzi oggi e avere soluzioni sostenibili domani.
Il nuovo Codice europeo contro la disinformazione è un esempio di co-regolamentazione. Rispetto a quello del 2018, prevede indicatori molto più precisi per misurare l’effettivo rispetto degli impegni presi dalle piattaforme e degli altri firmatari.
Il primo Codice europeo contro la disinformazione del 2018 aveva come nozione fondante la metafora di internet quale nuovo mercato delle idee, importata dagli Stati Uniti. Trasportata in un sistema valoriale diverso, non poteva che fallire.
L’Unione europea ha definito un quadro normativo per le criptovalute. È un passo avanti, ma potrebbe non bastare per risolvere le disuguaglianze tra investitori nell’accesso alle informazioni utili per distinguere tra investimenti sicuri e rischiosi.
Caduto il governo Draghi, cosa ne sarà del Pnrr? Difficilmente riusciremo a rispettare le scadenze di dicembre 2022. Ma il vero problema è la linea politica che il nuovo esecutivo adotterà verso l’Europa, con conseguenze sullo stesso Recovery Fund.